Un successo della microelettronica italiana
di Alessandro Ovi
In questi ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione nel rapporto tra tecnologia e utenza. Questo cambiamento può essere facilmente rappresentato dalla parola “interazione”. Sempre più ci siamo abituati a utilizzare strumenti capaci di percepire, analizzare e assecondare i nostri comportamenti: dagli smart phones in grado di identificare le sollecitazioni cui vengono sottoposti, alle consolles per videogiochi, capaci di riconoscere ed emulare i movimenti repentini dei giocatori.
Il merito di questa evoluzione può essere attribuito in gran parte alla interazione tra il mondo della elettronica dei microchip e quello della meccanica. Insomma, ai MEMS (Micro Electro Mechanical Systems), componenti nati già nel 1965 da una idea di Nathelson, ma che solo negli ultimi anni sono entrati in modo significativo nel mercato della microelettronica. La loro caratteristica è quella di sfruttare contemporaneamente le proprietà elettriche e quelle meccaniche del silicio.
Sono rimasti a lungo nell’ombra, utilizzati in mercati specifici come quello dell’automobile, per l’attivazione degli airbag o per la misurazione della pressione dei pneumatici, dove però non sono necessari né una miniaturizzazione spinta né livelli di risoluzione molto elevati. Oggi, invece, sono dovunque.
La loro “esplosione”, almeno nella percezione del grande pubblico, avviene in un primo momento con il videogioco Wii di Nintendo (2006) e poi con la grandissima diffusione dei nuovi prodotti Apple, dagli iPod agli iPhone, per la regolazione automatica orizzontale delle immagini sullo schermo e il riposizionamento delle mappe. Come le icone grafiche e il mouse hanno portato la rivoluzione nel mondo dei computer, così i MEMS hanno rivoluzionato l’uso dei cellulari e dei sistemi palmari. Oggi nessun produttore di smart phones, di tablet PC, di macchine fotografiche, può farne a meno. Il loro mercato ha iniziato a crescere in modo esponenziale.
Nella espansione all’interno di queste nuove tipologie di prodotto, che essi stessi hanno di fatto permesso di nascere e di svilupparsi, i MEMS si sviluppano secondo tre linee: diventano sempre più piccoli e potenti (i sensori di movimento si riducono fino a 2×2 mm di dimensione con assorbimenti di corrente bassissimi); permettono la integrazione in un solo package di diversi sensori (movimento, pressione, temperatura, campo magnetico); offrono soluzioni d’intelligenza integrata in grado di eseguire funzioni di elaborazione all’interno del chip, grazie alla integrazione di hardware e software. Diventano insomma sensori intelligenti e autonomi nel rapporto con diversi tipi di attuatori.
Già oggi il mercato è nell’ordine di grandezza del miliardo di dollari l’anno e non è difficile prevedere che la galoppata di questa nuova categoria di prodotti continuerà a lungo.
La società italo-francese STM è leader sia tecnologico sia di mercato (con oltre 50 per cento di market share e dimensioni doppie del secondo); la loro progettazione e la loro produzione sono tutte tra Castelletto, Agrate e Catania e anche il loro sviluppo futuro sarà tutto italiano. Tutto ciò non può che rallegrarci.
Promemoria dei MEMS
Per parlarne abbiamo incontrato ad Agrate, presso STM, due dei protagonisti del mondo MEMS: Bruno Murari (Scientific Advisor di STMicroelectronics), che li ha fatti nascere nei laboratori di Castelletto, e Benedetto Vigna (direttore generale MEMS, Sensori e Advanced Analog di STM), che li ha sviluppati verso un mercato di massa ad Agrate. Con loro anche Giampiero Meani (direttore generale Business Development), impegnato a immaginarne il loro futuro. Quelle che seguono sono parole loro.
La definizione più completa dei MEMS è quella di microsistemi, basati sostanzialmente sul silicio, dove però, a differenza dei tradizionali microchips, gli elettroni non sono la sola cosa a muoversi. Il mondo dei MEMS ha tante facce, ed è caratterizzato da combinazioni complesse di diversi tipologie di componenti. Membrane, mensole, masse sospese, fluidi sono i protagonisti delle loro parti micromeccaniche.
A grandi linee, i MEMS possono essere suddivisi in due categorie: attuatori e sensori.
