Per nutrire il mondo, miglioriamo la fotosintesi

Rielaborando il metabolismo di base dei raccolti, gli agronomi sperano di prevenire carestie devastanti

di Katherine Bourzac

In una serra dell’Illinois, due ricercatori seminano in vaso piccoli semi di tabacco, estratti da provette di laboratorio. Una volta cresciute, le piante saranno poi trasferite in campo ed osservate: ne verranno valutate la capacità di crescere più grandi e più velocemente del solito—fattori cruciali se vorremo nutrire la popolazione umana prevista per il 2050.

Queste piante di tabacco sono state progettate ad un livello più basilare di quanto non sia tipico con i raccolti biotech. È stato modificata la loro capacità di condurre la fotosintesi perché il processo trasformi più velocemente luce ed anidride carbonica in carboidrati.

Se gli scienziati dovessero riuscire nel loro intento, qualunque campo arriverebbe a produrre più cibo o lo stesso quantitativo di cibo, ma con meno acqua e meno fertilizzanti. Secondo le previsioni delle Nazioni Unite, per far fronte al solo incremento della popolazione umana, l’agricoltura mondiale dovrà arrivare a produrre il 50 percento del cibo in più entro il 2050.

Questo dato non prende ancora in considerazione l’aumento delle temperature e la siccità previste a livello mondiale a causa dei cambiamenti climatici che devasteranno molte parti del mondo.

“Questi effetti saranno soprattutto pesanti per le popolazioni povere,” spiega Steve Long, direttore del progetto Realizing Increased Photosynthetic Efficiency (RIPE), un progetto internazionale basato alla University of Illinois di Urbana–Champaign. Il progetto RIPE, finanziato dalla fondazione Bill and Melinda Gates, ha scelto di iniziare a condurre i propri esperimenti sul tabacco in quanto si tratta di una pianta facilmente modificabile. Lo scopo ultimo del RIPE è migliorare i raccolti di manioca e fagioli, un’importante fonte di calorie e proteine in molti paesi. Gli agronomi stanno cercando di spingere al massimo il potenziale della fotosintesi, un processo composto di 160 passaggi biochimici, molto ben studiato e sorprendentemente inefficiente—le piante infatti, trasformano in biomassa solo il 5 percento dell’energia del sole ed investono una percentuale persino inferiore nella produzione di quelle parti che sono commestibili per gli umani: semi, tuberi, ecc. (altre variazioni sul genere:“10 Breakthrough Technologies 2015: Supercharged Photosynthesis.”)

I ricercatori del RIPE hanno dimostrato l’anno scorso di poter migliorare del 20 percento i raccolti di tabacco, manipolando geneticamente tre geni coinvolti nell’elaborazione della luce solare.

La squadra del RIPE sta ora cercando di modificare la fotosintesi in piante meno semplici come la manioca. De Souza, postdoc brasiliano, coltiva in laboratorio embrioni di manioca raccolti in mucchietti, ‘callus’, di circa un millimetro. Queste raccolte di cellule saranno infettare con batteri portatori dei geni per l’elaborazione della luce. Poche cellule riusciranno effettivamente a raccogliere il gene; a queste sarà somministrato un cocktail di ormoni che stimola lo sviluppo di radici e stemma. Nel caso della manioca, questo procedimento richiede dagli 8 ai 10 mesi, se tutto va bene. Altri raccolti, come fagioli e riso, richiedono un po’ meno tempo. Le piante, prima di poter arrivare ai campi, vengono fatte crescere in vasi di plastica pieni di un gel nutriente.

I raccolti locali tipici sono soia e mais. David Drag ha il compito di trovare il modo di rendere il terreno dell’Illinois centrale adatto a raccolti come manioca e riso. Nel 2015, per esempio, uno dei progetti chiave del RIPE, durato un anno, annegò in una tempesta fuori stagione, nonostante i tentativi dei ricercatori di costruire dighe e barriere. Per non dimenticare il fatto che qualunque progresso scientifico è comunque soggetto alla natura.

(LO)

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