
Le operazioni di un tipico reattore nucleare si lasciano alle spalle un assortimento di elementi radioattivi, incluso del combustibile non utilizzato. Lo smaltimento ed il riciclo di questi materiali è una sfida continua.
di Lisa Ovi
Per combustibile nucleare si intende il materiale fissile posto nel nucleo di un reattore nucleare ed utilizzato nella generazione di energia non per combustione, ma per mezzo di reazioni nucleari. Questo materiale, sotto forma di barre, viene utilizzato solo parzialmente e smaltito assieme al resto degli scarti nucleari. Ora, ingegneri della Texas A&M University hanno pubblicato su Industrial & Engineering Chemistry Research la descrizione di un semplice passaggio per separare tra loro i diversi componenti delle scorie nucleari.
La strategia di riciclaggio è facilmente integrabile in un procedimento su scala industriale; la reazione può essere ripetuta più volte per massimizzare il rendimento di recupero del carburante e ridurre il quantitativo di scorie nucleari radioattive prodotte.
La base della produzione di energia nei reattori nucleari è la fissione termonucleare, una reazione in cui un nucleo pesante, solitamente di uranio, colpito da particelle subatomiche chiamate neutroni, diventa instabile e si lacera in elementi più piccoli e leggeri. Nel tempo, queste reazioni portano ad un accumulo di elementi più leggeri, metà dei quali rischiano di fermare la produzione assorbendo i neutroni al posto del combustibile nucleare. Le barre di combustibile usate contengono quindi prodotti di fissione, uranio avanzato e piccole quantità di plutonio, nettunio e americio, tutti da smaltire collettivamente come rifiuti nucleari, destinati a essere riposti in depositi sotterranei a causa della loro elevata radioattività.
Per affrontare i problemi del riciclo dei rifiuti nucleari, i ricercatori hanno studiato se ci fosse una semplice reazione chimica che potesse separare tra loro tutti gli elementi chimici del combustibile nucleare usati desiderabili insieme. A temperatura ambiente, l’uranio forma cristalli in acido nitrico forte al cui interno gli atomi sono disposti in un profilo unico. Lo studio è partito dall’ipotesi che questa struttura cristallina potesse essere utilizzata per separare il plutonio, il nettunio e l’americio, in quanto elementi pesanti appartenenti alla stessa famiglia dell’uranio.
I ricercatori hanno ipotizzato che se il plutonio, il nettunio e l’americio potessero assumere un legame con l’ossigeno come fa l’uranio, sarebbero in grado di integrarsi ai cristalli di uranio. Per i loro esperimenti, i ricercatori hanno preparato una soluzione surrogata di uranio, plutonio, nettunio e americio in acido nitrico altamente concentrato a 60-90 gradi Celsius per imitare la dissoluzione di una barra di combustibile reale nell’acido. Hanno individuato il punto in cui, raggiunta la temperatura ambiente, l’uranio, il nettunio, il plutonio e l’americio si separano dalla soluzione, distribuendosi uniformemente all’interno dei cristalli.
Questo processo semplificato a singolo passaggio è anche resistente alla proliferazione poiché il plutonio non è isolato, ma incorporato nei cristalli di uranio. Il combustibile rigenerato da questa reazione chimica potrà essere utilizzato in reattori nucleari di nuova generazione capaci di utilizzare oltre all’uranio anche altri elementi pesanti come il nettunio, il plutonio e l’americio, riducendo drasticamente le scorie nucleari ai soli prodotti di fissione la cui radioattività dura centinaia di anni anziché centinaia di migliaia.
(lo)