Gli attuatori più conosciuti sono i microugelli per il getto di inchiostro, presenti nelle stampanti inkjet, e i microspecchi dei videoproiettori che utilizzano la tecnologia DLP.
Tra i sensori, i più comuni sono gli accelerometri, i sensori di pressione, i giroscopi, i microfoni.
Nel settore auto, per esempio, sensori inerziali sono nel cuore sia degli airbags sia dei VDC (Vehicle Dynamic Control); piccoli sensori di pressione controllano i pneumatici, per rendere attento chi guida alla loro sicurezza, e la pressione di iniezione della miscela aria/carburante nei motori, per ottimizzare i consumi.
Registriamo alcune date fondamentali, che marcano l’inizio del cammino di successo dei MEMS nelle automobili.
Nel 1974 i primi sensori di pressione compaiono nei sistemi di iniezione elettronica per misurare la pressione del flusso dell’aria.
Nel 1980 il governo americano rende obbligatoria la dotazione di airbags, e quindi dei relativi MEMS per la rivelazione della decelerazione improvvisa (20-70 G), in tutte le automobili costruite dopo il 1989. Così dal 1990, il numero degli accelerometri utilizzati comincia a crescere esponenzialmente. Alcuni costruttori decidono di collocare sensori MEMS in zone periferiche della vettura per una valutazione più accurata delle situazioni nelle quali attivare gli airbags.
Nel 1996 compaiono i primi VDC che, a differenza degli airbags, non sono sistemi passivi, ma attivi nella prevenzione degli incidenti, seguiti dagli ESC (Electronic Stability Control), che richiedono un accelerometro molto sensibile a bassi G e un giroscopio in ciascuna delle ruote, e informano chi guida sulla aderenza alla strada dei pneumatici in condizioni di ghiaccio e bagnato.
Nel 2006 la americana NTHSA (National Traffic Highway Safety Administration) rende obbligatoria l’installazione di ESC su tutte le auto, a partire dal 2012, e un simile obbligo sarà imposto alle auto in Europa dal 2013.
Poi venne il momento del gioco
La vera “epifania” dei MEMS è avvenuta nel 2006 con la prima applicazione alla industria dei videogiochi (Wii Nintendo), che ha combinato una radicale innovazione di “percezione” con un’altra altrettanto rivoluzionaria di tecnologia.
Il primo tipo di innovazione, quella percettiva, sta nello slogan “Giocare è credere”, che vuole portare alla immersione totale in un mondo virtuale con il quale si scambiano vere “sensazioni fisiche”. La seconda innovazione, di tipo tecnologico, consiste in un rivoluzionario microaccelerometro su tre assi, di basso costo, che è capace di percepire qualunque movimento nello spazio.
Nintendo, Sony e Microsoft erano i grandi protagonisti nel mercato dei videogiochi da 30 miliardi di dollari l’anno. Dopo una leadership iniziale, Nintendo era stata superata da Microsoft e Sony sul fronte dell’alta definizione delle immagini, della potenza di calcolo e quindi della complessità e della grafica dei giochi. Nintendo decise di spostare la battaglia nei confronti dei giocatori, offrendo esperienze fisiche vere e proprie, che potessero essere percepite non solo tramite un mouse o un joystik, ma con tutto il corpo, trasferendo sullo schermo movimenti reali, soprattutto di sport.
Dopo Wii, un altro successo straordinario: quello nel settore della telefonia mobile, con la famiglia Apple di iPhone, e iTouch. Ciascuno di questi oggetti “rivoluzionari” contiene un accelerometro MEMS come punto nevralgico della interfaccia con l’utente, che permette di eseguire operazioni come la rotazione delle immagini sullo schermo, semplicemente muovendo l’apparato.
Poi si sono succeduti, con domanda crescente da parte di tutti i maggiori produttori dei rispettivi settori, laptops, smart phones, macchine fotografiche e camcorders digitali, riproduttori multimediali, navigatori GPS.
Le applicazioni dei MEMS si sono moltiplicate sul mercato dei beni di consumo.
Ricordiamo per esempio: i rivelatori di caduta (per staccare il lettore laser dal disco fisso di un PC che cade, prima che tocchi terra, ma anche per rilevare la caduta di una persona anziana e segnalarla al pronto soccorso); il monitoraggio dello stato di salute e gli interventi per controllarlo (microaccelerometri vengono montati, per esempio, nei pacemakers per adattare la frequenza del segnale di battito del cuore alla attività fisica del paziente); la cancellazione del rumore in microfoni e cuffie, e la stabilizzazione delle immagini nei camcorders.
