Per Gazprom l’Europa resta un partner imprescindibile, ma serve avere un mercato alternativo
di Giampaolo Tarantino – Linkiesta
Vladimir Putin stringe la mano ad Alexei Miller, Ceo di Gazprom, sotto gli occhi del presidente cinese Xi Jinping (Alexey Druzhinin/ Getty Images)
I cinesi pomperanno il metano russo nella loro vorace crescita economica. Adesso l’Europa occidentale deve temere di finire al freddo perché il gas della Russia sarà venduto in Cina? è bene cominciare da qui per capire il significato e le conseguenze, importantissime, del mega-accordo che Mosca e Pechino hanno raggiunto per la fornitura di 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno per i prossimi trent’anni (qui tutti i dati nello speciale de Linkiesta).
Per Gazprom, il colosso dell’energia direttamente controllato dal Cremlino, l’Europa resta imprescindibile. Il nuovo accordo prevede che Mosca venderà a Pechino una quantità di gas pari a un terzo delle esportazioni destinate all’Europa. Inoltre, il gas per i cinesi sarà estratto in Siberia orientale, quello destinato al mercato europeo proviene dai giacimenti della Siberia occidentale.
«La Russia ha abbastanza gas per tutti. Per di più, i giacimenti per il mercato cinese non sono gli stessi che servono i mercati europei» , spiega a Linkiesta, Matteo Verda, ricercatore presso l’Ispi e l’Università di Pavia. «La questione sono solo gli investimenti. Ci vogliono capitali e soprattutto adeguati impegni contrattuali di lungo periodo, che giustifichino lo sviluppo delle infrastrutture. Quelli che gli europei hanno garantito alla Russia per decenni e che ora qualcun altro è in grado di fornire». La strettissima relazione energetica tra Gazprom e l’Europa rischia di diventare meno solida anche a causa della crisi Ucraina. Il governo di Kiev, in crisi da mesi e a corto di risorse finanziarie, avrebbe dovuto versare circa 1,5 miliardi di euro entro il 29 maggio. Poi i russi hanno deciso di essere più accomodanti.
Il 2 giugno, Gazprom ha fatto sapere che l’Ucraina ha pagato la prima tranche per la fornitura di gas pari a 786 milioni di dollari (577 milioni di euro). In una dichiarazione ufficiale dell’amministratore delegato Alexey Miller si legge che, quindi, il regime di pre-pagamento è rimandato al prossimo 9 di giugno. Nonostante questo passo in avanti, resta la complicatissima questione del prezzo praticato a Kiev. Gli ucraini devono fare i conti con un bolletta del gas quasi raddoppiata. Mosca vuole 485 dollari ogni 1.000 metri cubi, uno dei prezzi più alti sul mercato europeo.
Il giorno stesso dell’accordo tra Mosca e Pechino il presidente della Commissione Josè Barroso ha scritto una lettera al presidente della Federazione russa Vladimir Putin. «La fornitura di gas all’Europa non deve essere interrotta, conto sulla Russia perchè mantenga i suoi impegni, è responsabilità di Gazprom assicurare le consegne di gas come stabilito dai contratti con le società Ue». Barroso ha ricordato al presidente russo che «la Ue si aspetta che la Russia attivi un sistema di allerta» e che «avverta con largo anticipo semmai le forniture dovessero subire interruzioni». La Ue «si aspetta che tutte le parti restino affidabili fornitori e partner di transito, perchè è anche nel loro interesse».
Gazprom non ha intenzione di abbandonare l’Europa. Non può permetterselo. Il mercato del Vecchio continente è il secondo a livello mondiale, il primo per Gazprom. Quindi, è il pilastro delle attività del colosso energetico russo. Nonostante i contrasti tra la Commissione europea e la major guidata da Miller (nel 2012 Bruxelles ha aperto un procedimento per abuso di posizione dominante e sospetta che Gazprom abbia messo in atto pratiche anticoncorrenziali) quasi un quarto del mercato del gas europeo è della Russia. (vedi anche “L’irresistibile nascita di Eurasia“)
La costruzione del South Stream, il gasdotto che deve trasportare il metano russo aggirando l’Ucraina, dovrebbe cominciare entro il 2015 rafforzando ulteriormente i legami con i consumatori europei. A partire dal 1999, quando è stato avviato il gas dotto che attraversa Bielorussia e Polonia per trasportare il gas russo in Europa, Gazprom ha perseguito con forza l’obiettivo di consolidare la presenza sui mercati del Vecchio continente. Tuttavia, come segnalano le statistiche, lo scenario energetico mondiale si sta modificando. Secondo le stime dell’Asian Development Bank nel 2035 il consumo di energia dei Paesi asiatici aumenterà del 51 per cento. Per questo Gazprom guarda ad Est. Per diversificare, puntando verso nuovi mercati in espansione, come quello cinese.
Per collegare i giacimenti siberiani con la Cina, Gazprom è pronta ad accollarsi la costruzione di quattromila chilometri di nuovi gasdotti, una super rete di tubi chiamata Gts. Il gioco vale la candela visto che i cinesi sono i principali consumatori di energia e sono pronti ad aumentare le importazioni russe del 20 per cento.
I negoziati tra Cina e Russia si sono trascinati, tra non poche difficoltà, per dieci anni. Era già previsto che la chiusura della trattive sarebbe arrivata entro la fine di maggio. Tuttavia, è ipotizzabile che la crisi ucraina abbia avuto un certo peso nell’accelerare le ultimissime fasi della negoziazione. Tra la “minaccia” dello shale gas americano, la riduzione dei consumi energetici in Europa a causa della crisi e il Pacchetto clima-energia per il 2030 della Commissione Ue, Putin vuole essere sicuro di avere una reale alternativa all’Europa che, comunque resterà il primo mercato della Russia anche nei prossimi anni.
Secondo Verda, la questione ucraina «senza dubbio ha accelerato gli eventi. Putin aveva bisogno di portare a casa un segnale politico chiaro. La Russia non è isolata e non ha un tavolo solo su cui giocare. Detto questo, il raggiungimento di un’intesa era in ogni caso solo questione di tempo: la Russia ha le riserve, la Cina una domanda in crescita». Mikhail Korchemkin, analista dell’Est european gas analaysis è più drastico. A Foreign Policy ha detto che «i cinesi hanno molte alternative, la Russia non ne ha nessuna», per questo Putin ha dovuto chiudere adesso il contratto con la Cina. Per dimostrare all’Unione europea di avere un altro mercato di sbocco.
La crisi in Crimea ha certamente dato al Cremlino una motivazione in più per chiudere il contratto con i cinesi ma non è il motivo principale che spinge la Russia a puntare sull’Est. Mosca ha cominciato a guardare verso Oriente già nel 1997, quando Gazprom approcciò i cinesi per la prima volta. Nel 2010 il Cremlino espose la strategia energia per i due decenni successivi spiegando chiaramente che l’Asia sarebbe diventata fondamentale nel piano strategico di esportazione degli idrocarburi (vedi anche “Russia-Cina, il nuovo fronte del gas“).
(MO)