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    Nuovi media e dinamiche

    di Mario Morcellini

    All’interno del dibattito culturale sulla comunicazione, animato dalle pagine dei quotidiani, dalle riviste scientifiche, dalle trasmissioni televisive, tende a ricorrere sempre più spesso il termine personalizzazione. Un’espressione che sembra riuscire a raccontare significativamente la nuova caratterizzazione che i media e le tecnologie comunicative hanno assunto, grazie alla valorizzazione della competenza e della volontà di scelta del fruitore, del pubblico, di ciascuno di noi.

    Anche se gli elementi in grado di spiegare la natura di questo fenomeno sono numerosi, è possibile far riferimento anzitutto a due variabili, che hanno segnato profondamente il tragitto che i mezzi di comunicazione hanno seguito per raggiungere una dimensione personale, attenta più alle aspettative del singolo individuo, che non a quelle delle enormi platee del passato: l’inarrestabile evoluzione tecnologica e la incontestabile centralità del soggetto.

    In un certo senso, infatti, si potrebbe individuare l’origine del discorso pubblico sulla personalizzazione dei mezzi di comunicazione, con la conseguente, e forse discutibile, opposizione tra una declinazione collettiva della fruizione mediale e una più specificatamente individuale, nel momento in cui l’innovazione tecnologica ha consentito la progressiva realizzazione di pratiche comunicative nuove, non collocabili all’interno di un’offerta generalista.

    Rispetto a tale evoluzione, almeno secondo l’opinione di alcuni studiosi, sarebbe possibile perfino individuare fasi ricorrenti, frame temporali predefiniti, nel passaggio che una particolare tecnologia compie, dalla fase in cui appare come una novità destinata a pochi, al periodo della sua domesticazione, in cui tende a essere conosciuta e utilizzata da molti, seguendo le traiettorie che scandiscono il ritmo delle mediamorfosi.

    Chiaramente, non si può circoscrivere al solo versante tecnologico un fenomeno complesso che, invece, deve essere affrontato anche da una prospettiva che tenga in considerazione dinamiche e tendenze socioculturali, di cui la comunicazione appare contemporaneamente moneta e conio. Sia per evitare il rischio di un determinismo tecnologico fuorviante, sia perché altrimenti non sarebbe neppure possibile spiegare la persistenza di media più tradizionali all’interno di un medesimo contesto di fruizione, come quello più naturale rappresentato dalle nostre abitazioni.

    Le profezie che, forse troppo frettolosamente, annunciavano come prossima l’inevitabile e definitiva scomparsa degli old media, sostituiti da più coinvolgenti e affascinanti new media, si sono dovute arrendere all’evidenza dei fatti: nella nostra società della comunicazione co-esistono, e sembrano destinati a farlo ancora per molto, strumenti tecnologici orientati a soddisfare bisogni estremamente diversi e stili di consumo culturale così variabili da rendere impraticabile l’opzione di abolire, in modo perentorio, la distinzione tra quei mezzi di comunicazione che, ancora oggi, vengono definiti di massa e quelli che invece sono considerati personali.

    I grandi media generalisti come la televisione, il cinema, la radio, in grado di raggiungere un pubblico vasto ed eterogeneo, infatti, non sono stati rimpiazzati, ma piuttosto affiancati e integrati da quelle tecnologie come il cellulare, la TV digitale, Internet, che garantiscono e offrono all’attore sociale e comunicativo una superiore capacità di interazione.

    Anziché ricorrere, dunque, a una simile opposizione dicotomica, utilizzando etichette concettuali che, rispetto a un mutamento complessivo in costante accelerazione, perdono qualsiasi efficacia semantica, sembra più opportuno provare a far dialogare, letteralmente a mettere in relazione, ambiti comunicativi differenti, utilizzando categorie interpretative meno esclusive.

    Da una prospettiva mediale, si potrebbe, allora, far riferimento alla definizione di rimediazione, che nell’elaborazione dei suoi autori, Bolter e Gruising, dimostra di possedere una notevole portata applicativa, riuscendo a cogliere i tratti salienti di un processo che vede ogni nuova tecnologia, da un lato, appropriarsi di alcune caratteristiche di quelle precedenti, dall’altro, proporsi come una loro versione aggiornata e migliorata.

    Da un punto di vista più prettamente sociologico, invece, la segmentazione degli stili di vita, la moltiplicazione delle alternative di consumo, la stessa modifica degli equilibri negli scambi e nelle interazioni personali dimostrano quanto l’individuo abbia acquisito un’inedita posizione di forza e di negoziazione.

    In questo senso, allora, la personalizzazione della comunicazione, degli strumenti attraverso cui si concretizza e delle pratiche che attiva, non può più essere interpretata solo come il prodotto del progresso scientifico e tecnologico, ma anche e soprattutto, come un prezioso indicatore del mutamento che attraversa la nostra realtà sociale.

    In quest’ottica, allora, è opportuno adottare un’altra chiave di lettura, emersa nel corso di una ricerca che, seppure svolta più di sessanta anni fa, all’interno di un panorama mediale e sociale completamente diverso, oggi mantiene ancora un forte valore esplicativo e rappresentativo: si tratta del concetto di influenza personale.

    Già semplicemente l’assonanza etimologica con la definizione di media personali suggerisce la possibilità di numerosi spunti di riflessione, che tuttavia richiedono una brevissima contestualizzazione.

