Skip to main content

Alcuni definiscono Miguel de Icaza un venduto. Ma il fautore messicano del software open source, sostiene che il miglior posto per continuare la battaglia contro Microsoft sia dall’interno di una grande multinazionale.

C’è una disarmonia di fondo nell’ufficio di Miguel de Icaza. Da una parte il famoso hacker – nel senso di mago della programmazione, non del trasgressore virtuale – che indossa una T-shirt, ha un aspetto giovanile ed emaciato, e sembra quasi un povero studente universitario, che viva solo di caffè. Da un’altra parte il vicepresidente per la tecnologia di prodotto del gigante multinazionale del software Novell, completamente a suo agio nel ricevermi in una lussuosa sala riunioni nella sede della azienda a Cambridge, in Massachussets, con vista sul Charles River e sullo sfondo il profilo di Boston. è un contrasto, però, che de Icaza dissipa rapidamente. «Ci sono motivazioni diverse che portano all’adesione alla comunità open source, come la libertà di scegliere la propria piattaforma o la possibilità di introdurre innovazioni», egli dice, riferendosi alla comunità globale di programmatori che scrivono software che altri sono liberi di scaricare e modificare. «Al momento una delle mie motivazioni è che vengo pagato per fare questo e quindi devo realizzare prodotti».

Sorretto da una forte tensione ideale e al tempo stesso cocciutamente pragmatico, de Icaza è per molti aspetti la faccia nuova del movimento open-source. Grazie al suo impegno come programmatore e sostenitore del software a sorgente aperto, de Icaza è passato in pochi anni da oscuro studente in una delle Università di Città del Messico, a leader della sfida, sempre più coronata da successo, alla egemonia di Microsoft nel mondo dei computer. Anche se è rimasto fortemente legato alla comunità di programmatori idealisti che hanno reso una realtà l’open source, la sua velocissima ascesa è stata resa possibile soprattutto da un acuto senso del mercato. De Icaza ha ben presto compreso che per essere veramente popolare con chi usa ogni giorno i computer, il sistema operativo Linux – l’alternativa open source, gratuitamente disponibile, a Windows di Microsoft – aveva bisogno di essere dotato di un’interfaccia amichevole, basata su icone e di avere a disposizione una varietà di applicazioni pari, in quantità e qualità, a quelle esistenti per le macchine che usano Windows. L’open source può anche produrre software migliore e più economico, ma la sola via perché questo cambi il mondo, ha intuito de Icaza, è che poi il pubblico lo usi realmente.

Difatti nulla illustra meglio la sorprendente evoluzione dell’open source che la traiettoria dello stesso de Icaza negli ultimi otto anni. Dopo aver iniziato come programmatore non pagato che contribuiva alla scrittura di software complementare a Linux, de Icaza fondò con altri, nel 1999, una nuova azienda chiamata Ximian per commercializzare nuovi programmi per PC basati su Linux. Ximian divenne rapidamente un importante punto di riferimento del movimento open-source e l’anno scorso è stata comprata da Novell, un’azienda dai conti travagliati che vende software ed è conosciuta soprattutto per i suoi programmi per le reti aziendali.

Novell spera di usare l’open source per contrastare l’emorragia della sua base di clienti. Il suo software di gestione di reti aziendali, che in passato ha conosciuto un periodo di notorietà, ha invano lottato contro gli analoghi prodotti Microsoft. «Stiamo perdendo il 10-12 per cento della nostra base di clienti ogni anno», confida Hal Bennett, vicepresidente di Novell per lo sviluppo commerciale. «Abbiamo bisogno di trovare nuovi obiettivi». Così Novell si è indirizzata verso l’unico approdo dove poteva avere un vantaggio su Microsoft: i programmi open source. «L’open source appare come il software del futuro a sempre più gente e Novell ha disperatamente bisogno di un futuro», afferma Rob Enderle, della società di ricerche di mercato Enderle Group di San Josè, in California. «L’open source e Linux indicano a Novell una possibile via d’uscita dai problemi che la affliggono».

Ma il contributo di de Icaza è molto più variegato. «Per alcuni aspetti Miguel è stato come un totem per chi fa parte della comunità open source», dice Michael Shaver, supervisore di progetti open source che recentemente ha iniziato a lavorare per Oracle Software. «Egli è passato dall’essere quasi un hacker al conciliare ad alto livello gli interessi aziendali e della comunità, aprendo nuove strade all’intero movimento open source».

ASSALTO A WINDOWS

La storia di de Icaza, come quella della maggior parte dei programmatori attivi nella comunità open source, è stata strettamente legata alla storia di Linux. Il sistema operativo apparve all’improvviso nel novembre 1991, quando uno studente finlandese, chiamato Linus Torvalds, presentò la prima versione di Linux sul Web, offrendo agli utenti dei PC una via di fuga da quella che molti vedevano come la tirannia di Microsoft. Fino a quel momento il movimento open source era stato relativamente limitato, impegnato a tentare con fatica di mettere insieme un sistema operativo, pezzo dopo pezzo. Con l’apparizione di Linux, la comunità aveva trovato una vitale e valida alternativa a Windows.

