Il capitale finanziario sta investendo somme record nelle startup legate alla produzione di marijuana nella speranza che la sostanza venga legalizzata negli Stati Uniti a livello federale, come è già successo in Canada.
di Dan Primack
Secondo PitchBook Data, a metà giugno, il settore della commercializzazione della cannabis aveva già raccolto 1 miliardo e 300 milioni di dollari rispetto al miliardo di dollari di tutto il 2018 e ai 370 milioni di dollari del 2017. C’è da notare che i dati del 2017 e del 2018 rappresentano i migliori incassi mai realizzati fino a oggi.
Alcuni di questi investimenti sono indirizzati alle piantagioni di cannabis, mentre altri privilegiano le aziende di servizi legati alla produzione vera e propria, dalla logistica al sistema dei finanziamenti, dalla vendita al dettaglio al mondo degli accessori. Si potrebbe definire la stessa differenza che passa tra i produttori di petrolio e i servizi petroliferi.
La legalizzazione, però, creerebbe una serie di problemi. E’ vero che espanderebbe il TAM, vale a dire la domanda globale del mercato per un prodotto, per i coltivatori, ma potrebbe rendere obsolete le startup collegate a questo settore.
Per esempio, perché i coltivatori dovrebbero utilizzare aziende di trasporto specifiche per la cannabis nel caso FedEx fosse disponibile a offrire questo servizio?
Perché chi vende il prodotto dovrebbe rivolgersi ad aziende finanziarie specializzate, una volta che le banche fossero disponibili a gestire i loro conti?
Perché avere rivenditori specializzati, se le farmacie possono offrire lo stesso servizio?
Si tratta di una situazione paradossale che potrebbe rallentare la crescita del settore, considerando anche che molte delle maggiori società di venture capital evitano ancora di avere rapporti molto stretti con produttori e aziende distributrici di marijuana, per non avere problemi di ordine legale o inimicarsi i loro investitori più conservatori.
Nonostante le somme “record”, gli investimenti di venture capital nel settore della marijuana rimangono relativamente modesti, se si pensa, per esempio, che singole aziende tecnologiche hanno raccolto in un’unica tornata cifre superiori a 1 miliardo e 300 milioni di dollari.
E’ probabile che alcuni tipi di servizi sopravviverebbero alla legalizzazione, esattamente come i negozi di vino resistono nelle aree in cui il vino viene venduto nei supermercati. Ma molti diventerebbero superflui, ed è una prospettiva che potrebbe tenere i potenziali investitori ai margini.
“Investire nel breve termine in aziende specializzate che non avrebbero più mercato dopo la legalizzazione non ha alcun senso per me”, dice Brendan Kennedy, CEO della canadese Tilray, che lo scorso anno è diventata la prima azienda di cannabis quotata al NASDAQ. “Penso che queste aziende siano destinate a scomparire”.
Chi investe non ha dubbi sul successo del prodotto o sul mercato legato alla marijuana”, ma teme la legalizzazione e quello che significherebbe per i miliardi investiti.
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Immagine: Sarah Grillo / Axios