MEMS consumerization
Si entra, in sostanza, nel mondo della MEMS consumerization. Grazie all’affidabilità dimostrata ormai da centinaia di milioni di componenti sul mercato e alle economie di scala nella produzione in fabbriche avanzate di microelettronica, stanno arrivando sul mercato a milioni apparati con rilevanti innovazioni in un numero sempre crescente di settori di grande consumo.
STM, che già nel 2003 aveva vinto il premio EDN (Electronic Design News) per la produzione del primo accelerometro su tre assi, pensato e progettato da Benedetto Vigna, si presentava sul mercato con una offerta straordinaria di intere famiglie di accelerometri analogici e digitali a bassissimo consumo, ultracompatti, fabbricabili in grandi serie e assai poco costosi, in grado di soddisfare le esigenze di produttori nei settori più diversi. Grazie a questo avvio travolgente, oggi è di gran lunga il leader del mercato dei sensori di movimento.
Dal punto di vista tecnologico la caratteristica qualificante è rappresentata dalla presenza di due componenti di silicio, uno in grado di sentire accelerazioni o rotazioni sui tre assi, l’altro in grado di convertire i segnali generati in messaggi digitali.
La dimensione varia da 35 mm quadrati a 9 mm quadrati. Lo spessore varia da 0.9 mm a 1.5 mm, in funzione della configurazione dei due chips nel “pacchetto”, uno sopra l’altro o fianco a fianco, secondo le necessità di ingombro dell’apparato cui sono destinati.
Gli accelerometri per l’auto erano stati sul mercato da vent’anni, ma ancora nel 2004 le tecnologie di produzione non erano in grado di offrire volumi di produzione elevati per il grande mercato di consumo. Nel 2003 STM fece da battistrada verso una innovazione profonda, progettando e sviluppando una piattaforma a matrice LGA per la produzione del suo accelerometro LISL3L02AL.
In realtà si è trattato non di una sola innovazione, ma di almeno quattro famiglie di innovazione: 1) design per ridurre gli stress degli strati metallici; 2) induzione di stress meccanici e termici grazie alle diverse caratteristiche dei metalli utilizzati; 3) simulazioni FEM (Finite Element Modeling) usate per ottimizzare il progetto, in funzione delle specifiche esigenze di ogni cliente; 4) sistemi di testing su grandi numeri di componenti (non uno alla volta, ma molti simultaneamente).
Ha contribuito alle interviste Matteo Jonathan Ovi.
I nuovi MEMS
Dopo la grandissima diffusione degli accelerometri, tre nuove categoria di MEMS stanno affacciandosi al mercato di massa:
– i giroscopi su più assi ( grazie ai quali, associati a un GPS, si può avere l’indicazione precisa di cosa c’è nella direzione verso la quale ci si sta rivolgendo, e quindi si può identificare sulla mappa e trasmettere ad altri l’informazione di ciò che, per esempio, si sta fotografando);
– i microfoni digitali ad alta risoluzione, che inseriti un telefono cellulare permettono di cancellare il rumore di fondo, per esempio in una teleconferenza;
– i sensori di pressione così miniaturizzati da permettere, inseriti in una lente a contatto, di rilevare la pressione del bulbo oculare e farne quindi il monitoraggio continuo.
La sanità disporrà di microsensori applicabili al corpo umano per la rilevazione di parametri vitali e il monitoraggio remoto di persone. Accoppiati a sistemi per l’erogazione intelligente di farmaci, si può immaginare una rivoluzione nel trattamento di malattie molto diffuse come il diabete.
Tutto ciò fa pensare a un processo di crescita dei MEMS, che non si interromperà ancora per molto tempo. Ma la vera seconda “epifania” dei MEMS avrà probabilmente luogo quando cominceranno a diffondersi le reti wireless di sensori che combinano diversi motes (moduli di sensori accoppiati a microchips in grado di ricevere e trasmettere segnali, a una batteria e a una antenna) per raccogliere e diffondere informazioni ambientali.
Entreremo allora nella Wireless Sensing Network Era, dove il mercato ha un limite solo nella nostra immaginazione.