Potremmo realizzare una macchina dotata di coscienza?

La ricerca nel campo della neuroscienza ci da alcuni indizi su come potremmo riuscirci in un futuro non troppo distante.

di Jamie Condliffe

In un paper pubblicato ieri su Science un trio di neuroscienziati, guidato da Stanislas Dehaene del Collège de France di Parigi, cerca di identificare esattamente cosa si intenta per “coscienza” per comprendere se le macchine potrebbero mai arrivare a possederne una. Secondo loro esisterebbero tre tipologie di coscienza – e, finora, i computer avrebbero imparato a padroneggiarne una sola.

Si comincia con il subconscio, la vasta gamma di processi nel cervello ove risiede gran parte dell’intelligenza umana. È il subconscio ad alimentare la nostra capacità di determinare, ad esempio, la prossima mossa a scacchi o individuare un volto senza sapere esattamente come vi siamo riusciti. Questa, stando ai ricercatori, sarebbe ampiamente paragonabile con il genere di calcolo di cui sono capaci moderni sistemi di intelligenza artificiale, come AlphaGo di DeepMind o gli algoritmi per il riconoscimento facciale di Face++.

Quando si tratta di vera e propria coscienza, il team la distingue in due tipologie differenti. La prima è rappresentata dalla nostra capacità di trattenere una enorme quantità di nozioni differenti allo stesso momento, lasciando a parti differenti del cervello la possibilità di accedervi liberamente, permettendoci di pianificare e formulare strategie anche a lungo termine. La seconda tipologia è invece rappresentata dalla capacità di ottenere ed elaborare informazioni su noi stessi, per cui siamo capaci di compiere operazioni come riflettere sui nostri errori. Queste due forme di coscienza, secondo i ricercatori, non sono ancora presenti nei sistemi di apprendimento automatico.

Alcuni spiragli cominciano però a intravvedersi in alcune branche della ricerca. L’anno scorso, ad esempio, DeepMind ha sviluppato un sistema di apprendimento approfondito in grado di conservare alcuni dati per poterli riutilizzare durante le sue “riflessioni”, un passaggio verso la diffusione globale delle informazioni. Anche le reti neurali avverse immaginate da Ian Goodfellow (uno dei 35 Innovators Under 35 dell’edizione americana 2017) in grado di valutare la realtà dei dati generati da una IA si stanno avvicinando alla coscienza di sé.

Si tratta, è bene ricordare, di piccoli passi verso il genere di processi che porterebbero alla coscienza umana. Se una macchina potesse incorporare versioni più funzionali, però, “si comporterebbe come se fosse cosciente .. saprebbe cosa sta facendo, esprimerebbe fiducia nelle sue azioni, le descriverebbe ad altri … potrebbe persino provare le stesse illusioni perpetue degli esseri umani”.

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