La ricerca di Eni nello sviluppo di tecnologie per la cattura e utilizzo (o stoccaggio) delle emissioni garantisce l’efficacia del percorso di decarbonizzazione
Le tecnologie per catturare, stoccare usare il carbonio stanno generando un rinnovato interesse come soluzione per decarbonizzare l’economia globale e raggiungere la neutralità climatica, soprattutto nei settori che utilizzano grandi quantità di energia e non dispongono di molte soluzioni per limitarle.
Conosciute a livello globale come CCUS (Carbon Capture, Utilisation and Storage, ossia Cattura, Utilizzo e Stoccaggio del Carbonio), queste tecnologie impediscono alla CO2 di essere rilasciata nell’atmosfera da diversi processi industriali, stoccandola per sempre in formazioni rocciose profonde (CCS, Carbon Capture and Storage) o convertendola in materiali utili (CCU, Carbon Capture and Utilisation).
Per catturare le emissioni vengono utilizzate tecnologie in grado di sequestrare direttamente la CO2 dall’aria o da fonti fisse, come gli impianti che producono acciaio e cemento. Successivamente, la CO2 catturata viene trasportata dove può essere:
- stoccata in modo permanente in una formazione geologica (CCS), oppure
- utilizzata come materia prima per la produzione di prodotti come carburanti, sostanze chimiche, materiali da costruzione (CCU).
Percorsi della CO₂ dal punto di cattura allo stoccaggio o all’utilizzo
Grandi idee, grandi benefici
Sebbene le tecnologie dietro le soluzioni CCUS siano testate e in uso nel settore da anni, i team R&D di Eni lavorano per continuare a innovare e aggiornare le tecnologie relative a ogni fase della catena tecnologica CCUS.
In merito a questo, Eni è ad esempio leader del consorzio a capo del progetto HyNet North West, che contribuisce al trasporto e allo stoccaggio permanente di CO2 nei giacimenti di idrocarburi offshore esausti nel Nord Ovest dell’Inghilterra e nel Nord del Galles. Quest’area è una delle regioni industriali più importanti del Regno Unito e tra i distretti industriali a più alta intensità energetica.
Carmela Sarli, Head of Carbon Storage and Valorization Cluster di Eni, illustra i progetti in corso, le priorità attuali e gli obiettivi futuri.
Perché Eni crede nelle tecnologie CCUS come strumento per la decarbonizzazione?
Per combattere il cambiamento climatico, è necessario limitare l’aumento della temperatura media della terra a non più di 1,5 °C, come indicato dalle raccomandazioni della COP-26 di Glasgow.
La comunità scientifica sa bene che non esiste un’unica soluzione per raggiungere questo obiettivo. È invece necessario attuare una serie di azioni.
Le tecnologie di CCS e CCU fanno parte della strategia di decarbonizzazione di Eni, insieme al giusto mix di rinnovabili e gas naturale, ai risparmi energetici generati da una maggiore efficienza e alla protezione e alla conservazione delle foreste.
Se parliamo di utilizzo di CO2, qual è un buon esempio di tecnologia che Eni sta esplorando?
Eni ha sviluppato una tecnologia proprietaria che fissa permanentemente la CO2 all’interno di fasi minerali naturali per produrre un additivo per cementi (SCM Supplementary Cementitious Material).
Questa tecnologia, chiamata Carbon Capture and Mineralisation (e-CCM), è ora in fase di espansione nell’ambito di una collaborazione con Holcim. Insieme, le due aziende intendono realizzare un impianto dimostrativo per testare la riduzione dell’impronta di CO2 del cemento e l’integrazione di questa soluzione innovativa nelle cementerie.
Cosa ha portato le attività di R&D di Eni a dare la priorità alle tecnologie di mineralizzazione del carbonio?
Sono due le ragioni principali:
- Presenta il maggiore potenziale in termini di vantaggi per il clima, poiché consente di fissare la CO2 in modo permanente facendola reagire con una fase naturale. Così, non può tornare in atmosfera.
- È una soluzione promettente per decarbonizzare le industrie ad alte emissioni di CO2 e i settori cosiddetti hard-to-abate, in particolare quello del cemento, visto che il prodotto ottenuto grazie al processo di e-CCM può essere integrato nel ciclo di produzione del cemento.
Eni ha recentemente ottenuto il brevetto per il processo di mineralizzazione del carbonio. In che modo è stato ottimizzato per l’uso industriale?
La tecnologia si ispira al processo di fissazione chimica naturale. Si tratta di processi che avvengono spontaneamente in natura: i minerali a base di silicati contenenti magnesio, calcio e/o ferro reagiscono con la CO2 generando carbonati molto stabili, inerti e atossici in cui la CO2 viene fissata in modo permanente.
Grazie a questa caratteristica, oltre all’ampia disponibilità di minerali adatti, la mineralizzazione della CO2 si distingue come tecnologia molto interessante tra le diverse opzioni di cattura e utilizzo del carbonio (CCU). Tra diversi substrati, abbiamo rivolto la nostra attenzione all’olivina, un silicato di magnesio e ferro presente in tutto il mondo, che vanta il più alto assorbimento di CO2, che fissa sottoforma di carbonato di magnesio e ferro.
Lavorando con l’olivina finemente macinata in un fango acquoso a una pressione della CO2 medio-alta, siamo riusciti a ottimizzare le condizioni di reazione. L’innovazione della nostra ricerca consiste nel raggiungere la rapida conversione del minerale in tempi brevi e in condizioni relativamente blande, rendendo così il processo e-CCM adatto all’applicazione industriale.
Queste proprietà, confermate da diversi laboratori specializzati di terze parti, consentono la formulazione del cemento, spianando la strada alla potenziale applicazione sul mercato.
Per quanto riguarda lo stoccaggio della CO2, può dirci di più sugli studi di monitoraggio di Eni?
Abbiamo molta esperienza nel monitoraggio, che ci deriva dalle convenzionali attività nell’upstream, ma continuiamo a sviluppare tecnologie innovative in questo ambito.
In un’ottica di sicurezza, salvaguardia ambientale e massima efficienza operativa, Eni sta sviluppando il concetto di robotica distribuita per il monitoraggio e la gestione dei suoi impianti, per sostituire l’operatore umano in modo efficiente e sicuro. I dati raccolti saranno di grande valore per garantire continuità e affidabilità di gestione e manutenzione.
Abbiamo sviluppato droni capaci di volare sopra gli stabilimenti e persino di muoversi all’interno dei serbatoi. Possono essere dotati di sensori, telecamere e termocamere per monitorare gli impianti e segnalare eventuali anomalie. Agiscono da operatori virtuali dell’impianto.
Per il monitoraggio ambientale dei nostri progetti CCS, useremo inoltre il Clean Sea, una tecnologia robotica sottomarina brevettata e sviluppata da Eni. Questi veicoli robotizzati autonomi sono in grado di adattare e modificare le loro operazioni, grazie a un’ampia gamma di strumenti intercambiabili per il monitoraggio delle condizioni dell’acqua e delle installazioni subacquee.
Conclusione
Ottenere la completa decarbonizzazione di prodotti e processi entro il 2050 è una grande sfida, che richiede ricerca e nuove tecnologie. Le innovazioni nelle tecnologie di CCUS possono essere un passo fondamentale nella giusta direzione. Con l’obiettivo di attuare sempre più soluzioni di CCUS nel contesto della sua strategia, nei giorni, nelle settimane e negli anni che verranno Eni continuerà a lavorare a progetti innovativi, partnership e collaborazioni.