Nanoscopia ottica: un primato italiano

All’Istituto Italiano di Tecnologia un passo ulterione nella ricerca dell’infinitamente piccolo.

di Alberto Diaspro

Nel 1959 Richard Feynman, premio Nobel per la fisica, presentava una lettura al Caltech, durante il periodo natalizio, con un avvincente titolo: C’è ancora un sacco di spazio là in fondo! S’avventurava così in scenari e intuizioni che si sono recentemente avverati, dalla possibilità di pilotare farmaci nel corpo umano dentro nano-navicelle fino all’abilità di esplorare il vivente a livello molecolare e submolecolare. Il raggiungimento del livello nanoscopico, un miliardesimo di metro o, se si preferisce, un dettaglio diecimila volte più fine del diametro di un capello, nell’esplorazione del vivente sta effettivamente a significare che si possono studiare i meccanismi alla base del funzionamento normale o «malato» delle cellule in organi e tessuti al livello delle singole molecole biologiche.

La svolta data dalla nanoscopia ottica si può considerare figlia di due importanti «rivoluzioni» in microscopia ottica: la microscopia a eccitazione multi fotonica e gli impressionanti sviluppi nel campo delle proteine fluorescenti visibili recentemente riconosciuto con l’assegnazione del Nobel a Shimomura-Chalfie-Tsien.

Un nuovo attore è entrato nella definizione di risoluzione, ovvero della capacità di osservare dettagli sempre più fini: la fotofisica delle molecole fluorescenti, dunque dei traccianti (per fotofisica si intende il modo in cui la luce di una sorgente luminosa fa produrre luce a quelle molecole che possono essere utilizzate come marcatori nei sistemi biologici).

In nanoscopia ottica viene «sgretolata» la cosiddetta barriera di diffrazione che definisce i limiti fisici della microscopia ottica, permettendo di cogliere «l’infinitamente» piccolo: miliardesimi di metro, appunto.

Il moderno «uovo di Colombo» riguarda il fatto di riuscire a concentrare l’attenzione, in modo otticamente e spazialmente controllato, sui dettagli di interesse. Pensate alle immagini che vedete come prodotte da tanti puntini luminosi che, analogamente alla rappresentazione puntinista, vi permettono di descrivere attraverso un’immagine la realtà, nel nostro caso costituita dalle molecole biologiche che si posizionano e rincorrono nelle cellule e tra una cellula e l’altra, per comprenderne il funzionamento. Immaginate che la «rotonda» impronta prodotta da un puntino luminoso possa essere ridotta dalla sovrapposizione con una ciambella che lascia passare la luce che ne attraversa il centro e di poter strizzare la luce dentro questa ciambella senza limiti.

Allora le dimensioni del «buco della ciambella» saranno responsabili della risoluzione: più questo «buco» sarà piccolo, migliore risulterà la risoluzione. Ciò permette di passare dalla microscopia alla nanoscopia, con l’effetto evidente di migliorare l’accesso all’informazione e di osservare con maggiore dettaglio la complicata architettura del sistema biologico.

La nanoscopia ottica ha ottenuto recentemente il raggiungimento di un limite di risoluzione impensabile per il microscopio ottico fino a qualche anno fa. Se il dettaglio più fine osservabile si attesta classicamente intorno a una risoluzione di circa 200 nm, il nanoscopio ottico, sfruttando anche le proprietà di particolari traccianti luminosi, ha raggiunto il limite di 7 nanometri. Si pensi che una proteina di medie dimensioni occupa uno spazio di circa 5 nanometri ed è coinvolta nei processi chiave di funzionamento del vivente.

è parso naturale all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) che il Dipartimento di Nanofisica e quello di Neuroscienze e Neurotecnologie realizzassero una sorta di Santa Alleanza per sviluppare presso NBT il primo nanoscopio italiano.

Il nanoscopio IIT è il primo realizzato in laboratorio, in Italia, e uno dei pochi al mondo e utilizza il principio della cosiddetta emissione stimolata introdotto da Stefan Hell e una sorgente laser in luce bianca per produrre quella ciambella che porta teoricamente a una risoluzione infinitamente fine.

Il gruppo di lavoro che ha realizzato il primo nanoscopio ottico italiano sotto la guida del sottoscritto e in collaborazione con Fabio Benfenati, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Neurotecnologie, è composto da Paolo Bianchini, che ha conseguito il postdottorato, e Silvia Galiani, tesista presso il Dipartimento di Fisica dell’Ateneo genovese. A loro si uniscono gli sforzi di Mattia Pesce di NBT, di Marco Scotto d’Abbusco e di Francesca Cella di Nanofisica, impegnati nello sviluppo di una architettura più avanzata per microscopia a super risoluzione tridimensionale.

Il nanoscopio IIT evolverà in due direzione principali: miglioramento della risoluzione ovvero della capacità di dettaglio fino a 30 nm e la possibilità di operare in vivo tramite una soluzione endoscopica.

In relazione alle attività dell’IIT nel settore della microscopia e dei nano materiali e ai recenti avanzamenti nella nanoscopia ottica, Leica Microsystems ha individuato in IIT il partner internazionale per installare a Genova presso il Dipartimento di Nanofisica il primo nanoscopio STED CW al mondo.

Questo non solo costituisce per IIT un riconoscimento di leadership mondiale nel settore, ma ci permette di avviare una pioneristica sperimentazione in nanofisica.

L’Istituto Italiano di Tecnologia rappresenta, in effetti, il sito di ricerca perfetto per le nuove tecnologie: sono presenti elevate competenze per sviluppi strumentali come quelli verso la nanoscopia multifotonica, la nanoscopia ottica integrata a metodi plasmonici e la microscopia a forza atomica e applicazioni avanzatissime nell’area delle neuroscienze e della comprensione dei meccanismi di funzionamento del cervello.

Inoltre, poiché IIT sviluppa sistemi nanostrutturati e nanocompositi a base di nanoparticelle di nuova concezione e generazione riteniamo che vi saranno importanti contributi proprio nei traccianti che sono alla base della nanoscopia, ovvero della possibilità di «strizzare» infinitamente l’informazione luminosa.

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