Mini dispositivi di DNA per la diagnosi del cancro

Piccoli circuiti composti di DNA riconoscono le cellule tumorali dalla loro ‘signatura’ molecolare.

di Lisa Ovi

Ricercatori della Duke University hanno creato semplici circuiti di filamenti di DNA sintetico decine di migliaia di volte più fini di un capello umano e capaci di identificare le cellule cancerogene. Diretta da Duke John Reif, professore di scienze informatiche, la ricerca è stata pubblicata su Journal of American Chemical Society.

I nuovi circuiti di DNA sono realizzati con filamenti sintetici interattivi, capaci di legare con la superficie esterna di una cellula e riconoscere le proteine che la popolano. Quando uno di questi circuiti identifica il proprio bersaglio, vi deposita un piccolo tag luminoso. Non è la prima volta che vengono utilizzate simili tecniche, ma i dispositivi realizzati finora sono inclini a troppi falsi allarmi: per ogni cellula tumorale correttamente identificata, vengono etichettate come tali anche un numero troppo alto di cellule sane.

Ogni tipo di cellula tumorale è caratterizzata da una determinata composizione di proteine della membrana cellulare sulla propria superficie. Per ridurre la percentuale di falsi allarmi, la squadra della Duke ha progettato circuiti di DNA capaci di legare con queste specifica combinazioni di proteine.

Ogni elemento base dei circuiti di DNA è costituito da due filamenti. Il primo filamento di DNA si piega e si allaccia parzialmente a se stesso per formare una sorta di forcina. Un’estremità di ogni forcina è legata al secondo filamento di DNA che fa le veci di una serratura, piegandosi in modo tale da adattarsi a una specifica proteina sulla superficie cellulare, come un pezzo di puzzle. Insieme, messi a contatto con la superficie di una cellula, questi due filamenti sono in grado di verificare la presenza o meno della particolare proteina per cui sono programmati.

Per eseguire il test, i componenti del circuito vengono mescolati in laboratorio con campioni di cellule di una persona. Quando tra questi campioni sono presenti cellule caratterizzate dalla combinazione di proteine per cui il test è formulato, il circuito le aggancia. A quel punto, un filamento di DNA “iniziatore” provoca quindi l’apertura di una forcina, che a sua volta ne fa scattare un’altra, in una reazione a catena che porta l’intero circuito ad aprirsi e accende la cellula.

Dai test condotti in provetta, i ricercatori hanno dimostrato che il dispositivo può essere utilizzato per diagnosticare casi di leucemia e distinguere diversi tipi di cancro nel giro di poche ore, semplicemente valutando la luminosità dei campioni. I dispositivi possono essere facilmente riconfigurati per rilevare diverse formazioni di proteine.

I ricercatori dovranno ora procedere con test che verifichino l’efficienza dei dispositivi in condizioni reali, fuori del laboratorio. Sono convinti che possano in futuro essere anche programmati per rilasciare molecole capaci di aizzare il sistema immunitario contro le cellule tumorali identificate.

Nel frattempo, la tecnologia potrebbe essere utilizzata come strumento di screening per aiutare a escludere diagnosi errate di cancro, risparmiando ai pazienti follow-up inutili, o per favorire lo sviluppo di trattamenti contro i tumori con meno effetti collaterali.

Immagine: Recettori della membrana cellulare. LJNovaScotia (pixabay.com)

(lo)

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