Il punto della situazione sulla ricerca nel settore delle interfacce cervello-computer.
di Antonio Regalado
In una saletta di una struttura infermieristica specializzata a Menlo Park, in California, i ricercatori stanno testando la prossima evoluzione dell’interfaccia del computer all’interno della materia soffice della corteccia motoria di Dennis DeGray, rimasto paralizzato dal collo in giù a causa di una caduta mentre portava fuori la spazzatura.
Ma DeGray è un virtuoso nell’utilizzare il cervello come il mouse di un computer. Negli ultimi cinque anni ha partecipato a BrainGate, una serie di studi clinici in cui i chirurghi hanno inserito sonde di silicio delle dimensioni di un’aspirina per bambini nel cervello di oltre 20 persone paralizzate. Grazie a queste interfacce cervello-computer, i ricercatori possono misurare l’attivazione di dozzine di neuroni quando le persone pensano di muovere le braccia e le mani. E inviando questi segnali a un computer, gli scienziati hanno permesso a chi è dotato di simili impianti di afferrare oggetti con braccia robotiche e guidare aerei con simulatori di volo.
DeGray è il “dattilografo cerebrale” più veloce del mondo. Ha stabilito il record per la prima volta quattro anni fa, usando i suoi segnali cerebrali per vagare su una tastiera virtuale con un cursore punta e clicca. Selezionando le lettere su uno schermo, ha raggiunto una velocità di otto parole corrette in un minuto. Poi, proprio prima dell’inizio della pandemia di covid-19, ha demolito il proprio record, usando una nuova tecnica in cui immaginava di scrivere lettere a mano su carta a righe. Con quest’approccio, è arrivato a 18 parole al minuto.
Una delle persone responsabili degli studi con DeGray è Krishna Shenoy, neuroscienziato e ingegnere elettrico della Stanford University che è tra i leader del progetto BrainGate. Mentre altri ricercatori dell’interfaccia cerebrale hanno conquistato le luci della ribalta con dimostrazioni più spettacolari, il gruppo di Shenoy è rimasto concentrato sulla creazione di un’interfaccia pratica che i pazienti paralizzati possano utilizzare per le interazioni quotidiane con il computer. “All’inizio ci chiedevano di poter utilizzare un braccio robotico”, dice Shenoy, ” Ma con il nostro sistema si può utilizzare Gmail, navigare sul Web e riprodurre musica”.
Shenoy afferma che sta sviluppando la tecnologia per le persone che ne hanno più bisogno, come i pazienti che sono completamente bloccati e incapaci di parlare e chi si trova nella fase terminale della SLA. Ma se la tecnologia consente a persone come DeGray di collegare il proprio cervello direttamente a un computer, perché non estendere questa capacità agli altri? Nel 2016, Elon Musk ha avviato un’azienda chiamata Neuralink che ha iniziato a sviluppare una “macchina da cucire” neurale che presto installerà aggiornamenti direttamente nel cervello umano per tenere il passo con l’intelligenza artificiale.
Lo stesso mese in cui Neuralink ha reso pubblici i suoi piani, Facebook ha annunciato che avrebbe sviluppato un casco per la lettura del cervello “non invasivo” per tradurre i pensieri in post sui social media. Quello che è seguito è stato un enorme afflusso di investimenti in interfacce cerebrali di ogni tipo, inclusi lettori EEG, fasce magnetiche e nuovi tipi di sonde impiantate ad alta densità in grado di misurare segnali da decine di migliaia di neuroni alla volta.
Più di 300 milioni di dollari sono stati raccolti da queste aziende negli ultimi 12 mesi, anche se Facebook quest’anno ha abbandonato la sua ricerca, stabilendo che un casco per la lettura del cervello non sarà un modo fattibile per inviare messaggi per anni. “Elon ha modificato completamente la situazione e ha attirato il mondo del capitale di rischio”, afferma Shenoy. “Ora ci sono risorse quasi infinite”.
Il denaro arriva con un problema, però. Ricercatori medici come Shenoy vogliono aiutare i casi disperati, ma gli imprenditori sono interessati alla prossima interfaccia per tutti. Musk ha affermato di puntare a impianti cerebrali che sarebbero disponibili per qualsiasi consumatore che ne desideri uno: Neuralink ha persino progettato un’elegante sedia chirurgica bianca dove immagina che le persone si siedano per una procedura di impianto di routine di 30 minuti.
