L’intelligenza artificiale trasformerà molti lavori. Siamo noi a decidere se porteranno o meno a una prosperità diffusa.
Che sia basata su convinzioni strambe o meno, negli ultimi mesi è iniziata una corsa all’oro dell’intelligenza artificiale per sfruttare le opportunità di business previste da modelli di IA generativa come ChatGPT. Sviluppatori di app, startup sostenute da venture e alcune delle più grandi aziende al mondo si stanno dando da fare per dare uno scopo al sensazionale bot generatore di testo rilasciato da OpenAI lo scorso novembre.
Sentite? Sono le urla provenienti dagli uffici di tutto il mondo: “Come possiamo guadagnare sfruttando ChatGPT?”.
Ma mentre le aziende e i dirigenti vedono una chiara possibilità di guadagno, il probabile impatto della tecnologia sui lavoratori e sull’economia nel suo complesso è molto meno evidente. Nonostante i loro problemi – primo fra tutti la propensione a inventare – ChatGPT e altri modelli di IA generativa rilasciati di recente promettono di automatizzare ogni sorta di attività che in passato si pensava rientrasse esclusivamente nel campo della creatività e del ragionamento umano. Dalla scrittura alla creazione di grafici, alla sintesi e all’analisi dei dati. Questo ha lasciato gli economisti incerti sull’impatto che potrebbe avere sui posti di lavoro e sulla produttività complessiva.
Nonostante gli straordinari progressi dell’IA e di altri strumenti digitali nell’ultimo decennio, i loro risultati in termini di miglioramento della prosperità e di stimolo alla crescita economica diffusa sono scoraggianti. Sebbene alcuni investitori e imprenditori siano diventati molto ricchi, la maggior parte delle persone non ne ha beneficiato. Alcuni hanno addirittura perso il posto di lavoro a causa dell’automazione.
La crescita della produttività, che è il modo in cui i Paesi diventano più ricchi e prosperi, è stata negativa dal 2005 negli Stati Uniti e nella maggior parte delle economie avanzate (il Regno Unito è un caso particolare). Il fatto che l’economia non cresca molto ha portato alla stagnazione dei salari di molte persone.
La crescita della produttività registrata in questo periodo è in gran parte limitata a pochi settori, come i servizi di informazione, e negli Stati Uniti a poche città, come San Jose, San Francisco, Seattle e Boston.
ChatGPT peggiorerà ulteriormente la già preoccupante disuguaglianza di reddito e ricchezza negli Stati Uniti e in molti altri Paesi? O potrebbe essere d’aiuto? Potrà fornire il tanto necessario impulso alla produttività?
ChatGPT, con le sue capacità di scrittura simili a quelle umane, e DALL-E 2 l’altro prodotto di OpenAI, che genera immagini su richiesta, utilizzano grandi modelli linguistici addestrati su enormi quantità di dati. Lo stesso vale per rivali come Claude di Anthropic e Bard di Google. Questi cosiddetti modelli principali, come GPT-3.5 di OpenAI, su cui si basa ChatGPT, o il modello linguistico concorrente di Google LaMDA, che alimenta Bard, si sono evoluti rapidamente negli ultimi anni.
Continuano a diventare sempre più potenti: vengono addestrati su un numero sempre maggiore di dati e il quantità di parametri – le variabili dei modelli che vengono modificate – è in forte aumento. All’inizio di questo mese, OpenAI ha rilasciato la sua ultima versione, GPT-4. Sebbene OpenAI non voglia dire esattamente quanto sia grande, si può fare un’ipotesi: GPT-3, con circa 175 miliardi di parametri, era circa 100 volte più grande di GPT-2.
Ma è stato il rilascio di ChatGPT alla fine dell’anno scorso a cambiare tutto per molti utenti. È incredibilmente facile da usare e convincente nella sua capacità di creare rapidamente testi simili a quelli umani, tra cui ricette, piani di allenamento e, cosa forse più sorprendente, codice informatico. Per molti non esperti, tra cui un numero crescente di imprenditori e uomini d’affari, il modello di chat facile da usare – meno astratto e più pratico dei progressi impressionanti ma spesso esoterici che si sono sviluppati negli ultimi anni nel mondo accademico e in poche aziende high-tech – è la prova evidente che la rivoluzione dell’IA ha un potenziale reale.
