Per un nuovo servizio pubblico radiotelevisivo nell’era digitale

Un documento di Giorgio Bogi, Enzo Cheli, Alessandro Ovi, Augusto Preta, Carlo Rognoni, Antonio Sassano, Gianluca Veronesi

di Alessandro Ovi

Il fatto che il sistema radiotelevisivo debba adempiere a un ruolo di servizio pubblico è, almeno in Europa, fuori discussione.

Ma cosa questo significhi in termini di offerta reale lo è assai meno.

E questo non solo perché sta cambiando il ruolo del mercato nella definizione dei contenuti che vengono offerti, ma anche perché stanno emergendo nuovi modi di fruire dei servizi.

Le grandi opportunità offerte dalle tecnologie digitali, che stanno diffondendosi in modo oramai ben visibile, cambiano profondamente lo scenario: il digitale satellitare, il digitale terrestre e la radiotelevisione via Internet escono da posizioni di nicchia e incidono su frazioni sempre più ampie di popolazione.

Pensiamo che già quasi dieci milioni di famiglie hanno una antenna e un decoder per il satellite o per il digitale terrestre, tutti in grado di portare centinaia di canali radiotelevisivi e che la banda larga in grado di portare la televisione via protocollo Internet sta davvero arrivando alla diffusione di massa.

Sono numeri rilevanti che non permettono più di ragionare di servizio pubblico come se lo strumento di fruizione fosse solo la vecchia televisione analogica caratterizzata dalla scarsità di «frequenze» con cui diffondere i programmi.

Pensiamo alla scelta di un grande broadcaster di TV generalista, come l’americana NBC, che ha appena deciso di tagliare gli investimenti sul prime time, quello del massimo ascolto del grande pubblico, per aumentare quelli della offerta di contenuti sul Web.

Ci rendiamo conto allora che discorsi che possono sembrare antichi, come la necessità di separare il finanziamento, la produzione e la offerta dei contenuti caratterizzati come servizio pubblico da quelli commerciali, o la opportunità di schermarne la gestione dalla influenza diretta della politica dei partiti, acquistano vitalità tutta nuova.

La possibilità di offerte molteplici su diversi mezzi di accesso apre nuovi orizzonti sia nelle definizione di obiettivi di servizio pubblico sia nel modo di raggiungerli.

Alla base della articolazione della produzione sta una ipotesi di lavoro che può anche essere rigettata politicamente, ma che per noi costituisce un punto fondamentale, e cioè che «non sempre le dinamiche spontanee del mercato televisivo sono in grado di offrire contenuti di interesse generale».

La conseguenza di questa ipotesi è che è necessario fare in modo che questi contenuti di interesse generale siano realizzati tenendo conto di una diffusione che utilizzi tutti i canali possibili.

In un contesto di produzione di qualità per il grande pubblico anche il racconto delle realtà e delle culture locali trova un nuovo respiro così come lo trova non solo il far vedere il mondo agli italiani, ma anche l’Italia agli abitanti del mondo.

Siamo di fronte a un cambiamento profondo dello scenario radiotelevisivo che rende necessaria una riflessione sul tema generale della evoluzione del servizio pubblico.

Una riflessione su cui ovviamente sarebbe utile discutere e confrontarsi e alla quale offre un contributo (si veda a pag. XX) un gruppo di addetti ai lavori, tutti mossi da spirito riformista e da grande attenzione al cambiamento dello scenario sociale, politico e tecnologico, convinti che «definire la funzione di servizio pubblico radiotelevisivo sia indispensabile come obiettivo politico».

Related Posts
Total
0
Share