Shenoy, che è un consulente retribuito di Neuralink, mi ha detto che sta vivendo un paradosso scientifico. È contrario agli impianti cerebrali per i consumatori; si preoccupa di tutto, dal loro impatto sulla disuguaglianza (e se solo alcune persone possono permetterselo?) alle conseguenze del collegamento diretto del cervello delle persone ai social media. Ma ha fatto un patto faustiano lavorando con Neuralink, che sta portando le risorse necessarie per commercializzare un’interfaccia che, almeno all’inizio, promette benefici per le persone paralizzate.
La scimmia che giocava a pong
Neuralink comunica con il pubblico principalmente attraverso rappresentazioni “teatrali”. L’ultima, risalente ad aprile del 2021, mostrava una scimmia rhesus di nome Pager che giocava con la mente al videogioco Pong. La dimostrazione ha portato a una risposta entusiasta sui social media, oltre a una causa da parte di attivisti per i diritti degli animali, ma l’idea non era nuova. Un partecipante a BrainGate di nome Matt Nagle aveva giocato contro il direttore di “Wired” nel 2005.
Il vero progresso compiuto da Neuralink è stato qualcosa di non visibile nel video: l’impianto stesso. I progettisti di chip dell’azienda hanno costruito un disco delle dimensioni di un tappo di bottiglia, contenente processori e una radio wireless, che si collega agli elettrodi cuciti nella corteccia della scimmia. Il disco giace a filo con il cranio della scimmia ed è ricoperto di pelle, conferendo all’impianto un’impronta più pratica rispetto ai cavi che sporgono dalla testa di DeGray.
In un post sul blog, Neuralink ha affermato che il gioco del Pong era solo una dimostrazione e ha anche spiegato per la prima volta per cosa sarebbe stato utilizzato il suo impianto, almeno nel breve termine. Si legge: “Il nostro primo obiettivo è restituire alle persone paralizzate la loro libertà digitale: comunicare più facilmente tramite testo, seguire la loro curiosità sul web, esprimere la loro creatività attraverso la fotografia e l’arte e, sì, giocare ai videogiochi”. Un ingegnere di Neuralink in seguito ha dichiarato a IEEE Spectrum che l’azienda aveva l’obiettivo specifico di battere il record di comunicazione cerebrale di DeGray.
Ma i piani a lungo termine di Musk sono altrettanto chiari. Nella sua visione ritiene che il cervello umano debba essere collegato direttamente a telefoni, computer e applicazioni. Si potrebbero eseguire ricerche su Google direttamente dal cervello. Oppure si può persino immaginare di connettersi alla mente di qualcun altro, vedere e ascoltare ciò che sta pensando l’altra persona.
Musk dice che tutto questo fa parte di una strategia per compensare i rischi esistenziali di chi pensa a uno scenario futuro in cui l’intelligenza artificiale decide di spazzare via l’umanità, in stile Terminator. La sua opinione è che per prevenire un tale risultato, gli esseri umani dovrebbero diventare cyborg e fondersi con l’AI. “Se non li puoi battere, unisciti a loro”, ha twittato Musk nel luglio del 2020, presentando la frase come una “dichiarazione di missione di Neuralink”.
Neuralink afferma che il suo obiettivo finale è “creare un’intera interfaccia cerebrale in grado di connettere più strettamente l’intelligenza biologica e artificiale”. Tecnologicamente, raggiungere questo obiettivo significa sviluppare una connessione cervello-computer ad alta larghezza di banda in grado di attingere a migliaia o milioni di neuroni contemporaneamente.
La tecnologia non c’è ancora. Il sistema utilizzato su DeGray si basa su 100 elettrodi contemporaneamente. In generale, gli impianti cerebrali utilizzano ciascun elettrodo per ascoltare un neurone. L’impianto N1 di Neuralink si affida a 1.024 elettrodi che giacciono lungo sottili fili metallici; ciò significa che sta ascoltando circa un migliaio di neuroni. E finora è stato testato solo su scimmie e maiali.