Venture capitalist e altri investitori stanno investendo miliardi in aziende basate sull’IA generativa e l’elenco di applicazioni e servizi basati su modelli linguistici di grandi dimensioni si allunga di giorno in giorno.
ChatGPT peggiorerà ulteriormente la già preoccupante disuguaglianza di reddito e ricchezza negli Stati Uniti e in molti altri Paesi? O potrebbe essere d’aiuto?
Tra i grandi operatori, Microsoft ha investito 10 miliardi di dollari in OpenAI e nel suo ChatGPT, sperando che la tecnologia porti nuova linfa al suo motore di ricerca Bing, da tempo in difficoltà, e nuove funzionalità ai suoi prodotti Office. All’inizio di marzo, Salesforce ha dichiarato che introdurrà un’applicazione ChatGPT nel suo popolare prodotto Slack; allo stesso tempo, ha annunciato un fondo di 250 milioni di dollari per investire in startup di IA generativa. L’elenco continua, da Coca-Cola a GM. Tutti hanno un’attività legata a ChatGPT.
Nel frattempo, Google ha annunciato che utilizzerà i suoi nuovi strumenti di intelligenza artificiale generativa in Gmail, Docs e in alcuni dei suoi prodotti più utilizzati.
Tuttavia, non esistono ancora killer application evidenti. E mentre le aziende si affannano a cercare modi per utilizzare la tecnologia, gli economisti affermano che si è aperta una rara finestra per ripensare a come ottenere i maggiori benefici dalla nuova generazione di IA.
“Stiamo parlando di un momento così importante perché è possibile toccare con mano questa tecnologia. Ora ci si può giocare senza bisogno di competenze di programmazione. Molte persone possono iniziare a immaginare l’impatto di questa tecnologia sul loro flusso di lavoro e sulle loro prospettive occupazionali”, afferma Katya Klinova, responsabile della ricerca su IA, lavoro ed economia presso la Partnership on AI di San Francisco.
“La domanda è: chi ne beneficerà? E chi sarà lasciato indietro?”, afferma Klinova, che sta lavorando a un rapporto che delinea il potenziale impatto occupazionale dell’IA generativa e fornisce raccomandazioni per utilizzarla per aumentare la prosperità condivisa.
La visione ottimistica: si rivelerà uno strumento potente per molti lavoratori, migliorando le loro capacità e competenze e fornendo al contempo una spinta all’economia generale. Quella pessimista: le aziende lo useranno semplicemente per distruggere quelli che un tempo sembravano lavori a prova di automazione, ben pagati e che richiedono abilità creative e ragionamento logico; alcune aziende high-tech e le élite tecnologiche si arricchiranno ulteriormente, ma ciò non contribuirà alla crescita economica complessiva.
Aiutare i meno qualificati
La questione dell’impatto di ChatGPT sul posto di lavoro non è solo teorica.
Nella loro più recente analisi, Tyna Eloundou, Sam Manning e Pamela Mishkin di OpenAI, insieme a Daniel Rock dell’Università della Pennsylvania, hanno scoperto che i modelli linguistici di grandi dimensioni come GPT potrebbero avere un qualche effetto sull’80% della forza lavoro statunitense. Hanno inoltre stimato che i modelli di intelligenza artificiale, tra cui il GPT-4 e altri strumenti software previsti, influirebbero pesantemente sul 19% dei posti di lavoro, con almeno il 50% delle mansioni in questi posti di lavoro “esposte”. A differenza di quanto si è visto nelle precedenti ondate di automazione, i posti di lavoro a più alto reddito sarebbero i più colpiti. Tra le persone il cui lavoro è più in pericolo: scrittori, digital e web designer, analisti quantitativi finanziari e, nel caso in cui steste pensando di cambiare carriera, ingegneri della blockchain.
“Non c’è dubbio che l’IA generativa verrà utilizzata, non è solo una novità di passaggio”, afferma David Autor, economista del lavoro del MIT e uno dei maggiori esperti dell’impatto della tecnologia sui posti di lavoro. “Gli studi legali la stanno già utilizzando, e questo è solo un esempio. Si apre una serie di compiti che possono essere automatizzati”.
Autor ha passato anni a documentare come le tecnologie digitali avanzate abbiano distrutto molti lavori manifatturieri e impiegatizi di routine che un tempo erano ben pagati. Ma secondo lui ChatGPT e altri esempi di IA generativa hanno cambiato le cose.
