Un nuovo studio del MIT ha stabilito per la prima volta una correlazione certa tra le particelle di fumo arrivate nella stratosfera durante gli incendi e la riduzione dell’ozono
Jennifer Chu
Gli incendi che sono divampati in oltre 43 milioni di acri dell’Australia nel 2019 e nel 2020, hanno iniettato nell’atmosfera oltre 1 milione di tonnellate di particelle di fumo. Ora, i chimici atmosferici del MIT hanno scoperto che il fumo di quegli incendi ha innescato reazioni chimiche nella stratosfera che hanno contribuito alla distruzione dell’ozono, che protegge la Terra dalle radiazioni ultraviolette in arrivo.
Esaminando l’impatto degli incendi australiani, un team guidato dalla professoressa di studi ambientali Susan Solomon ha scoperto che le osservazioni dell’emisfero australe effettuate da tre satelliti indipendenti hanno mostrato tutte un calo significativo del biossido di azoto nella stratosfera nel marzo 2020. Per verificare che la diminuzione del biossido di azoto fosse un effetto chimico diretto del fumo degli incendi, i ricercatori hanno effettuato simulazioni atmosferiche utilizzando un modello 3D globale che simula centinaia di reazioni chimiche nell’atmosfera, dalla superficie alla stratosfera.
Hanno iniettato una nuvola di particelle di fumo nel modello, simulando ciò che è stato osservato dagli incendi australiani, e hanno scoperto che all’aumentare della quantità di particelle di fumo nella stratosfera, le concentrazioni di biossido di azoto diminuivano, corrispondendo alle osservazioni dei tre satelliti.
Dai loro calcoli il calo dell’ozono indotto dal fumo è stato dell’1 per cento, annullando il recupero di una quantità simile di ozono ottenute attraverso l’eliminazione graduale dei gas che lo riducono. È noto che massicci incendi generano “pirocumulonembi”, vale a dire nubi di fumo torreggianti che possono raggiungere la stratosfera, una fascia che si estende da 15 a 50 chilometri sopra la Terra. Solomon si è chiesta se il fumo degli incendi australiani, che ha raggiunto i 35 chilometri, potesse aver impoverito l’ozono attraverso una chimica simile agli aerosol vulcanici.
Anche le principali eruzioni vulcaniche possono raggiungere la stratosfera e nel 1989 Solomon ha scoperto che le particelle in queste eruzioni sono in grado di distruggere l’ozono attraverso una serie di reazioni chimiche. Quando le particelle si formano nell’atmosfera, raccolgono umidità sulle loro superfici. Una volta bagnate, le particelle possono reagire con le sostanze chimiche in circolazione nella stratosfera, incluso il pentossido di diazoto, formando acido nitrico.
Normalmente, il pentossido di azoto reagisce con il sole per formare varie specie di azoto, compreso il biossido di azoto, un composto che si lega con sostanze chimiche contenenti cloro nella stratosfera. Quando il fumo vulcanico converte il pentossido di diazoto in acido nitrico, il biossido di azoto decade e i composti del cloro prendono un altro percorso, trasformandosi in monossido di cloro, che distrugge l’ozono.
“È la prima volta che la scienza ha stabilito un meccanismo chimico che collega il fumo degli incendi all’esaurimento dell’ozono”, afferma Solomon. “Anche se fosse solo un meccanismo chimico tra i tanti, la sua presenza è chiaramente dimostrata e costituisce un serio motivo di allarme”.
Immagine: Ricardo Gomez Angel, Unsplash
(rp)