Quando si tratta di impianti di consumo installati tramite chirurgia cerebrale elettiva, le autorità di regolamentazione, l’opinione pubblica e persino i medici possono mettersi di traverso. Nel 2016, un sondaggio di Pew Research ha rilevato che il 69 per cento degli americani era molto o in qualche modo preoccupato per la prospettiva di chip cerebrali che offrissero una migliore capacità di concentrazione o elaborazione delle informazioni. Secondo Pew, questa opposizione era fortemente correlata alla paura della “perdita del controllo umano”.
I neurochirurghi avranno bisogno di essere convincenti prima di praticare fori nella testa di persone sane. Jaimie Henderson, il neurochirurgo di Stanford che ha inserito gli impianti di DeGray e conduce il progetto con Shenoy, afferma di ritenere che i piccoli impianti eseguiti con un trauma minimo siano “relativamente a basso rischio”, con una probabilità dal 3 al 5 per cento di contrarre un’infezione. Per migliorare la vita di una persona gravemente disabile, il rischio è accettabile, ma la domanda è se le persone sane traggano sufficienti guadagni da un mouse per computer impiantato per compensare i pericoli, anche se sono piccoli.
“Non mi è chiaro quali benefici potrebbero ottenere le persone da qualsiasi sistema di interfaccia cervello-computer attuale”, afferma Henderson. “Il nostro obiettivo è stato quello di cercare di ripristinare la funzione per le persone che l’hanno persa, nel miglior modo possibile, non di fornire una sorta di capacità ‘sovrumana’”.
Tuttavia, Shenoy è stato uno dei tanti scienziati accademici che mi ha detto di ritenere che gli impianti cerebrali per i consumatori saranno possibili. Un numero sufficiente di soggetti come DeGray ha convissuto per anni con gli impianti, con poche controindicazioni, e stanno ottenendo un’utile padronanza del mouse cerebrale. “Dal punto di vista tecnologico non vedo barriere. Non l’avrei detto 10 anni fa e forse non l’avrei detto cinque anni fa”, afferma Shenoy.
Per alcuni, una tale interfaccia è intrigante a causa dell’enorme quantità di tempo che ora trascorriamo sui telefoni, giocando ai videogiochi, ascoltando podcast o scorrendo i social media. Questo fenomeno sta spingendo gli investimenti per trovare nuovi modi di interfacciarsi con il cervello, dice Nita Farahany, professore di diritto alla Duke University che sta scrivendo un libro sulla neurotecnologia dei consumatori.
“Quando ci si chiede perché aziende apparentemente disparate stanno investendo, la risposta è che non è folle pensare che qualcuno voglia usare il cervello come controller, invece di un mouse o un joystick”, afferma Farahany. “Potremmo essere di fronte alla prossima rivoluzione nell’interfaccia del computer”.
Nathan Copeland è un’altra persona paralizzata che vive con un impianto cerebrale e partecipa a uno studio a Pittsburgh. L’anno scorso è stato il primo a collegarsi con il cervello a un tablet a casa, non come parte di una sessione scientifica (normalmente ci vuole una piccola squadra di operatori sanitari in un ambiente clinico). Copeland mi ha detto che all’inizio usava il dispositivo otto ore al giorno, giocava ai videogiochi e usava programmi di grafica. In seguito si è stancato: il suo tablet è un dispositivo medico che utilizza una versione precedente di Windows e la sua batteria non dura a lungo.
Un prodotto per tutti
Delle circa 35 persone che hanno ricevuto un impianto cerebrale a lungo termine per interfacciarsi con un computer, 29 di loro, incluso DeGray, hanno impianti di elettrodi costruiti da Blackrock Neurotech, un’azienda con sede a Salt Lake City. L’impianto, chiamato Utah array, è un quadrato di silicio con 100 piccoli aghi, che viene collocato sulla superficie del cervello. Blackrock vende principalmente sistemi ai ricercatori che sperimentano sugli animali, ma poiché gli investitori si sono riversati sugli impianti, gli osservatori hanno talvolta chiamato Blackrock e Neuralink il Lyft e l’Uber delle interfacce cerebrali.
