Un vasto giacimento di terre rare potrebbe segnare il percorso del nostro futuro green

La domanda che sorge spontanea è: sono maggiori i benefici o gli effetti collaterali del danno ambientale che infliggeremmo nello sfruttare questa risorsa?

di Jamie Condliffe

Un gruppo di ricercatori ha individuato terre rare sotto i fondali degli oceani – ma la scoperta contribuisce principalmente ad esasperare il dilemma sui limiti che dovremmo porci per recuperare queste risorse naturali.

La BBC riporta che gli scienziati hanno identificato un monte sottomarino a 300 miglia di distanza dalle coste delle Isole Canarie che sarebbe incredibilmente ricco di tellurio. Situato a circa 1.000 metri di profondità, la crosta esterna di questo monte sarebbe ricoperta da 5 cm di roccia contenenti 50.000 volte la quantità di terra rara presente sulla terraferma.

A rendere la scoperta così speciale è il fatto che il tellurio viene impiegato in alcune delle celle solari più efficienti al mondo – e, come nel caso di diverse altre terre rare, risulta particolarmente difficile da trovare. Di fatto, Bram Murton, responsabile del progetto che ha portato alla scoperta di questo deposito, ha calcolato che il monte potrebbe contenere intorno alle 2.670 tonnellate di tellurio, equivalenti a 1/12° della fornitura mondiale complessiva.

Non è la prima volta che risorse sottomarine mettono alla prova l’umanità. Siamo consapevoli della ricchezza dei fondali marini, ed alcune organizzazioni hanno già manifestato il proprio interesse per l’estrazione di queste risorse. La canadese Nautilus Minerals si è scontrata inizialmente con il governo, ma è ora sul punto di avviare l’estrazione di rame e oro al largo delle coste della Papua Nuova Guinea. La Cina sta ricercando con entusiasmo soluzioni per estrarre metalli dal fondale dell’Oceano Indiano

L’idea di attingere al fondale marino presenta certamente allettante. La nostra insaziabile brama di gadget, automobili elettriche e fonti di energia pulita ha creato una enorme domanda di metalli rari e preziosi che, attualmente, vengono estratti sulla terraferma a un costo umano inaccettabile. Il recupero di questi materiali dai fondali profondi garantirebbe la fornitura necessaria per il futuro; è facile immaginare quanti milioni di profitto potrebbero generare questi giacimenti.

Sorge però spontanea un’importante domanda: molti ricercatori sono preoccupati dai danni che un simile intervento potrebbe infliggere all’ambiente. Quest’anno, ad esempio, un’analisi condotta su alcuni test di estrazioni sottomarine ha dimostrato che persino le operazioni più ridotte possono danneggiare l’intero ecosistema marino. Il timore è che operazioni più consistenti causino danni più gravi, e non è chiaro quali potrebbero essere le conseguenze. Non si possono escludere effetti collaterali sulle condizioni climatiche o sull’interazione dei mari con i gas serra nell’atmosfera.

La scoperta di questo giacimento di tellurio espone un problema preoccupante. Abbiamo trovato le risorse che ci permetterebbero di creare una considerevole quantità di energia pulita, ma la loro estrazione potrebbe comportare gravi danni ambientali. I benefici sarebbero tali da giustificare tali danni? La risposta a questa domanda ci permetterebbe di comprendere se siamo realmente pronti ad attingere a queste nuove risorse.

(MO)

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