è sempre più urgente la necessità di trovare soluzioni al problema della produzione di energia da fonti diverse da petrolio, carbone e gas.
di Alessandro Ovi
Le risorse del VII Programma Quadro della Commissione Europea per la ricerca nel settore energetico sono in buona parte destinate alla partecipazione alla costruzione di ITER, una grande macchina sperimentale per la fusione nucleare controllata che dovrebbe finalmente, forse, aprire la strada a uno sfruttamento industriale di questa fonte di energia .
Il forse non è un segno di sfiducia, ma una preoccupazione condivisa da molti scienziati e politici della ricerca sui tempi nei quali la produzione di energia utilizzando la fusione nucleare sia realisticamente possibile.
Si ripropone perciò il problema, come già è avvenuto in passato, se destinare tante risorse a un unico grande progetto non rappresenti più il risultato di una inerzia nel sistema che non una vera scelta strategica nella ricerca di fonti di energia diverse dai combustibili fossili..
è vero che il progetto ITER per le sue dimensioni, la sua complessità e le ambizioni applicative potrebbe rappresentare una grande opportunità di miglioramento sia delle conoscenze di base sia delle tecnologie necessarie a progetti industriali. è anche vero però che stiamo vivendo momenti in cui si sente sempre più urgente la necessità di trovare soluzioni al problema della produzione di energia da fonti diverse da petrolio, carbone e gas.
Vi sono, allora, almeno due opzioni che potrebbe essere utile considerare in una logica di utilizzo più equilibrato delle risorse disponibili. La prima è quella di destinare parte dei fondi di ITER a un programma massiccio nel campo delle energie rinnovabili. Sarebbe logico pensare, in questo caso, a quelle dove è maggiore il miglioramento possibile grazie a un grande sforzo di ricerca. In questo caso il pensiero corre immediato al solare fotovoltaico per due motivi. Il primo è che la curva di miglioramento del parametro critico (che non è tanto l’efficienza di conversione della energia solare in energia elettrica, ma il costo per unità di potenza installata) è ancora molto ripida .
Il secondo è che ci si avvierebbe, con i pannelli fotovoltaici, a un sistema di produzione di energia diffuso sul territorio e quindi presumibilmente libero dalle resistenze locali che qualunque grande impianto incontrerà sempre maggiori.
L’altra opzione è che, nell’ambito delle risorse dedicate alla fusione, si dia spazio anche a progetti molto più semplici di ITER, i quali, richiedendo meno risorse, siano più facili da portare a termine .
C’è un esempio pronto, e si chiama IGNITOR, una macchina ideata già da tempo da un grande scienziato italiano che lavora al MIT e che qui di seguito ci racconta quelli che lui ritiene essere i vantaggi del progetto.
Sono tutte opzioni percorribili sia a livello italiano sia europeo, ma forse, pur essendo frutti di una buona policy, vi sono ragioni di non altrettanto buona politics che impediscono loro di farsi strada..
Per stimolare il dibattito su questo tema proponiamo qui di seguito il punto di vista di Bruno Coppi, un nostro scienziato che da tanti anni lavora al MIT sul tema della fusione nucleare e che di IGNITOR è considerato il padre.
Si tratta di un punto di vista importante perché pone l’attenzione non solo sulle caratteristiche della macchina, ma anche sul come potrebbero essere reperite le risorse per fabbricarla partendo da una iniziativa che avrebbe il suo baricentro in Italia.
Il progetto IGNITOR
Il progetto Ignitor fa parte di un filone originale di macchine compatte e ad alto campo
magnetico costruite per sperimentare la fusione nucleare controllata.
Il passo fondamentale per provare la fattibilità scientifica di questo tipo di reattori è dimostrare sperimentalmente la possibilità di raggiungere le condizioni di auto-sostentamento (“ignizione”) delle reazioni di fusione nucleare in un plasma confinato magneticamente e composto da una miscela di isotopi pesanti dell’idrogeno (deuterio e
trizio).
Ignitor è stato il primo progetto proposto a livello mondiale e l’unico pensato per realizzare questo scopo, con una macchina di ridotte dimensioni e di costi contenuti.
La sua solida base scientifica poggia sui risultati degli esperimenti condotti nell’ambito del programma ALCATOR (ALto CAmpo TORus) al Massachusetts Institute of
Technology e del suo corrispondente in Italia, rappresentato dalla macchina FT (Frascati Torus) e poi FTU.
Le tecnologie degli alti campi magnetici adottate sono state sviluppate nell’ambito di questi programmi e in collaborazione con altri enti negli Stati Uniti e con l’industria europea. La tradizione di ingegneria elettromeccanica avanzata esistente in Italia ha avuto e ha un ruolo importante nella definizione della macchina Ignitor ed è stato uno dei motivi principali per realizzare gran parte dello sviluppo dell’ingegneria di Ignitor in Italia.
La progettazione di dettaglio della macchina è stata iniziata da un consorzio costituito da industrie italiane ed europee (Ansaldo, FIAT, ASEA Brown Boveri), che ha agito soprattutto su contratti ENEA.. è poi continuata con attività dedicate nell’ambito dell’ENEA, al MIT e, attraverso contratti successivi, presso enti industriali, di ricerca e universitari. I rappresentanti di questi enti partecipano alle riunioni generali periodiche (in media ogni 40 giorni) del gruppo IGNITOR dove le attività di progettazione e i progressi nel campo della fisica vengono discussi e riveduti. In particolare, per verificare la realizzabilità industriale del progetto e mettere a punto i processi costruttivi più complessi, sono stati fabbricati i prototipi dei componenti principali del nocciolo della macchina. Sono state poi eseguite prove di verifica su materiali impiegati e sono stati costruiti apparati sperimentali innovativi e di notevole impegno.