L’intelligenza artificiale generativa potrebbe aiutare un’ampia fascia di persone ad acquisire le competenze necessarie per il futuro.
In precedenza, l’intelligenza artificiale aveva automatizzato alcuni lavori d’ufficio, ma si trattava di attività routinarie passo-passo che potevano essere codificate per una macchina. Ora è in grado di svolgere compiti che noi consideriamo creativi, come scrivere e produrre grafica. “È evidente a chiunque abbia compreso che l’IA generativa apre le porte alla computerizzazione di molti tipi di attività che riteniamo non facilmente automatizzabili”, afferma l’esperto.
Il timore non è tanto che ChatGPT porti a una disoccupazione su larga scala – come sottolinea Autor, ci sono molti posti di lavoro negli Stati Uniti – ma che le aziende sostituiscano con questa nuova forma di automazione posti di lavoro impiegatizi relativamente ben retribuiti, destinando quei lavoratori a impieghi di servizio meno retribuiti, mentre i pochi che sono in grado di sfruttare al meglio la nuova tecnologia ne raccolgono tutti i benefici.
In questo scenario, i lavoratori e le aziende esperti di tecnologia potrebbero adottare rapidamente gli strumenti dell’IA, diventando così più produttivi da dominare i loro posti di lavoro e i loro settori. Chi ha meno competenze e poco acume tecnico, invece, rimarrebbe indietro.
Ma Autor vede anche un possibile risultato più positivo: l’IA generativa potrebbe aiutare un’ampia fascia di persone ad acquisire le skill necessarie per competere con chi ha maggiore istruzione ed esperienza.
Uno dei primi studi rigorosi sull’impatto di ChatGPT sulla produttività suggerisce che questo risultato potrebbe essere possibile.
Due studenti di economia del MIT, Shakked Noy e Whitney Zhang, hanno condotto un esperimento coinvolgendo centinaia di professionisti con un’istruzione universitaria che lavoravano in settori come il marketing e le risorse umane; hanno chiesto alla metà di utilizzare ChatGPT nelle loro attività quotidiane e agli altri di non farlo. ChatGPT ha aumentato la produttività complessiva (non troppo sorprendentemente), ma ecco il risultato davvero interessante: lo strumento di intelligenza artificiale ha aiutato maggiormente i lavoratori meno abili e preparati, riducendo il divario di prestazioni tra i dipendenti. In altre parole, gli scrittori meno bravi sono migliorati molto; quelli bravi sono semplicemente diventati un po’ più veloci.
I risultati preliminari suggeriscono che ChatGPT e altre IA generative potrebbero, nel gergo degli economisti, “riqualificare” le persone che hanno difficoltà a trovare lavoro. Secondo Autor, ci sono molti lavoratori esperti che “giacciono incolti” dopo essere stati allontanati dai posti di lavoro in ufficio e nel settore manifatturiero negli ultimi decenni. Se l’intelligenza artificiale generativa può essere utilizzata come strumento pratico per ampliare le loro competenze e fornire loro le abilità specialistiche necessarie in settori come l’assistenza sanitaria o l’insegnamento, dove ci sono molti posti di lavoro, potrebbe rivitalizzare la nostra forza lavoro.
Per determinare quale scenario prevarrà sarà necessario un impegno importante per pensare a come sfruttare la tecnologia.
“Non credo che dovremmo prenderla come una tecnologia che è arrivata nel mondo e alla quale dobbiamo adattarci. Poiché è in fase di creazione, può essere utilizzata e sviluppata in vari modi”, afferma Autor. “È difficile sopravvalutare l’importanza di progettare ciò per cui è stata creata”.
In poche parole, ci troviamo in una fase in cui o i lavoratori meno qualificati saranno sempre più in grado di svolgere quello che oggi viene considerato un lavoro di conoscenza, oppure i lavoratori della conoscenza più talentuosi aumenteranno radicalmente i vantaggi che già hanno su tutti gli altri. Quale risultato otterremo dipende in gran parte da come i datori di lavoro implementeranno strumenti come ChatGPT. Ma l’opzione più ottimistica è a portata di mano.