    L’obiettivo originale che muove Katz e Lazarsfeld, autori dell’opera che verrà pubblicata negli Stati Uniti nel 1955, e in Italia nel 1968, segnando un vero punto di svolta nella storia delle scienze della comunicazione, può essere sintetizzato nel tentativo di verificare la reale valenza e l’effettiva portata degli effetti dei mezzi di comunicazione di massa. Le conclusioni a cui giungono, attraverso una rilevazione empirica, ma anche grazie a un’attenta elaborazione concettuale, consistono anzitutto nell’effettiva ri-scoperta del ruolo delle persone all’interno delle dinamiche comunicative. Smentendo, di fatto, la presunta onnipotenza mediale, questa ricerca avvia un complessivo processo di rielaborazione del rapporto mutevole che lega l’individuo, i media e le persone, fissando, contemporaneamente, alcuni concetti chiave, riassunti nella definizione generale di personal influence, che ancora oggi si dimostrano indispensabili per avviare una riflessione, un’osservazione, uno studio della configurazionale comunicazionale della nostra epoca. La rilevanza della categoria dell’influenza personale, riconosciuta peraltro, anche a livello istituzionale, dal recente conferimento di una laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione ad Elihu Katz, presso l’Università di Roma La Sapienza, lo scorso lunedì 28 maggio, è tale da offrire una preziosa opportunità di intercettare e comprendere le dinamiche comunicative e relazionali che caratterizzano anche il nostro mediaevo.

    La figura dell’opinion leader, la rappresentazione della comunicazione come flusso, la ridefinizione del concetto di piccolo gruppo, intuizioni salienti di quella prima ricerca, non solo non hanno perso il loro valore euristico, ma possono essere ancora declinati rispetto al nostro scenario mediale e, in particolare, si offrono come utili strumenti interpretativi nei confronti del medium che, su tutti, dimostra di possedere i tratti più specifici della personalizzazione e che, per questo, ha contribuito a modificare più profondamente il concetto stesso di mezzo di comunicazione: Internet.

    La Rete, globale nella sua estensione, eppure prettamente individuale nella sua fruizione, si pone come un nuovo territorio non solo comunicativo, ma effettivamente sociale, al cui interno vengono continuamente traslati e tradotti i processi relazionali che regolano le nostre routine quotidiane. Luogo di incontro virtuale, veicolo per l’attivazione di nuove pratiche di socializzazione, che sempre più spesso si trasformano in occasioni di incontro e di scambio reali, Internet è il personal medium rispetto a cui è possibile riscontrare il più elevato numero di episodi di influenza personale. Attraverso le tecnologie furbe dei forum, delle chat, dei blog, ognuno di noi si alterna, più o meno volontariamente o consapevolmente, nelle posizioni di influente o influenzato, di emittente o di ricevente, attribuendo un valore inedito al concetto stesso di leadership di opinione, e divenendo parte costituente di un flusso comunicativo multidimensionale, formato da gruppi, aggregazioni, figurazioni, variabili esattamente come i nodi che compongono una struttura reticolare.

    Se allora internet appare come la metafora più significativa del progressivo passaggio che la comunicazione ha compiuto da semplice risorsa a vero e proprio habitat elettivo dei moderni, nella figura degli innovatori o dei moderatori, degli esperti e, in generale, di coloro che mostrano una propensione superiore all’adattamento ai nuovi ambienti comunicativi, è facile riconoscere un’attualizzazione delle caratteristiche che Katz e Lazarsfeld attribuivano al leader di opinione, considerato a sua volta come un ulteriore mezzo di comunicazione, in grado di amplificare o ridurre la portata dei contenuti dei messaggi mediali.

    Tutto ciò appare ancora più evidente se si considera la proliferazione degli argomenti, dei temi, delle informazioni che vengono veicolati da strumenti sempre più pervasivi e presenti nella nostra quotidianità e, rispetto ai quali, si sviluppano nuove occasioni di confronto, di approfondimento e di scambio, e dunque di influenza personale.

    Rispetto a questo prorompente oceano culturale e comunicativo, è ugualmente possibile riscontrare la progressiva edificazione di nuovi aggregati e di nuovi legami sociali che, seppure condizionati dalla variabile tecnologica relativa sia alla dimensione dell’hardware, quanto sempre più spesso a quella del software, riassumono al loro interno le medesime caratteristiche e funzioni dei gruppi tradizionali: operare un filtraggio e una contestualizzazione, fornendo un supporto all’individuo, all’attore comunicativo, che a sua volta li compone e che non può, chiaramente, prescindere da essi.

    Chiaramente, simili considerazioni possono essere applicate anche ad altri media, e non soltanto alla Rete: ciò che conta infatti è la constatazione di un mutamento che ha condotto a una nuova valorizzazione della sfera individuale, in modo complementare, e non alternativo, a quella collettiva. L’immagine teorica che ne emerge è quella di un individuo sociale, la cui capacità di orientarsi verso se stesso come anche verso gli altri, verso l’esterno e nei confronti della realtà che concorre a costruire e ad abitare, si concretizza proprio attraverso il crescente ricorso e l’utilizzo sempre più frequente di quei mezzi di comunicazione che gli offrono la dinamicità e la flessibilità indispensabili per stare al passo con il tempo nuovo della nostra modernità.

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