Il presidente di Blackrock, un ingegnere elettronico di nome Florian Solzbacher, pensa che sia il momento giusto per portare avanti gli impianti per le persone paralizzate. “Si potrebbe obiettare che è pur sempre un intervento chirurgico, ma in realtà non abbiamo riscontrato alcun timore al riguardo”, spiega. “Ogni volta che viene prodotto un video di qualcuno che controlla un robot o mangia un Twinkie con una mano robotica, dice Solzbacher, ricevo chiamate da persone paralizzate che si chiedono quando potrebbe essere disponibile un prodotto commerciale”. Solo di recente, però, si è azzardato a dire che presto sarà possibile.
I tempi si sono accorciati grazie a diversi fattori, incluso lo sviluppo di una versione wireless dell’hardware BrainGate. Invece dei cavi, i soggetti hanno un trasmettitore wireless delle dimensioni di un disco da hockey avvitato all’ingresso del cervello. Nulla di simile all’elettronica compatta ed elegante di Neuralink, ma funziona. Solzbacher afferma che la sua azienda intende chiedere l’approvazione per vendere il proprio sistema wireless migliorato a persone con SLA o grave paralisi.
Solzbacher afferma che la digitazione di DeGray indica il potenziale della tecnologia: per esempio, può battere le parole molto più velocemente di chiunque utilizzi una fascia EEG. “Ciò significa che si va a una velocità superiore di 10 volte a qualsiasi altro prodotto”, aggiunge. “Ora si può iniziare a essere produttivi e avere prestazioni simili a quelle di una persona abile”.
Tuttavia, i finanziatori di Solzbacher non sono solo interessati ad aiutare le persone paralizzate. Quest’anno la sua azienda ha raccolto 10 milioni di dollari da investitori tra cui il miliardario tedesco Christian Angermayer, che investe ampiamente in sostanze psichedeliche, trattamenti per la longevità e salute mentale. In un tweet, Angermayer non ha lasciato dubbi sul fatto che l’obiettivo finale sia utilizzare il cervello come mouse: “È fondamentalmente un dispositivo di input-output per il cervello e può avvantaggiare tutti. Credo che Blackrock permetterà di creare anche opere d’arte”.
Solzbacher afferma che per ora nessuno dei piani o delle proiezioni interne di Blackrock coinvolge gli impianti cerebrali per i consumatori. Tuttavia, riconosce che potrebbe accadere: “Ritengo che una parte della società potrebbe davvero volerlo e non c’è niente di sbagliato in loro”. Ho chiesto a Solzbacher se una persona senza lesioni avesse mai richiesto un dispositivo del genere. La sua risposta è stata negativa.
La realtà mista
Robert “Buz” Chmielewski era concentrato e, a causa di uno schermo, non riusciva a vedere quale dei due palloni da calcio giocattolo era nella mano robotica che stava controllando. Usando i suoi pensieri, Chmielewski ha chiuso la mano di plastica e metallo e ha stretto la palla. “Palla rosa”, ha risposto. Quando il ricercatore l’ha scambiata con un’altra palla più rigida, Chmielewski ha potuto percepire il cambiamento e ha detto:”Palla nera”.
Chmielewski, 50 anni, si è fatto impiantare i suoi microelettrodi nel 2019, 30 anni dopo che un incidente di surf a Ocean City, nel Maryland, lo ha lasciato su una sedia a rotelle. Durante i due anni di durata dell’esperimento, gli sono stati inseriti più impianti di qualsiasi altro paziente, per un totale di sei, in entrambi gli emisferi del cervello. Per questo motivo, è stato in grado di controllare due bracci robotici contemporaneamente. Inoltre, tre delle sonde poste nella sua corteccia sensomotoria hanno inviato segnali al cervello, permettendogli di ricevere informazioni tattili dai robot.
Chmielewski ha partecipato a un progetto presso l’Applied Physics Laboratory della Johns Hopkins University che sta testando nuove forme di percezione. Ha anche provato il visore Microsoft HoloLens e ha usato il suo senso del tatto virtuale per disporre i blocchi nello spazio virtuale. “Se mi avessero detto tre anni fa che avrei controllato le cose con i miei pensieri, avrei pensato di trovarmi di fronte a un pazzo”, ha detto Chmielewski durante una recente presentazione online. “Alcune delle applicazioni su cui stiamo lavorando mi hanno lasciato senza fiato”.
