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    Ragazzi di vita

    Qual è oggi il confine tra autore e fruitore? E quale senso assume oggi, nell’epoca della remixabilità digitale, il termine autore? Cosa sanno i ragazzi della normativa in materia? Quali opinioni hanno su ciò che dovrebbe o non dovrebbe essere tutelato? Quali comportamenti e stili di vita adottano nel caso della fruizione digitale di prodotti coperti da copyright?

    di Mario Morcellini e Giovanni Prattichizzo

    Scriveva profeticamente Roland Barthes: “Quando la scrittura comincia, l’autore entra nella propria morte” (“La morte dell’autore”, in Il brusio della lingua, Einaudi, 1988). Oggi questa affermazione potrebbe suonare più o meno così: quando comincia la produzione digitale e partecipativa, l’autore muore, viene meno, scompare. In una ricerca realizzata dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza Università di Roma e finanziata dal Comitato Paritetico Crui-Siae-Aie-Autori ed Editori (Il diritto d’autore e la sua evoluzione. Percezione del copyright nell’immaginario degli studenti della Sapienza, in http://dirittoautore.cab.unipd.it/) sono stati indagati, appunto, conoscenze, atteggiamenti e comportamenti di rispetto e violazione del diritto d’autore, anche focalizzando l’attenzione sull’ambito specifico delle condotte on line, che offrono agli utenti la possibilità di partecipare a un rinnovato processo di duplicazione, distribuzione e costruzione di opere digitali caratterizzate da intangibilità e immaterialità.

    Il sistema culturale moderno fortemente democratizzato e la presenza delle tecnologie digitali hanno favorito la diffusione sociale sia della facoltà di comunicare, sia della creatività. Così, nell’epoca della remixabilità digitale, tutti diventano, o possono diventare, autori. Il remix è quello di consumatori che provano a cimentarsi nel ruolo di produttori culturali. E l’autore, nelle reti vive del massimo della soggettività e della socialità, attraversa mondi paralleli che convergono e cooperano. Le tradizionali prerogative dell’autore, quali autorità, autonomia dell’opera, proprietà intellettuale, sembrano venire meno a causa delle possibilità che ha il lettore/fruitore di scegliere il proprio percorso attraverso il “metatesto”, di annotare testi scritti da altri, di creare collegamenti tra essi. La produzione e la fruizione culturale prediligono il network, la convergenza, la cooperazione interpretativa.

    L’autore, pertanto, non è più il soggetto isolato che crea e si rivolge a un determinato pubblico. È l’autore della società della conoscenza e della condivisione. In tal senso, si è verificata una interessante inversione di tendenza nell’impostazione culturale prodotta dalle nuove tecnologie di comunicazione e dai nuovi supporti multimediali che hanno introdotto “una notevole entropia nel mondo consolidato di autori, editori e broadcaster” (Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, Digital Rights Management, 2004, www.interlex.it/testi/pdf/drmfull.pdf), sovvertendo l’intero ambiente dei media attraverso l’affermazione di un inaspettato paradigma commerciale e di fruizione di beni intangibili. La riproducibilità digitale viene vissuta come democratica e vantaggiosa per la diffusione del sapere e della conoscenza. Per i produttori e distributori di contenuti del XX secolo, Internet appare simile a ciò che la radio FM fu per la radio AM, o l’industria del traffico pesante per la ferrovia nel XIX secolo: l’inizio della fine, o quantomeno la causa di trasformazioni sostanziali, in parte già evidenti. Per questo, una parte consistente della ricerca ha cercato di rilevare dimensioni, caratteristiche, costi e benefici delle pratiche d’uso della rete da parte degli studenti universitari, con un’attenzione particolare al fenomeno del file-sharing, tentando di fare chiarezza tra i dati delle numerose analisi esistenti e ricavandone di nuovi, con l’obiettivo di individuare l’eventuale esistenza di prassi di violazione del diritto d’autore e gli atteggiamenti e le percezioni sottostanti.Una generazione “di passaggio”

    La generazione che oggi ha fra diciotto e trent’anni ha avuto maestri cresciuti nel mondo analogico, ma si è formata in autonomia sul digitale. È una generazione “di passaggio” che permette di intravedere l’evoluzione dei settori della comunicazione e dell’informazione nel prossimo futuro. Una “socializzazione di corsa” che testimonia la presenza di confini labili nella trasmissione del sapere tra le diverse generazioni, ma conferma un’importante inversione di tendenza nel rapporto con i media: il passaggio da una dieta comunicativa “alla carta” fino alla costruzione di personali percorsi mediali, che presuppongono un’enorme competenza d’uso.