Oltre le sembianze umane
Tuttavia, ci sono alcuni motivi per essere pessimisti. La scorsa primavera, in “The Turing Trap: The Promise & Peril of Human-Like Artificial Intelligence“, l’economista di Stanford Erik Brynjolfsson ha messo in guardia sul fatto che i creatori di IA sono troppo ossessionati dall’imitare l’intelligenza umana, piuttosto che trovare il modo di utilizzare la tecnologia per consentire alle persone di svolgere nuovi compiti e ampliare le proprie capacità.
La ricerca di capacità simili a quelle umane, ha sostenuto Brynjolfsson, ha portato a tecnologie che semplicemente sostituiscono le persone con le macchine, facendo scendere i salari e aggravando la disuguaglianza di ricchezza e reddito. Si tratta, ha scritto, della “migliore spiegazione” della crescente concentrazione della ricchezza.
A distanza di un anno, ChatGPT, con i suoi output dal suono umano, “è come il manifesto di ciò che avevo preannunciato”: ha “messo il turbo” alla discussione su come le nuove tecnologie possano essere utilizzate per dare alle persone nuove abilità, anziché semplicemente sostituirle.
Nonostante le sue preoccupazioni per il fatto che gli sviluppatori di IA continueranno a insistere ciecamente nell’imitare capacità simili a quelle umane nelle loro creazioni, Brynjolfsson, direttore dello Stanford Digital Economy Lab, è generalmente un tecno-ottimista quando si tratta di intelligenza artificiale. Due anni fa aveva previsto un boom della produttività grazie all’IA e ad altre tecnologie digitali e oggi è ottimista sull’impatto dei nuovi modelli di IA.
Gran parte dell’ottimismo di Brynjolfsson deriva dalla convinzione che le aziende potrebbero trarre grandi benefici dall’utilizzo di IA generativa come ChatGPT per ampliare le loro offerte e migliorare la produttività della loro forza lavoro. “È un grande strumento di creatività. È ottimo per aiutarvi a fare cose nuove. Non si tratta semplicemente di fare la stessa cosa in modo più economico”, afferma Brynjolfsson. Finché le aziende e gli sviluppatori riusciranno a “non pensare che l’uomo non sia necessario, sarà molto importante”.
Entro un decennio, prevede, l’IA generativa potrebbe aggiungere trilioni di dollari di crescita economica negli Stati Uniti. “La maggior parte della nostra economia è costituita da lavoratori della conoscenza e dell’informazione”, afferma. “È difficile pensare a un tipo di lavoratori dell’informazione che non sia almeno in parte coinvolto”.
Quando arriverà l’aumento di produttività – se arriverà – è un gioco di ipotesi economiche. Forse dobbiamo solo avere pazienza.
Nel 1987 Robert Solow, l’economista del MIT che quell’anno vinse il premio Nobel per aver spiegato come l’innovazione guida la crescita economica, disse notoriamente: “L’era dei computer si vede ovunque, tranne che nelle statistiche sulla produttività”. Solo più tardi, a metà e alla fine degli anni Novanta, l’impatto – in particolare quello dei progressi nei semiconduttori – cominciò a comparire nei dati sulla produttività, quando le aziende trovarono il modo di sfruttare una potenza di calcolo sempre più economica e i relativi progressi nel software. Potrebbe accadere la stessa cosa con l’IA? Avi Goldfarb, economista dell’Università di Toronto, sostiene che dipende dalla capacità di capire come utilizzare la tecnologia più recente per trasformare le imprese, come abbiamo fatto nella precedente era informatica.
Finora, dice, le aziende si sono limitate a introdurre l’IA per svolgere le attività un po’ meglio: “Aumenterà l’efficienza – potrebbe incrementare la produttività – ma alla fine i benefici netti saranno minimi. Perché non si fa altro che fare la stessa cosa un po’ meglio”. Ma, dice, “la tecnologia non ci permette solo di fare quello che abbiamo sempre fatto in un modo un po’ migliore o un po’ più economico. Potrebbe permetterci di creare nuovi processi per creare valore per i clienti”.
Il verdetto su quando, o addirittura se, ciò avverrà con l’IA generativa rimane incerto. “Quando capiremo che cosa la buona scrittura in scala permette alle industrie di fare in modo diverso, o – nel contesto di Dall-E – che cosa il design grafico in scala ci permette di fare in modo diverso, sarà allora che sperimenteremo il grande aumento di produttività”, dice Goldfarb. “Ma se questo avverrà la prossima settimana, il prossimo anno o tra 10 anni, non ne ho idea”.
