Sintesi fotovoltaica a pellicola plasmonica

Le nanoparticelle migliorano le prospettive dell’energia solare

di Bob Johnstone

Nel 1995, dopo aver conseguito la laurea in Fisica, Kylie Catchpole decise di avventurarsi in un settore che era pressoché moribondo: il fotovoltaico. «Avevo la sensazione che non sarei riuscita neanche a trovare lavoro», ricorda Catchpole. Ma il rischio pagò. Nel 2006 Catchpole, durante il suo periodo di postdottorato, scoprì qualcosa che aprì la strada alla produzione di celle solari a pellicola sottile decisamente più efficienti nel convertire la luce in elettricità. Si tratta di un progresso che potrebbe rendere l’energia solare più competitiva rispetto ai combustibili fossili.

Le celle solari a pellicola sottile, che sono costituite da materiali semiconduttori come il silicio amorfo o il tellururo di cadmio, sono più economiche da produrre rispetto alle tradizionali celle solari, che sono composte di fette di silicio cristallino costose e relativamente dure. Ma sono anche meno efficienti, perché se una cella è più sottile della lunghezza d’onda della luce in arrivo, che è lunga, questa luce avrà meno probabilità di essere assorbita e convertita. Con uno spessore di pochi micrometri, le celle a pellicola sottile assorbono solo debolmente le lunghezze d’onda nella parte dello spettro dell’infrarosso vicino: questa energia dunque viene persa. Il risultato è che i sistemi fotovoltaici a pellicola sottile convertono dall’8 al 12 per cento della luce in arrivo in elettricità, contro una percentuale che va dal 14 al 19 per cento dei sistemi con il silicio cristallino. Di conseguenza, sono necessarie installazioni più grandi per produrre la stessa quantità di elettricità, limitando la disponibilità di luoghi per il dispiegamento della tecnologia.

Catchpole, che è ora ricercatrice all’Australian National University, a Canberra, ha cominciato a occuparsi di questo problema nel 2002 all’Università del New South Wales, a Sidney. «Era il classico caso in cui si doveva riprendere in mano tutto dall’inizio; pensare un sistema completamente nuovo di produrre una cella solare», spiega Catchpole. «Mi avvicinai allora alla plasmonica, incuriosita dalle particolari proprietà ottiche dei metalli».

I plasmoni sono un tipo di onda che attraverso gli elettroni, eccitati da una luce incidente, raggiunge la superficie del metallo. Altri avevano provato a imbrigliare l’onda plasmonica per la produzione di sistemi fotovoltaici tradizionali al silicio più efficienti, ma nessuno aveva cercato di farlo con le celle solari a pellicola sottile. Catchpole scoprì che le nanoparticelle di argento da lei depositate sulla superficie di una cella solare di silicio a pellicola sottile, non riflettevano la luce che le colpiva direttamente, come sarebbe dovuto accadere con uno specchio. Invece, i plasmoni che si formavano sulla superficie delle particelle deviavano i fotoni in modo tale che rimbalzavano avanti e indietro all’interno della cella, permettendo l’assorbimento di lunghezze d’onda più lunghe.

Gli apparecchi sperimentali di Catchpole producono il 30 per cento in più di corrente elettrica delle tradizionali celle di silicio a pellicola sottile. Se Catchpole riuscirà a integrare la sua tecnologia delle nanoparticelle con i sistemi utilizzati per la produzione su larga scala commerciale di pellicole sottili, potrà modificare gli equilibri delle tecnologie adottate nelle celle solari. I sistemi fotovoltaici a pellicola sottile potrebbero non solo guadagnare fette di mercato (al momento coprono solo il 30 per cento del mercato negli Stati Uniti), ma sostenere anche la crescita complessiva dell’industria solare.

Finora il silicio ha lasciato spazio al tellururo di cadmio come materiale prescelto per le celle solari a pellicola sottile (First Solar, l’azienda leader di mercato, sta progettando impianti solari ad alta potenza che utilizzeranno una tecnologia a pellicola sottile di tellururo di cadmio per produrre tanta elettricità quanto le centrali elettriche tradizionali). Ma il tellurio è un materiale raro e gli esperti si chiedono se potrà sostenere progetti così ambiziosi. «Non c’è abbastanza tellurio per cambiare profondamente il modo in cui si produce l’energia nel mondo», sostiene Catchpole. «Il silicio è la strada da perseguire».

Catchpole è stata avvicinata da diverse aziende, ma preferisce mettere a punto la sua tecnologia prima di commercializzarla. Nel frattempo, alcuni ricercatori della Swinburne University of Technology, a Melbourne, stanno collaborando con Suntech Power, uno dei maggiori produttori di celle solari di silicio, per la produzione di celle di silicio a pellicola sottile plasmonica. Si prevede che i sistemi fotovoltaici a pellicola plasmonica saranno disponibili entro quattro anni.

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