    Muovendo proprio dall’utilizzo di Internet, emerge che l’85,2 per cento degli studenti lo usa tutti i giorni, mentre il 9,8 per cento lo usa qualche volta a settimana. È possibile considerare tale campione piuttosto anomalo rispetto alla media della popolazione italiana, perché composto quasi per intero da utenti abituali in un contesto nazionale in cui i naviganti quotidiani sono nel 2010, secondo l’Istat, il 26,4 per cento della popolazione e quelli connessi una o più volte a settimana il 17,7 per cento. Il dato non sorprende del tutto: sappiamo di avere a che fare con una élite, quella degli studenti universitari, il cui status socio-culturale è generalmente medio-alto e la fascia d’età non è distante da quella dei più forti utenti del Web. Ciò conferma la presenza di “una gioventù che, a causa della velocità delle trasformazioni sociali e tecno-economiche, enfatizza l’immediatezza e il presente, poiché il futuro è pervaso da un senso di nebulosità e d’incertezza”.

    Piuttosto omogenei sono poi i risultati della relazione tra frequenza d’uso di Internet e Facoltà d’appartenenza: gli utenti più attivi della rete sono concentrati tra gli studenti di comunicazione, che sopravanzano inaspettatamente quelli di informatica. Fanalino di coda, i ragazzi di lettere, che tuttavia non si distaccano molto dalle altre Facoltà. In tale scenario, i giovani appaiono come viandanti che costruiscono la propria strada combinando diverse forme di consumo e produzione, affittuari di molteplici territori mediali. Questo dato conferma le riflessioni attuali sul Web come medium sociale che si rappresenta sempre più come grande biblioteca, contenitore di produzione e mediazione culturale, nel quale gli studenti universitari si disegnano e rappresentano come comunità di relazioni. In tal modo, la comunicazione diventa risorsa, ambiente, stimolo per la formazione di un’adeguata libertà di scelta individuale.

    Il 93,9 per cento della popolazione intervistata scarica file da Internet; in particolare la musica risulta essere ancora il principale oggetto dei loro desideri, “fatto sociale totale” (62,8 per cento), seguita dai film (15,1 per cento) e dai software (6,5 per cento). I libri, al contrario, sono ricercati on line soprattutto perché introvabili. Il motivo per il quale si scaricano file dalla rete è essenzialmente perché sono gratis e quindi in sostituzione di un eventuale acquisto (83,4 per cento). È questo un esito interessante che sembra disegnare scenari diversi d’impatto del file-sharing su industrie culturali differenti.

    Se non si rilevano distanze siderali a proposito dell’ordinamento di studio, qualche differenza si registra a proposito della relazione tra lavoro e uso del Web. Sembra molto più attivo on line, infatti, il sottogruppo dei lavoratori part time, che probabilmente usa la rete non solo al lavoro, ma anche per studio o nel tempo libero. I ragazzi si dedicano al download più delle ragazze, così come i lavoratori part-time più che degli studenti “puri” o dei lavoratori a tempo pieno. Le donne scaricano più musica degli uomini, ma meno software, film e fiction televisiva e prevalgono nel download di immagini e documenti di testo, dimostrando di intendere l’atto dello scaricare file in senso estensivo. Gli attuali utenti, quindi, vivono ormai perfettamente ambientati nello scenario del Web 2.0 dove applicazioni come Flickr, MySpace, YouTube, Facebook, Wikipedia e via dicendo permettono di essere contemporaneamente produttori e consumatori. Gli studenti intervistati si mostrano come veri e propri prosumers, fruiscono dei contenuti mediali, ma allo stesso tempo sperimentano e producono nuovi prodotti. La logica partecipativa e il coinvolgimento diretto sembrano essere due dimensioni che contraddistinguono i comportamenti culturali e dalle quali le pratiche comunicative non possono più prescindere.Uguali, ma diversi

    Dalla ricerca emergono con forza quattro profili/gruppi del “nativo digitale”; di colui che vive, essenzialmente, in una condizione che va al di là dell’etica della responsabilità: il suo ethos sembra essere solo la tecnologia e non percepisce la differenza tra ciò che è legale e ciò che non lo è.

