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I sistemi propulsivi spaziali, rivolti a missioni sia di tipo commerciale sia di tipo scientifico, ricorrono oggi estensivamente all’impiego di propellenti solidi compositi, in virtù dei vantaggi correlati a più elevati valori dell’impulso specifico volumetrico rispetto ai corrispettivi sistemi a propellente liquido. La pressante necessità di una riduzione dei costi imposta dalla competitività del mercato, congiunta alla necessità di prestazioni sempre più spinte, ha dato avvio a una intensa attività di ricerca in riferimento all’impiego di materiali oggi disponibili grazie allo sviluppo delle nanotecnologie. Alcuni studi, condotti in diversi laboratori di ricerca, evidenziano che l’impiego di particelle nanometriche, di materiale opportuno (tipicamente alluminio), consentono di incrementare in misura significativa le prestazioni. In particolar modo la velocità di combustione, il ritardo di ignizione e i residui incombusti trovano un notevole miglioramento. Sono disponibili livelli di spinta maggiori con la possibilità di ridurre le quantità di propellente da imbarcare. Controindicazioni sono rappresentate dai costi che costituiscono un vincolo significativo nell’uso di propellenti solidi nanostrutturati, in considerazione dei notevoli quantitativi richiesti per applicazioni quali i lanciatori.

I propellenti solidi nanostrutturati

I propellenti solidi per impiego aerospaziale/missilistico sono quelli eterogenei, ovvero costituiti da uno o più sali ossidanti, finemente polverizzati, immersi in una matrice plastica che svolge la funzione anche di combustibile. La configurazione tipica è costituita da un sale ossidante (perclorato di ammonio NH4ClO4, nitrato di ammonio NH4NO3), da un binder (HTPB) e un agente catalizzatore. L’inclusione di polveri metalliche, specie se a bassissima granulometria, consente di migliorare le prestazioni del propellente.

Si dimostra che la spinta dell’endoreattore è direttamente proporzionale alla velocità di combustione del propellente (burning rate rb), a sua volta espressa dalla Legge di Vielle. Essa stabilisce che il burning rate dipende dalla pressione in camera di combustione (P), e da due indici balistici solitamente indicati con e n.

Incrementando la velocità di combustione è possibile incrementare i livelli di spinta a parità di propellente imbarcato. Ulteriori importanti parametri di riferimento sono l’impulso specifico, la superficie e la geometria del grano, il ritardo di ignizione, la stabilità del processo di combustione derivante dall’accoppiamento del fronte di fiamma con il campo fluidodinamico all’interno della camera e i residui condensati di combustione.

Va sottolineato che il propellente è imbarcato su un mezzo (razzo, lanciatore eccetera) in movimento, e pertanto la combustione è legata anche a fattori dinamici esterni (vibrazioni, manovre eccetera).

Il propellente deve avere dunque non solo buone proprietà balistiche, ma anche specifiche prestazioni meccaniche, senza presentare, sia a livello macroscopico sia micro, discontinuità significative quali bolle, microcricche, anisotropie, densità non uniforme, inclusioni.

La velocità di combustione viene incrementata quando, in corrispondenza del fronte di fiamma, si crea un più elevato gradiente termico, che si ottiene riducendo la granulometria dei materiali costituenti la «miscela» del propellente. Il principio è di ottimizzare, a parità di massa, la superficie utile di combustione, portando all’uso di elementi a granulometria micrometrica, fino ad arrivare su scale nano.

Pertanto, anche il propellente diviene un sistema nanotecnologico. Rispetto a settori quali la micro elettronica (MEMS), quello della propulsione lavora su dimensioni e masse di rilevante entità. La realizzazione di un propellente solido nanostrutturato, impone la necessità di ridurre i costi di sintesi e integrazione degli elementi nanometrici impiegati. Le vere difficoltà si hanno non tanto nelle attività di ricerca di base, nelle quali i quantitativi richiesti rimangono comunque sempre all’interno di valori accettabili, quanto nei processi di industrializzazione, dove le quantità di propellente richieste sono quantificabili nell’ordine delle tonnellate. Questo significa che il contributo nanometrico sarà dell’ordine delle decine di chili; questi valori impongono serie restrizioni nello sviluppo di questo importante settore della ricerca aerospaziale.