Lotta di potere
Quando Anton Korinek, economista alla University of Virginia e borsista della Brookings Institution, ha avuto accesso alla nuova generazione di modelli linguistici di grandi dimensioni come ChatGPT, ha fatto quello che molti di noi hanno fatto: ha iniziato a giocarci per vedere come potevano coadiuvare il suo lavoro. A febbraio ha documentato con cura le loro prestazioni in un articolo, notando come gestissero bene 25 “casi d’uso”, brainstorming, modifica del testo (molto utile), coding (abbastanza bene con un po’ di aiuto), matematica (non eccezionale).
Secondo Korinek, ChatGPT ha spiegato in modo errato uno dei principi fondamentali dell’economia: “Ha sbagliato di grosso”. Ma l’errore, facilmente individuabile, è stato subito perdonato alla luce dei benefici. “Posso dire che fa di me, come lavoratore cognitivo, una pesona più produttiva”, afferma Korinek. “Non c’è dubbio che sono più produttivo quando uso un modello linguistico”.
Quando è uscito il GPT-4, ha testato le sue prestazioni sulle stesse 25 domande che aveva documentato a febbraio, e ha ottenuto risultati decisamente migliori. Ci sono stati meno casi di invenzioni e anche i compiti di matematica sono andati molto meglio, dice Korinek.
Poiché ChatGPT e altri bot AI automatizzano il lavoro cognitivo, rispetto alle attività fisiche che richiedono investimenti in attrezzature e infrastrutture, l’aumento della produttività economica potrebbe avvenire molto più rapidamente rispetto alle passate rivoluzioni tecnologiche, sostiene Korinek. “Penso che potremmo assistere a un maggiore incremento della produttività entro la fine dell’anno, sicuramente entro il 2024”, ha affermato.
Chi controllerà il futuro di questa straordinaria tecnologia?
Inoltre, a lungo termine, il modo in cui i modelli di IA possono rendere più produttivi i ricercatori come lui può guidare il progresso tecnologico.
Il potenziale dei modelli linguistici di grandi dimensioni si sta già manifestando nella ricerca nel campo delle scienze fisiche. Berend Smit, che dirige un laboratorio di ingegneria chimica all’EPFL di Losanna, in Svizzera, è un esperto nell’uso dell’apprendimento automatico per scoprire nuovi materiali. L’anno scorso, dopo che uno dei suoi allievi, Kevin Maik Jablonka, ha mostrato alcuni risultati interessanti utilizzando il GPT-3, Smit gli ha chiesto di dimostrare che il GPT-3 è di fatto inutile per i tipi di studi sofisticati di apprendimento automatico che il suo gruppo effettua per prevedere le proprietà dei composti.
“Ha fallito completamente”, scherza Smit.
È emerso che, dopo essere stato messo a punto per qualche minuto con alcuni esempi rilevanti, il modello ha prestazioni pari a quelle di strumenti avanzati di apprendimento automatico sviluppati appositamente per la chimica nel rispondere a domande di base su aspetti quali la solubilità di un composto o la sua reattività. È sufficiente fornire il nome di un composto e il modello è in grado di prevedere varie proprietà in base alla struttura.
Come in altre aree di lavoro, i modelli linguistici di grandi dimensioni potrebbero aiutare ad ampliare le competenze e le capacità dei non esperti – in questo caso, dei chimici con scarsa conoscenza dei complessi strumenti di apprendimento automatico. Poiché è semplice come una ricerca in letteratura, dice Jablonka: “potrebbe far diventare popolare l’apprendimento automatico tra i chimici”.
Questi risultati impressionanti e sorprendenti sono solo un suggerimento allettante di quanto potenti possano essere le nuove forme di IA in un’ampia gamma di lavori creativi, compresa la scoperta scientifica, e di quanto siano incredibilmente facili da usare. Ma tutto ciò pone anche alcuni interrogativi fondamentali.
Mentre il potenziale impatto dell’IA generativa sull’economia e sui posti di lavoro diventa sempre più imminente, chi definirà la visione di come questi strumenti dovrebbero essere progettati e utilizzati? Chi controllerà il futuro di questa straordinaria tecnologia?
