Umanoidi per casa

Tutti in Giappone sanno la data esatta in cui inizia l’Era dei Robot: 7 aprile 2003, il compleanno di Astro Boy. Astro Boy è il robot del cartoon creato dal leggendario animatore giapponese Osamu Tezuka nel 1951. Comparso negli anni 1960 in una famosa serie televisiva in Giappone e negli Stati Uniti, Astro Boy ha razzi nelle gambe, proiettori negli occhi e mitragliatrici nei suoi calzoncini. La sua figura ha ispirato una generazione di esperti di robotica. Tezuka fissò il suo compleanno nel 2003, perché era sicuro che da quella data le macchine umanoidi autonome sarebbero state dovunque.

Tezuka non era molto lontano dal vero, almeno per quel che riguarda il Giappone. L’esempio più eclatante è costituito da un gruppo di giocattoli (comunemente chiamati «robot d’intrattenimento») che riempiono gli scaffali dei negozi della Tokyo benestante, tra cui spiccano il famoso cane robot Aibo di Sony, Poo-chi (un cane dalla testa grande e le orecchie bluastre) di Sega Toys e, ormai in dirittura d’arrivo, un gatto robot del produttori di giocattoli Bandai.

I giocattoli sono solo l’inizio. Il Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria del Giappone vuole che i robot diventino una delle industrie chiave del paese, importante quanto quelle automobilistiche e dell’elettronica di consumo. Il governo ha sborsato quest’anno 28 milioni di dollari per lo sviluppo dei robot; aziende importanti come Fujitsu, Honda, Toyota e Kawada hanno a loro volta investito in progetti sui robot. Il Ministero spera che, per il 2010, la presenza di efficienti robot umanoidi sia una cosa normale nelle abitazioni del ceto medio.

Alcuni scienziati al di fuori del Giappone hanno contestato la validità di questo obiettivo, in quanto i robot, forti e pesanti, possono rappresentare un pericolo per i loro proprietari. «Cosa fare se un robot pensa che la testa della nonna sia un vaso e provi a metterla a posto?», si chiede Mark W. Tilden, un autorevole ricercatore statunitense che ha costruito robot per la NASA e sta ora collaborando al progetto Robosapien, un robot giocattolo in grado di camminare. Anche la produzione di macchine per svolgere compiti semplici come lavare i piatti rappresenta una sfida impegnativa: esse devono riconoscere la differenza tra un piatto e un frisbee, manipolare bicchieri e stoviglie senza romperli e riporre coltelli e forchette negli appositi contenitori. I problemi sono ancora più complessi per i robot umanoidi. La semplice riproduzione del nostro modo di camminare ha rappresentato una sfida quasi insuperabile per la scienza ingegneristica. «E malgrado ciò, si vuole costruire una macchina da mezzo milione di dollari per lavare i piatti», dice Tilden.

Gli esperti di robotica giapponesi rispondono che i vantaggi dei robot umanoidi superano di gran lunga gli svantaggi. «Ogni cosa nell’ambiente è già fatta su misura per gli esseri umani», afferma Gordon Cheng, un esperto di robotica dei Computational Neuroscience Laboratories di ATR, a Kyoto.«Sappiamo già come interagire con oggetti che assomigliano alle persone. Si tratta di un’interfaccia naturale e intuitiva che perfino un bambino può comprendere». Secondo Cheng, che è alla ricerca di modi per aiutare i robot a interpretare meglio le azioni umane, gli ostacoli della sicurezza e dei costi sono semplicemente «problemi da risolvere».

A tal fine, alcuni ricercatori universitari e industriali giapponesi sono impegnati nel tentativo di sviluppare robot più adattabili e agili. A settembre dello scorso anno Yasuo Kuniyoshi della Facoltà di Informatica e Tecnologia dell’Università di Tokyo ha mostrato un robot che può toccarsi i piedi a partire da una posizione supina. I comunicati stampa hanno presentato la dimostrazione come un chiaro segnale di un futuro in cui donne di servizio, infermiere e babysitter robotiche popoleranno le case. Un aiuto alla gestione di un ambiente complesso come quello domestico, spiegano i sostenitori dell’ipotesi robotica, verrà da una rete di minuscoli chip d’identificazione a radio frequenza (RFID, radio frequency identification chip). Al National Institute of Advanced Industrial Science and Technology, a Tsukuba, gli scienziati stanno istruendo i robot a selezionare e lavare i piatti combinando i dati visivi con quelli RFID. Se vede qualcosa di rotondo e simile a un piatto, il robot scansiona l’oggetto. Il chip RFID del piatto comunica, sostanzialmente, io sono un piatto! Vado lavato e messo in alto nel secondo scaffale in alto della credenza! «Noi dobbiamo fare questo lavoro», sostiene Tatsuya Matsui, un disegnatore di robot del Kitano Symbiotic Systems Project, un tentativo finanziato dal governo di unire biologia e calcolo. Il Giappone, spiega Matsui, ha allo stesso tempo una natalità molto bassa e una durata media della vita molto lunga. La semplice aritmetica lascia intuire che i giovani e le persone d’età media avranno problemi nel prendersi cura di gran parte della popolazione anziana. «Sto mettendo a punto una tecnologia che mi aiuterà quando sarò avanti con gli anni», conclude Matsui. «è come farsi un’assicurazione integrativa per la vecchiaia». Charles C. Mann

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