Il responsabile del programma Human and Machine Intelligence è Michael Wolmetz. A suo parere, le dimostrazioni sono un assaggio di cambiamenti “fondamentali” nell’interazione uomo-computer, in particolare il concetto di “realtà mista”. Gli esperimenti nello spazio virtuale suggeriscono come le persone senza disabilità potrebbero sperimentare i mondi dei computer attraverso le interfacce cerebrali, rendendo il progetto APL una delle esplorazioni più esplicite di come tale tecnologia potrebbe portare al miglioramento umano.
“Per tutta la storia biologica, l’unico modo in cui abbiamo interagito con l’ambiente è con i sensi e la funzione motoria. Per la prima volta, abbiamo la possibilità di uscire da questo paradigma”, sostiene Wolmetz, che non sa se le interfacce cerebrali impiantate chirurgicamente saranno mai diffuse su larga scala, ma considera questi dispositivi una “anteprima” di come i consumatori potrebbero utilizzare futuri sistemi non invasivi come elmetti o fasce per la lettura del cervello, se ne venissero sviluppati di precisi.
Alcuni vogliono che il cervello funzioni non solo da mouse del computer, ma da intera interfaccia, incluso lo schermo, o qualunque cosa sostituisca uno schermo. Uno di questi è Max Hodak, l’ex presidente di Neuralink. È stato licenziato da Musk a marzo – non è chiaro il motivo – ma ha rapidamente formato una nuova azienda, chiamata Science Corp., con il sostegno finanziario del miliardario Jed McCaleb, esperto di criptovalute. Hodak dice che ha in programma di sviluppare un nuovo tipo di impianto che poggia sulla retina e può inviare informazioni alla corteccia visiva nella parte posteriore del cervello.
Inizialmente la nuova azienda di Hodak cercherà di aiutare le persone come suo nonno, che ha perso la vista a causa di una malattia della retina. Ma l’ambizione più grande è quella di creare un dispositivo in grado di produrre immagini anche negli occhi delle persone sane. “Potrebbe essere solo lo schermo di un computer apparentemente solido, ma semplicemente fluttuante di fronte alla persona”, dice. “Con gli occhi aperti, si vedrebbe il mondo degli atomi. Con gli occhi chiusi apparirebbe il mondo dei bit”.
I problemi etici
Prima che Musk e i venture capitalist arrivassero sulla scena, la DARPA, un’agenzia di ricerca e sviluppo del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, era il più grande finanziatore al mondo della ricerca sull’interfaccia cerebrale. Andy Schwartz, un ricercatore dell’Università di Pittsburgh, mi ha detto di essere convinto che l’attrazione dei militari per la tecnologia fosse legata a un film di Clint Eastwood del 1982, Firefox, in cui si cercava di catturare un MiG sovietico controllato dal pensiero.
Anche John Donoghue, professore alla Brown University e uno dei fondatori di BrainGate, è preoccupato per l'”atmosfera da circo” attorno agli impianti cerebrali. Da bambino ha trascorso un periodo su una sedia a rotelle, motivo per cui ha perseguito l’obiettivo di ripristinare il movimento delle persone paralizzate. Donoghue dubita che gli impianti forniranno superpoteri o permetteranno, per esempio, di imparare una lingua al volo. Il cervello si è evoluto per ricevere e inviare informazioni alla velocità con cui lo fa, non alla velocità di un cavo Ethernet.
Ma altri credono che la lettura e il controllo della mente siano pericoli crescenti. Nel 2017, lo stesso anno in cui sono stati svelati i piani per l’interfaccia cerebrale di Neuralink e Facebook, un gruppo di ricercatori che si fa chiamare Morningside Group ha pubblicato un manifesto sulla rivista “Nature”, in cui si metteva in guardia su una “convergenza” tra la tecnologia del cervello e i progressi dell’intelligenza artificiale.