Va notato che da un punto di vista scientifico il fatto di aver ideato e progettato nei dettagli la prima macchina nella storia capace di raggiungere l’accensione per reazioni di fusione è di per sé un traguardo importante.
Importanza del sito. IGNITOR richiede, come altri esperimenti avanzati nel campo della fusione nucleare, di disporre di grandi generatori rotanti di corrente, oppure di essere allacciato a un robusto nodo di potenza della rete elettrica. La seconda soluzione è in generale più economica.
In Italia esistono nodi capaci di sopportare il “disturbo” di IGNITOR, fra i quali il centro TERNA-ENEL di Rondissone (TO) e il centro Sogin di Caorso (PC). Entrambi sono stati studiati e abilitati dal GRTN all’allacciamento di IGNITOR. Tra i due, Caorso è maggiormente dotato di strutture, aree potenzialmente disponibili ed edifici per diventare un centro di ricerca di livello internazionale sulla fusione. Al fine di minimizzare i costi e i tempi di realizzazione e, al tempo stesso, di mantenere aperte le offerte di collaborazioni internazionali è importante, seguendo una provata tradizione scientifica, potere utilizzare edifici esistenti.
Durante tutta la fase di costruzione di IGNITOR e di avviamento, esso andrà trattato come una macchina elettrica (per molti aspetti simile a un trasformatore).
Perciò l’edificio in cui dovrà essere alloggiato inizialmente non avrà bisogno di soddisfare criteri legati alla presenza di una macchina radiogena. A conferma di questo era stato convenuto con i passati presidenti dell’APAT di condurre la fase di costruzione di IGNITOR con i criteri di sicurezza adottati dall’ENEL e dagli enti successori per le macchine elettriche.
Per tale motivo è importante condurre lo studio dell’installazione di IGNITOR a Caorso che comprende, oltre alla macchina, quella del sistema di alimentazione elettrica, con il gruppo TERNA-GRTN. Va notato che anche la stima dei costi che comprendono le spese edilizie di adattamento va condotta, a mio parere, in stretta collaborazione con i tecnici di TERNA – GRTN.
Si ricorda inoltre che uno dei meriti di IGNITOR è di avere spinto per primo l’idea di trasformare Caorso in un centro di ricerca.
Collaborazioni internazionali. Durante l’evoluzione del programma IGNITOR, che ha
seguito da vicino quelle di ALCATOR e Frascati Torus, si sono offerte ripetute possibilità di collaborazioni internazionali, data l’importanza dell’obiettivo di Ignitor e la gamma di tecnologie avanzate che esso porta a sviluppare. Fra queste, ricordiamo quella approvata dai comitati consultivi del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, di cui alleghiamo il testo, e quella firmata con importanti esponenti del governo russo (testo allegato). Va ricordato che il professor E. Velikhov, tra i suoi molti incarichi, ha avuto anche quello di chairman dell’impresa ITER. è evidente che queste collaborazioni richiedono di essere confermate, dando soprattutto assicurazioni sulla tempistica della fase di costruzione di Ignitor. Vi sono buone ragioni di ritenere che, appena dato un segnale definitivo sul sito, si riapriranno altre proposte di collaborazione.
Fonti di Finanziamento. Il costo di un esperimento non è unico in quanto esso dipende fortemente dallo spirito con cui può essere condotto e dall’esperienza e competenza di chi lo dirige.
La spesa per il nocciolo di IGNITOR può essere valutata con buona approssimazione tenendo conto anche dell’esperienza acquisita con la costruzione di altre macchine con alti campi, sia pure non in grado di arrivare alla ignizione, (3 negli Stati Uniti, 2 in Italia, 1 in Giappone). Secondo una stima condotta in precedenza si arriva per questo a una cifra di circa 70 milioni di euro, tenendo conto del contributo “in natura” proposto dagli Stati Uniti e dall’appoggio costante per la fisica fornito dal MIT nell’ambito del Laboratory for Nuclear Science che ha una tradizione prestigiosa.
Il contributo americano dovrebbe riguardare i sistemi di diagnostica avanzata, i sistemi di pompaggio e quelli di alimentazione del combustibile. La collaborazione avverrebbe secondo uno schema che prevede la fornitura di componenti specifici in cambio di accesso alla struttura di IGNITOR per progetti di ricerca associati.
Il costo dell’edilizia, del sistema delle alimentazioni elettriche e del sistema criogenico vanno definiti coinvolgendo attivamente TERNA-GRTN assieme a Sogin. Nell’affrontare i problemi di finanziamento, è importante tener presente che non è possibile, in pratica, mantenere un profilo di spesa troppo ripido e non sarà necessario prevedere un forte impegno iniziale, ma una serie di finanziamenti successivi opportunamente graduati.
La sorgente più immediata di finanziamento è data dalla somma degli stanziamenti già votati dal Parlamento per IGNITOR, diminuita delle spese direttamente sostenute dall’ENEA a sostegno del programma.
Un’altra sorgente, già indicata dai Laboratori sulla Fusione di Frascati, è quello dei fondi di rotazione erogati per la fusione dal Ministero delle Attività Produttive, che sono nell’intervallo di 20-25 milioni euro/anno. A questo va aggiunto il supporto ordinario (che dà maggiore libertà rispetto a quello preferenziale) dell’EURATOM che va richiesto per coprire una frazione importante del costo dell’impresa.
Esistono altri fondi (per esempio per lo sviluppo di tecnologie avanzate nel campo dell’elettrotecnica, per la conversione di centrali nucleari eccetera) la cui accessibilità andrebbe rapidamene esplorata.