Diane Coyle, economista dell’Università di Cambridge nel Regno Unito, afferma che una delle preoccupazioni è il potenziale dominio dei modelli linguistici di grandi dimensioni da parte delle stesse grandi aziende che dominano gran parte del mondo digitale. Google e Meta stanno offrendo i propri modelli linguistici di grandi dimensioni insieme a OpenAI, sottolinea Coyle, e gli elevati costi computazionali richiesti per far funzionare il software creano una barriera all’ingresso per chiunque voglia competere.
Il timore è che queste aziende abbiano “modelli di business simili, guidati dalla pubblicità”, afferma Coyle. “Quindi è ovvio che si ottiene una certa uniformità di pensiero, se non ci sono diversi tipi di persone con diversi tipi di incentivi”.
Coyle riconosce che non esistono soluzioni facili, ma sostiene che una possibilità è quella di creare un’organizzazione internazionale di ricerca sull’IA generativa finanziata con fondi pubblici, sul modello del CERN, l’ente intergovernativo europeo di ricerca nucleare con sede a Ginevra, dove nel 1989 è stato creato il World Wide Web. L’organizzazione sarebbe dotata dell’enorme potenza di calcolo necessaria per eseguire i modelli e delle competenze scientifiche per sviluppare ulteriormente la tecnologia.
Secondo Coyle, uno sforzo del genere al di fuori delle Big Tech “porterebbe una certa diversità negli incentivi che i creatori dei modelli devono affrontare quando li producono”.
Anche se rimane incerto quali politiche pubbliche potrebbero aiutare a garantire che i modelli linguistici di grandi dimensioni servano al meglio l’interesse collettivo, secondo Coyle, sta diventando chiaro che le scelte su come utilizzare la tecnologia non possono essere lasciate a poche aziende dominanti e al solo mercato.
La storia ci fornisce numerosi esempi di quanto la ricerca finanziata dai governi possa essere importante per lo sviluppo di tecnologie che portano a una prosperità diffusa. Molto prima dell’invenzione del web al CERN, un altro sforzo finanziato con fondi pubblici alla fine degli anni ’60 ha dato origine a Internet, quando il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha sostenuto ARPANET, che ha sperimentato modi per far comunicare tra loro più computer.
In Power and progress: Our 1000-Year Struggle Over Technology & Prosperity, gli economisti del MIT Daron Acemoglu e Simon Johnson offrono un’avvincente passeggiata nella storia del progresso tecnologico e dei suoi risultati alterni nella creazione di una prosperità diffusa. Il loro punto di vista è che è fondamentale indirizzare deliberatamente i progressi tecnologici in modo da fornire ampi benefici e non solo rendere più ricca l’élite.
Dai decenni successivi alla Seconda guerra mondiale fino ai primi anni Settanta, l’economia statunitense è stata caratterizzata da rapidi cambiamenti tecnologici; i salari della maggior parte dei lavoratori sono aumentati, mentre la disuguaglianza di reddito è diminuita drasticamente. Il motivo, sostengono Acemoglu e Johnson, è che i progressi tecnologici sono stati utilizzati per creare nuove mansioni e posti di lavoro, mentre le pressioni sociali e politiche hanno contribuito a garantire che i lavoratori condividessero i benefici con i loro datori di lavoro in modo più equo di quanto non facciano oggi.
Al contrario, scrivono, la più recente e rapida adozione di robot di produzione nel “cuore industriale dell’economia americana nel Midwest” negli ultimi decenni ha semplicemente distrutto posti di lavoro e ha portato a un “prolungato declino regionale”.
Il libro è particolarmente importante per capire cosa potrebbero portare i rapidi progressi di oggi nell’IA e come le decisioni sul modo migliore di utilizzare le scoperte influenzeranno tutti noi in futuro. In una recente intervista, Acemoglu ha dichiarato che stavano scrivendo il libro quando il GPT-3 è stato rilasciato. E, aggiunge scherzando, “avevamo previsto ChatGPT”.
Acemoglu sostiene che i creatori dell’IA “stanno andando nella direzione sbagliata”. L’intera architettura alla base dell’IA “è in modalità di automazione”, afferma. “Ma non c’è nulla di intrinseco all’IA generativa o all’IA in generale che ci spinga in questa direzione. Sono i modelli di business e la visione delle persone di OpenAI, di Microsoft e della comunità dei venture capital”.
