A Ravenna Eni ha lanciato il progetto per sfruttare i giacimenti esausti di gas come siti in cui immagazzinare in modo permanente la CO2 e contribuire alla decarbonizzazione.
La sfida della decarbonizzazione è una delle priorità più urgenti a livello globale. Secondo i dati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), per limitare l’aumento della temperatura globale a 1.5°C, è necessario raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. La tecnologia di Carbon Capture and Storage (CCS) si posiziona come una delle soluzioni chiave per raggiungere questo obiettivo, specialmente per i settori industriali “hard to abate” (come acciaierie, cementifici, chimica, carta, vetro ecc), che non possono facilmente ridurre le loro emissioni attraverso l’elettrificazione o altre tecnologie rinnovabili.
Secondo l’International Energy Agency (IEA), la CCS può contribuire concretamente alla riduzione delle emissioni globali di CO2 tra il 2020 e il 2050. La tecnologia CCS prevede la cattura della CO2 prodotta dai processi industriali o dalla generazione di energia elettrica, il suo trasporto verso siti di stoccaggio adatti e il suo immagazzinamento permanente in formazioni geologiche sotterranee (che devono rispettare alcuni specifici requisiti strutturali). Gli scenari delineati dall’IEA e dall’IPCC sottolineano che la CCS è indispensabile per completare il quadro delle tecnologie di riduzione delle emissioni, soprattutto per le industrie ”hard to abate”.
A inizio 2024 la Commissione Europea, attraverso l’Industrial Carbon Management Strategy, ha sottolineato l’importanza strategica della CCS per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, inclusivi del nuovo obiettivo recentemente fissato al 2040 (riduzione del 90% delle emissioni rispetto al 1990) delineando 3 fasi di sviluppo definite a livello europeo:
- raggiungimento di 50 milioni di tonnellate di CO2 stoccata al 2030 e sviluppo di un’adeguata rete di trasporto di CO2 funzionale a tale obiettivo;
- 280 milioni di tonnellate di CO2 stoccata al 2040 e 450 milioni al 2050;
- raggiungimento della fattibilità economica dei progetti di CCS in molte delle regioni europee al 2040 e utilizzo di un terzo della CO2 stoccata;
- integrazione completa della CCS all’interno del sistema economico europeo dal 2040 in avanti e utilizzo sempre più prevalente di CO2 biogenica e di origine atmosferica nei processi industriali.
Il progetto Ravenna CCS
Un esempio concreto di implementazione della CCS è rappresentato dal progetto “Ravenna CCS” di Eni. Lanciato nel dicembre 2022 in partnership con Snam, questo ambizioso progetto mira a trasformare i giacimenti esausti di gas dell’Alto Adriatico in un hub di stoccaggio permanente di CO2, con una capacità totale stimata in oltre 500 milioni di tonnellate. L’iniziativa ha l’obiettivo di contribuire significativamente alla decarbonizzazione delle industrie italiane ed europee, in particolare quelle del cemento, dell’acciaio e della chimica che, come detto, non hanno alternative efficaci alla CCS.
La “Fase 1” del progetto prevede, a partire dal 2024, l’iniezione nel giacimento esausto di gas di Porto Corsini mare ovest, situato al largo di Ravenna, di una quantità di anidride carbonica pari a 25 mila tonnellate di CO2 all’anno, catturate dalla centrale di trattamento gas di Casal Borsetti di Eni. La fase industriale successiva, prevista per il 2027, permetterà l’accesso al sito di stoccaggio anche ad altre industrie ”hard to abate”, raggiungendo una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate all’anno entro il 2030 e potenzialmente più di 16 milioni di tonnellate oltre quella data, in base alla evoluzione della domanda di mercato.
Eni e Snam metteranno in comune le loro competenze per la realizzazione del progetto: Eni utilizzerà la propria esperienza nella gestione dei giacimenti offshore per convertire i giacimenti esausti in siti di stoccaggio, mentre Snam svilupperà un’infrastruttura di trasporto adeguata riutilizzando, ove possibile, le infrastrutture esistenti.
Tecnologia d’impatto
Il progetto “Ravenna CCS” è parte del più ampio progetto CALLISTO, riconosciuto dalla Commissione Europea come Progetto di Interesse Comune (PCI). I PCI sono progetti infrastrutturali transnazionali considerati strategici per il raggiungimento degli obiettivi climatici europei e che per questo godono di procedure autorizzative accelerate, potendo anche accedere ad appositi fondi. CALLISTO punta a creare il più grande network del Mediterraneo per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2, collegando il sito di stoccaggio di Ravenna ad altre aree industriali come quelle di Ferrara, Porto Marghera, Fos sur Mer (Marsiglia) e alla Valle del Rodano in Francia.
Oltre ai benefici ambientali, il progetto avrà un impatto significativo sulla competitività e lo sviluppo tecnologico del sistema Italia, con una positiva ricaduta sull’economia locale in termini di creazione e tutela dei posti di lavoro. Secondo uno studio di The European House – Ambrosetti, l’utilizzo della CCS contribuirà a mantenere la competitività dei settori “hard to abate” italiani, che rappresentano 94 miliardi di euro di Valore Aggiunto (5% del PIL italiano, dato 2021) e 1,25 milioni di occupati (4,5% della forza lavoro nazionale, dato 2021) e che, al contempo, emettono 63,7 Milioni di tonnellate di CO2, di cui il 22% connesse intrinsecamente al processo produttivo e quindi non evitabili attraverso l’elettrificazione.
La tecnologia CCS rappresenta una componente cruciale della strategia di decarbonizzazione globale. Progetti come “Ravenna CCS” dimostrano come la collaborazione tra grandi aziende possa portare a soluzioni sostenibili e scalabili, capaci di affrontare le sfide climatiche più pressanti. L’adozione di questa tecnologia su larga scala sarà fondamentale per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni e per garantire un futuro sostenibile per le prossime generazioni.