Il gruppo si è formato su sollecitazione di Rafael Yuste, un neuroscienziato della Columbia University, che si è allarmato per gli esperimenti nel suo laboratorio, in cui non solo poteva leggere dal centro visivo di un cervello di topo, ma anche usare un laser per far percepire all’animale cose che non c’erano. “Avevamo il controllo sulle percezioni visive dei topi e potevamo gestirli come marionette”, afferma.
Yuste tiene un elenco di esperimenti che secondo lui indicano come la neurotecnologia possa compromettere l’autonomia umana. Per esempio, il lavoro di Jack Gallant, in California, che ha utilizzato scanner MRI per dedurre quali immagini vedono le persone, poi quello dello scienziato che ha cablato il cervello di una scimmia per controllare il braccio di un’altra scimmia, chiamandone una il “maestro” e l’altra il suo “avatar”.
La paura fondamentale è che tutto ciò che è negativo su Internet – disinformazione, hacker malintenzionati, controllo governativo, manipolazione aziendale, molestie – potrebbe peggiorare se la tecnologia dovesse violare quella che il Morningside Group chiama “l’ultima frontiera della privacy” e conoscere i nostri pensieri . A maggio, Yuste ha ospitato un raduno online di esperti di etica e imprenditori neurotecnologici per discutere della progettazione responsabile dell’interfaccia neurale.
Diversi partecipanti hanno affermato di ritenere che fosse necessario stabilire regole prima che diventi possibile raccogliere facilmente informazioni sul cervello. “Non vogliamo passare attraverso questo ciclo di grandi aziende che raccolgono dati per trarre profitto, violano le regole e poi, alla fine, chiedere perdono”, ha detto nel suo intervento Ryan Field, CTO di Kernel, che sta sviluppando un auricolare non invasivo per leggere l’attività del cervello.
Yuste vuole regole sulla privacy molto più severe di quelle che regolano i dati Internet o gli iPhone. Vorrebbe vedere i dati del cervello trattati alla stregua degli organi trapiantati, accuratamente monitorati e con il divieto di qualsiasi scopo di lucro. “Come minimo”, sostiene, “i dati del cervello dovrebbero essere protetti come le informazioni mediche”. “Inoltre”, aggiunge, “ai militari dovrebbe essere vietato l’uso di impianti cerebrali”.
Chi prende le decisioni?
In un certo senso, il campo delle interfacce cervello-computer sta già iniziando a realizzare il suo obiettivo più alto e la più grande paura di alcune persone: la fusione di esseri umani e intelligenza artificiale. Questo è certamente il caso dei volontari di ricerca come DeGray. Il ronzio dei suoi neuroni è interpretato da un software di intelligenza artificiale chiamato rete neurale ricorrente.
Ogni giorno che DeGray usa il suo impianto, inizia immaginando alcuni semplici movimenti, come disegnare un cerchio. La rete neurale che ascolta i suoi neuroni calibra quindi la mappa statistica che mette in relazione l’attività di ciascun neurone con il movimento. La maggior parte delle interfacce cervello-computer non utilizzerà solo software per interpretare i segnali cerebrali, ma anche per migliorarli: per esempio, i programmi potrebbero prevedere quale parola si sta cercando di scrivere sulla base delle prime lettere.
Ciò si traduce in quello che Solzbacher di Blackrock chiama “agenzia condivisa”, o prodotti che vengono selezionati in parte da una persona e in parte da una macchina. “Il fenomeno “, dice “è scientificamente interessante, ma pone anche una questione etica, nel senso che è difficile stabilire chi sta effettivamente prendendo le decisioni quando i sistemi si adattano”.
Attualmente, l’esperienza più vicina alla progettazione dell’esperienza dell’interfaccia cerebrale è l’esperimento condotto con DeGray in California. Più di recente, il team ha cercato di convincere DeGray a provare la dattilografia mentale. Se il software può tenere traccia dei movimenti che sta pensando di fare con le sue dita, si potrebbe aumentare ulteriormente la sua velocità di comunicazione. Il problema è che prima del suo incidente, DeGray non aveva pratica con la tastiera. Ora ne ha una di carta incollata sul soffitto sopra il suo letto così può esercitarsi a pensare alla digitazione.
Immagine di: Selman Design
(rp)