Attualmente, l’elemento nanometrico più usato è l’alluminio. Esso è costruito da nanosfere rivestite di allumina (Al2O3). Quest’ultima rappresenta una limitazione nell’incremento dei parametri di combustione in quanto, in base alla distribuzione spaziale delle temperature nel corso del processo di combustione, non consente di sfruttare appieno l’effetto nanometrico dell’alluminio nella regione del fronte di fiamma. Prove sperimentali dimostrano tuttavia che se si riesce ad «attivare» anche una piccola percentuale dell’alluminio inserito nel propellente, i parametri di combustione (velocità di combustione, stabilità di fiamma eccetera) migliorano in modo significativo. Ancora una volta però il problema è legato ai costi di sviluppo e manifattura.

Le prove di combustione vengono eseguite su campioni (si veda la figura 1) di propellente a forma di parallelepipedo (4, 4, 16 mm), inserito all’interno di una camera apposita. Un disegno schematico dell’apparato di prova è mostrato nella figura 2. Sono evidenziate le linee di gas necessarie per eseguire le prove in ambiente non ossidante, le elettrovalvole per il controllo della pressione (P) e il sistema video di acquisizione del processo di combustione.

L’analisi della videoregistrazione del processo di combustione consente di valutare, tramite software dedicato, la velocità di combustione (rb) del propellente.

Nella figura 3 è mostrata la combustione di un provino di propellente solido nanostrutturato. è possibile rilevare la regolarità del fronte di fiamma, nonché la notevole luminosità dello stesso, indicativa dell’elevato livello di energia termica sviluppata. Queste prestazioni si ottengono riducendo sensibilmente la granulometria di tutti i costituenti del grano e impiegando alluminio nanometrico.

I nuovi sviluppi della ricerca sono indirizzati non più all’utilizzo di elementi nanometrici, ma all’impiego di nanostrutture. I nanotubi in carbonio (CN, si veda la figura 4) rappresentano elementi di estremo interesse nel settore. Lo scopo è di inserire all’interno di essi, mediante delle opportune funzionalizzazione chimiche, elementi anch’essi nanometrici, fortemente energetici. Tale sistema va inserito all’interno del propellente, sfruttandone, in fase di combustione, il contributo energetico su scala nano.

è possibile pensare anche all’uso dei soli CN. Considerando la loro struttura cristallina, del tutto identica a quella piana della grafite, sono state eseguite prove preliminari di combustione usando, per l’appunto, la grafite e non i CN. L’idea è di sfruttarne la stessa struttura cristallina, lavorando con granulometrie estremamente ridotte, ma con costi decisamente inferiori di quelli tipici dei nanotubi. I risultati sperimentali mostrano che sostituendo una determinata frazione di alluminio nanometrico con grafite a bassissima granulometria, si ha un miglioramento dei parametri di combustione. Questi risultati sono molto significativi in quanto evidenziano che con un materiale nanometrico a base carbonio (non nanostrutturato), estremamente economico, è possibile ottenere prestazioni migliori rispetto all’uso di altri «nanomateriali» più complessi e costosi. Ovviamente, è necessario valicare tali risultati con un significativo numero di prove sperimentali, senza trascurare al già accennato uso dei CN in qualità di «portatori» di particelle a elevato contributo energetico.

Inoltre, è possibile pensare anche ad altri tipi di nanostrutture quali i nanotubi di nitruro di alluminio, i quali venendo a contatto nel corso del processo di combustione con i residui acquosi del propellente, producono ammoniaca che costituisce un ulteriore elemento utile all’aumento della velocità di combustione.

Lo sviluppo delle nanotecnologie rappresenta un settore di sicuro interesse per i prossimi anni nel settore della propulsione sia in ambito missilistico che aerospaziale. Il carattere fortemente interdisciplinare di questa nuova scienza consente di sviluppare percorsi di ricerca fortemente trasversali, in grado di avvicinare settori fra loro, apparentemente molto diversi, ma in realtà molto legati se si ragiona in termini di scale nanometriche.

Marco Regi *, Luciano Galfetti**, Mario Marchetti*

* Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale e Astronautica

Via Eudossiana 18, 00184 Roma

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e-mail: marco.regi@uniroma1.it mario.marchetti@uniroma1.it

** Politecnico di Milano, Dipartimento di Energetica

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