Se si crede di poter guidare la traiettoria di una tecnologia, allora è ovvio chiedersi: chi è “noi”? È qui che Acemoglu e Johnson sono più provocatori. Scrivono: “La società e i suoi potenti guardiani devono smettere di farsi ipnotizzare dai miliardari della tecnologia e dalla loro agenda. Non è necessario essere un esperto di IA per avere voce in capitolo sulla direzione del progresso e sul futuro della nostra società forgiata da queste tecnologie”.
I creatori di ChatGPT e gli imprenditori coinvolti nel suo lancio sul mercato, in particolare l’amministratore delegato di OpenAI, Sam Altman, hanno il merito di aver offerto al pubblico questa nuova percezione di intelligenza artificiale. Il suo potenziale è enorme. Ma questo non significa che dobbiamo accettare la loro visione e le loro aspirazioni su dove vogliamo che la tecnologia vada e su come dovrebbe essere usata.
Secondo la loro narrazione, l’obiettivo finale è l’intelligenza artificiale generale che, se tutto va bene, porterà a grande ricchezza e abbondanza economica. Altman, per esempio, ha promosso questa visione a lungo negli ultimi tempi, fornendo un’ulteriore giustificazione per la sua lunga difesa di un reddito di base universale (UBI) per nutrire i non tecnocrati tra noi. Per alcuni, sembra allettante. Niente lavoro e soldi gratis! Bello!
Sono i presupposti alla base di questa narrazione a essere più preoccupanti, ovvero che l’IA si stia dirigendo verso un percorso inevitabilmente distruttivo per i posti di lavoro e che la maggior parte di noi sia su questo percorso (grauitamente). Questa visione riconosce a malapena la possibilità che l’IA generativa possa portare a un boom di creatività e produttività per i lavoratori che vanno ben oltre le élite esperte di tecnologia, aiutando a liberare i loro talenti e cervelli. Si discute poco dell’idea di utilizzare la tecnologia per produrre una prosperità diffusa, espandendo le capacità e le competenze umane in tutta la popolazione lavorativa.
Le aziende possono decidere di utilizzare ChatGPT per dare ai lavoratori maggiori capacità o semplicemente per tagliare posti di lavoro e ridurre i costi.
Come scrivono Acemoglu e Johnson: “Ci stiamo dirigendo verso una maggiore disuguaglianza non inevitabilmente, ma a causa di scelte sbagliate su chi ha il potere nella società e sulla direzione della tecnologia. Di fatto, l’UBI sposa in pieno la visione dell’élite imprenditoriale e tecnologica secondo cui sono loro le persone illuminate e di talento che dovrebbero finanziare generosamente il resto”.
Acemoglu e Johnson scrivono di vari strumenti per ottenere “un portafoglio tecnologico più equilibrato”, dalle riforme fiscali e altre politiche governative che potrebbero incoraggiare la creazione di un’IA più favorevole ai lavoratori, alle riforme che potrebbero sgravare il mondo accademico dai finanziamenti delle Big Tech per la ricerca informatica e le scuole di business.
Ma, riconoscono gli economisti, tali riforme sono “un ordine dall’alto” e una spinta sociale per reindirizzare il cambiamento tecnologico non è “dietro l’angolo”.
La buona notizia è che, di fatto, possiamo decidere come utilizzare ChatGPT e altri modelli linguistici di grandi dimensioni. Con l’arrivo sul mercato di innumerevoli applicazioni basate su questa tecnologia, le aziende e i singoli utenti avranno la possibilità di scegliere come sfruttarla; le aziende possono decidere di usare ChatGPT per dare ai lavoratori maggiori capacità o semplicemente per tagliare posti di lavoro e ridurre i costi.
Un altro sviluppo positivo: c’è almeno un certo slancio dietro i progetti open-source di IA generativa, che potrebbero indebolire la presa delle Big Tech sui modelli. In particolare, l’anno scorso più di mille ricercatori internazionali hanno collaborato a un modello linguistico di grandi dimensioni chiamato Bloom, in grado di creare testi in lingue come il francese, lo spagnolo e l’arabo. E se Coyle e altri hanno ragione, un aumento dei finanziamenti pubblici per la ricerca sull’IA potrebbe contribuire a cambiare il corso delle scoperte future.
Brynjolfsson di Stanford si rifiuta di dire che è ottimista su come andrà a finire. Tuttavia, il suo entusiasmo per la tecnologia è evidente. “Possiamo registrare uno dei migliori decenni di sempre se usiamo la tecnologia nella giusta direzione”, dice. “Ma non è scontato che accada”.