Svolta green, l’Italia è in pole position

Un alto afflusso di brevetti dedicati alla decarbonizzazione promette un futuro in cui la tecnologia sarà dalla parte del clima. E l’Europa e l’Italia stanno svolgendo un ruolo fondamentale

di Lisa Ovi

Una cosa è chiara. Le scelte che faremo in questo decennio saranno fondamentali per riuscire ad avere un impatto positivo sul cambiamento climatico.

In occasione dell’ultima conferenza sul clima dell’ONU, la COP26, è stato raggiunto un accordo non solo sulla necessità di ridurre le emissioni responsabili dell’attuale crisi, ma anche di proteggere foreste, ecosistemi e biodiversità. Che si tratti di realizzare la transizione energetica entro metà secolo, monitorare lo stato di salute di cittadini ed ambiente o implementare politiche economiche circolari, è fondamentale poter contare sull’innovazione tecnologica.

Servono nuove tecnologie

Molte delle tecnologie necessarie alla decarbonizzazione, come i sistemi di sequestro del carbonio, devono ancora raggiungere il grado di efficienza che ne permetterà l’impiego su ampia scala. Sappiamo avviare una produzione di energia rinnovabile a prezzi accessibili su larga scala, ma ancora non basta ad eliminare ogni traccia dei combustibili fossili da settori come industria, costruzioni, aviazione e spedizioni a lungo raggio.

Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, anche quelli europei dichiarati insufficienti dalla International Energy Agency, servono investimenti pubblici e privati. Ogni azienda, ogni società finanziaria, ogni banca, assicuratore e investitore dovrà cambiare. Ogni cittadino dovrà avere accesso a strumenti che permettano di fare scelte sostenibili.

Una mappa sul futuro della tecnologia

Una buona notizia viene dall’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO), dove si segnala grande entusiasmo per l’argomento clima tra startup, organizzazioni non profit e aziende di ogni dimensione. In un rapporto pubblicato l’anno scorso congiuntamente con l’International Energy Agency, l’ufficio brevetti europeo forniva uno studio completo sulle tendenze dell’innovazione nel sistema energetico, in particolare le tecnologie a basse emissioni di carbonio (LCE).

Scoprire quali brevetti vengono depositati offre preziose informazioni sulle tecnologie emergenti e sull’evoluzione dei mercati.

È necessario accelerare

Tanto per cominciare, il rapporto evidenzia, nel campo delle tecnologie a basse emissioni, un’attività brevettuale in continua crescita dal 2017, a fronte di un calo speculare nel numero di brevetti dedicati alla tecnologia dei combustibili fossili. Ciononostante, dal 2017 in poi, il tasso di crescita annuale si è ridotto al 3,3%, quando si attestava attorno al 12,5% nel periodo 2000-2013. Bisogna riprendere velocità.

È anche importante notare che, secondo il rapporto, la maggior parte dell’attività di brevettazione degli ultimi anni (54% nel 2019) è legata a tecnologie abilitanti e di uso finale, piuttosto che alla fornitura di energia a basse emissioni di carbonio. Si tratta di batterie, reti intelligenti, sistemi di sequestro e utilizzo del carbonio, tutte tecnologie necessarie al sostegno di reti elettriche sempre più alimentate da energie rinnovabili. Non a caso, l’attività di brevetto per le tecnologie abilitanti è aumentata dal 21% del 2010 al 31% del 2019.

Protagonisti i veicoli elettrici

Degna di nota la categoria dell’idrogeno. Il numero di brevetti depositati per lo sviluppo di tecnologie all’idrogeno è quasi raddoppiato dal periodo 2000-2004 al periodo 2005-2009 e ci si aspetta che continui a crescere. Ma il vero protagonista è il settore dei trasporti elettrici. Il rapporto dedica addirittura un capitolo a parte ai brevetti sui veicoli elettrici.

Nel complesso, l’Europa domina la maggior parte dei settori delle energie rinnovabili, seguita da Giappone e Stati Uniti, per un totale di oltre tre quarti di tutti i brevetti generati nel mondo tra il 2000 e il 2019. Nella classifica dei paesi che depositano più brevetti, l’Italia si piazza quarta in Europa e nona nel mondo, in buona parte grazie alla sinergia esistente tra investimenti pubblici e privati.

L’Italia è una fucina di brevetti: FIAT e Eni staccano tutti

Il piano di transizione formulato dal governo italiano, infatti, è tra i più ambiziosi, puntando a produrre da fonti rinnovabili il 30% del consumo totale di energia e il 55% della produzione di elettricità. Il paese è avvantaggiato dall’impegno sul fronte dell’innovazione di realtà private d’eccellenza quali Fiat Chrysler (251 famiglie di brevetti internazionali), Eni (167), Leonardo (59), Magneti Marelli (59) e Sind International (58). Punti di forza italiani sono solare termico, geotermica, combustione, costruzioni e trasporto ferroviario. Il 7,6% di tutti i brevetti italiani è dedicato all’energia pulita, con un tasso di crescita annuo nel numero di brevetti depositati che si è attestato attorno al 7% tra il 2000 e il 2019.

Il successo della transizione energetica dipenderà dall’impegno dei leader tecnologici, supportati dal politiche favorevoli alla realizzazione di una nuova economia sostenibile e circolare. L’immissione sul mercato di nuove soluzioni tecnologiche ha il potenziale non solo di condurre la società umana verso la decarbonizzazione, ma anche di ridurre i costi della lotta al cambiamento climatico.

(lo)

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