di Massimiliano Cannata
Se il fil rouge della nostra riflessione vede al centro il sapere e la riforma delle “agenzie” di senso che devono governarlo, è la classe dirigente a essere chiamata in causa, a interpretare la complessità in un mondoche si caratterizza per l’alto livello di incertezza e di rischio. Le competenze sono una condizione necessaria, ma non sufficiente per generare sviluppo, competitività e benessere. «è necessario», commenta Giorgio Neglia, direttore della ricerca dell’Associazione Management Club, che sta ultimando il 5° Rapporto sulla classe dirigente, «favorire la creazione di un global campus, un ecosistema aperto, capace di sfruttare le sollecitazioni della globalizzazione e di rispondere alla domanda di crescita dei territori. In ragione di questi dati di contesto, l’analisi del Rapporto si focalizza sulla responsabilità sociale oltre che manageriale delle élites».
Fortunatamente al di là dei propositi esistono casi in cui i saperi diventano impresa e volano di crescita. Il Rapporto ne ricorda diversi. Torino Wireless (per ricordare un esempio), nata in Piemonte con l’intenzione dichiarata di ritagliare per la città una vocazione hi-tech per il polo dei servizi, oggi è una realtà importante: raccoglie 400 aziende locali in condizione di interagire continuamente con centri di ricerca e università, dando vita a una fitta “rete di imprese”, che rende veloce ed efficace l’introduzione dell’innovazione continua.
Il Distretto Aerospaziale lombardo agisce su numeri importanti: fatturato annuo di 3,8 miliardi di euro (cresciuto del 30 per cento dal 2006 al 2009), pari al 38 per cento dell’export nazionale; 13 università coinvolte; 220 aziende attive per un totale di oltre 14mila addetti. Una conferma per un settore industriale che ha raggiunto livelli di eccellenza, rappresentando un ramo strategico dell’economia per le positive ricadute nel campo della ricerca tecnologica avanzata e nello scacchiere dei rapporti internazionali dell’Italia. Basta considerare il fatturato nazionale, che raggiunge i 7 miliardi annui e che si traduce in una porzione significativa del PIL.
Altro caso quello del Club Meccatronica, promosso da un gruppo di imprenditori dell’Associazione Industriali di Reggio Emilia, punto d’incontro aperto a tutti coloro che operano nella meccanica avanzata e nella meccatronica: imprenditori, tecnici, docenti e studenti universitari, personale di ricerca. Tra le finalità dell’iniziativa la costruzione del distretto Hi-Mech, una rete di centri e laboratori specializzati nel sostenere e promuovere le attività di innovazione di prodotto delle piccole e medie imprese locali.
In ragione della la sua capacità d’inserirsi nella più ampia strategia di sviluppo economico regionale, basata sul ruolo della ricerca e dell’innovazione per la crescita economica e la coesione sociale va, anche ricordata la realtà del Festival dell’Innovazione, curato da ARTI, l’Agenzia per la Tecnologia e l’Innovazione che opera in Puglia.
Il supporto ai giovani e alle istituzioni formative e di ricerca, una puntuale aggregazione tra i vari attori economici e sociali al fine di massimizzare la crescita e l’apprendimento, una crescita manageriale misurabile all’interno delle organizzazioni pubbliche e private nelle quali la classe dirigente possiede spazio decisionale e di intervento: questi i connotati distintivi delle esperienze che arricchiscono la trattazione del nuovo Rapporto. Rimane certo difficile prevedere come finirà la partita aperta tra saperi, regole della competizione globale e nuovi assetti del capitalismo. L’esperienza dimostra che la collaborazione e l’interscambio fra le strutture scolastiche, il sistema impresa e gli organismi di rappresentanza potranno favorire una cultura del lavoro che dovrà parlare nuovi linguaggi. Come ci ha insegnato un grande storico del sindacato quale Vittorio Foa, in Questo Novecento, «il nuovo millennio si misurerà non solo con nuove vicende, ma anche con nuove categorie che dovranno preoccuparsi di capirle». Si tratta di cominciare ad averne finalmente consapevolezza.