    Il primo gruppo è quello degli “heavy downloaders con tendenza prosumers” (23,65 per cento del campione). Tratto comune sembra essere un approccio al Web e ai prodotti mediali in generale molto vicino alla cosiddetta “economia del dono”, in un’ottica di condivisione e scambio che sembra permeare la quotidianità dei soggetti. Rifuggono consapevolmente dall’equazione “scaricare uguale rubare”, conoscono la normativa vigente, ma vedono nel Web e nelle reti un’occasione unica per mettere liberamente in circolazione software e prodotti di vario tipo, come film, libri, musica o cd. Non a caso è il cluster che registra il maggiore attivismo nell’upload e che agisce in un’ottica di open source e peer to peer. Il gruppo è costituito principalmente da ragazzi iscritti alla Facoltà di economia e, seppure in numero minore, anche di ingegneria dell’informazione.

    Il secondo gruppo, quello degli “average downloaders” (42,24 per cento del campione), costituisce il cluster quantitativamente più numeroso, in cui confluisce il cosiddetto “utente medio” della rete, che scarica contenuti, ma con una frequenza (qualche volta alla settimana) e un attivismo minore rispetto a quello precedente. In questo caso, oggetto del download sono principalmente file musicali e la motivazione è quella classica della gratuità o, nel caso dei film, la possibilità di trovare opere difficilmente reperibili con i canali classici di vendita e/o distribuzione. Poco più di un terzo del gruppo è composto da studenti iscritti alla Facoltà di scienze della comunicazione.

    Il terzo gruppo, i “low downloaders consapevoli del danno” (21,12 per cento del campione), è composto da soggetti che scaricano da Internet solo sporadicamente e consapevoli di quanto questa prassi sia dannosa per l’industria culturale. Indicano il Web come luogo privilegiato per promuovere nuove realtà creative, ma non per questo abbracciano totalmente la filosofia del peer to peer proprio perché considerata dannosa, forse anche in virtù del percorso di studi seguito: un terzo è iscritto alla Facoltà di giurisprudenza.

    Il quarto gruppo, quello dei “low downloader ambivalenti” (8,84 per cento del campione), presenta diverse analogie rispetto al precedente, ma ha un atteggiamento generale più attento rispetto alle posizioni assunte. Anche in questo caso i soggetti dichiarano massicciamente di non scaricare film (nel 75,51 per cento dei casi, rispetto alla media di 15,34 per cento del campione) e musica o di non possedere cd masterizzati e di scaricare generici file da Internet solo sporadicamente nel corso dell’anno. Oggetto dei downloads sono soprattutto software, documenti e/o immagini.

    L’indagine mostra con evidenza che le nuove generazioni che scaricano illegalmente, al contrario di quanto si potrebbe pensare, hanno un’alta considerazione della cultura e dei suoi autori, ma non dell’industria culturale, che trovano soffocante e restrittiva. I risultati della ricerca sottolineano come gli studenti chiedano a gran voce un differente impianto normativo, moderno, meno ridonante, capace di adattarsi alla modernità multimediale.

    Ciò significa spostarsi da una logica dell’aut-aut a quella dell’et-et. Consapevoli che indietro non si torna e che in qualche modo bisogna adeguare la normativa ai nuovi e sempre più affascinanti dispositivi mediali e culturali. Non esistono ovviamente formule magiche, ma ogni proposta va verificata in concreto, anche nella sua dimensione tecnica. Eppure si deve necessariamente giungere a una nuova stagione di integrazione e bilanciamento che, da un lato, tuteli l’opera dell’ingegno e, dall’altro, garantisca una più ampia e libera circolazione della conoscenza e del sapere, tra diritto esclusivo e libertà d’accesso all’informazione e alla conoscenza.

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