Ma c’era un problema: usare Linux richiedeva di digitare oscuri comandi. Proprio l’eliminazione di questi comandi è stato l’obiettivo di de Icaza. Nel 1991, egli era uno studente diciottenne di matematica alla National Autonomous University del Messico, l’Harvard messicana. Non si poteva permettere un PC, ma aveva accesso ai computer dell’Università e presto incontrò in rete la ribollente comunità dell’open source, sotto forma di una serie di siti specialistici su cui una specie di alleanza ribelle formata da hacker presentava i propri programmi costruiti per la nuova piattaforma Linux, e scambiava acidi commenti su ogni cosa, dai codici di programmazione alla politica.

De Icaza ben presto si fece un nome, scrivendo un programma di gestione file per Linux e già nel 1997 aveva attirato l’attenzione di Microsoft, che lo invitò a sue spese nella sede centrale di Richmond, a Washington, per un’intervista di lavoro. Secondo Nat Friedman, che allora lavorava a Microsoft e successivamente contribuì a fondare Ximian, de Icaza usò l’intervista come un’opportunità per spiegare ai manager della Microsoft perché la società multimiliardaria avrebbe dovuto abbandonare il suo modo di condurre gli affari, per abbracciare il sistema della programmazione open source. Abbastanza comprensibilmente de Icaza non fu assunto. Ritornò quindi a Città del Messico, per lanciare il progetto che avrebbe colpito al cuore gli affari di Microsoft.

Il progetto fu chiamato GNOME; il suo audace obbiettivo era quello di creare un’interfaccia grafica per Linux, facile da usare come quella di Windows, rendendo così Linux una realistica alternativa per gli utenti domestici e commerciali dei computer (si veda La rivoluzione di Linux 2 a pag. 30). Nel 1997 qualche centinaio di programmatori di tutto il mondo si unirono online a de Icaza. Nel 1999 venne completata una prima versione di GNOME che fu subito utilizzata da decine di migliaia di utenti e da aziende del calibro di Hewlett-Packard, Novell, Red Hat, Sun Microsystems (De Icaza venne inserito nella lista degli innovatori di TR100 nel 1999).

GNOME fece conoscere de Icaza non solo come uno dei migliori programmatori sulla piazza, ma anche come qualcuno che aveva un occhio particolarmente acuto per i grandi progetti, in grado di motivare i suoi collaboratori. «Mi piace lavorare sui programmi open source, ma in special modo amo lavorare con Miguel», dice Todd Berman, un programmatore di Medsphere System, azienda di software medicale ad Aliso Viejo, in California. «Egli è capace di grandi intuizioni e riesce sempre a sdrammatizzare le situazioni». De Icaza, sostiene Shaver di Oracle, «ha un talento invidiabile nella scelta delle persone giuste e nello sviluppo dei progetti».

Alla fine del 1999, Friedman suggerì a de Icaza di fondare insieme un’azienda di software. Lo scopo di Ximian era di fornire agli utenti di Linux quel tipo di applicazioni che gli utenti di Windows danno per scontate: programmi di posta elettronica o calendari on-line o ancora ausili software che aiutino i dirigenti dei sistemi informatici aziendali a far funzionare senza problemi i computer degli impiegati. Per la maggior parte delle persone avviare e far funzionare un’azienda dal nulla sarebbe stato un gran risultato, ma dopo circa un anno de Icaza era già impegnato nel suo nuovo grande progetto. Con la collaborazione di molti programmatori del progetto GNOME e usando Ximian come base di partenza, de Icaza progettava l’assalto finale dell’open source al dominio di Microsoft.

LA RETE SI ALLARGA

Per spiegare il progetto, de Izaca fa l’esempio di una scatola di fiocchi d’avena. Al suo interno la scatola pubblicizzava un gioco per computer, che funzionava ovviamente solo su macchine che usano il sistema operativo Windows. «Ho capito allora che nessuno avrebbe programmato videogiochi da scatola di fiocchi d’avena, al tempo stesso per Windows, Mac e Linux», racconta de Icaza. «è proprio la grande disponibilità di applicazioni che non esistono per Linux la ragione per cui le persone sono obbligate a usare oggi Windows». Programmi popolari come Word, Excel, Power Point e Photoshop, per esempio, così come la grande maggioranza di giochi per computer, non sono progettati per Linux. Per i normali utenti del PC, Linux non consente l’uso dei programmi favoriti.

Il problema era probabilmente destinato a peggiorare ulteriormente, dato che Microsoft aveva progettato un complesso gruppo di componenti per software, chiamati .Net, con cui la maggior parte del nuovo software progettato per funzionare in rete sarebbe stato scritto. Per impedire agli utenti di Linux di essere tagliati fuori da questo nuovo universo occorreva creare un set di strumenti di programmazione che, in sintesi, traducesse il software scritto per Linux in quello .Net e viceversa. Questi strumenti avrebbero permesso agli utenti di Linux di avvantaggiarsi del nuovo software scritto per Windows, mentre i programmatori Linux avrebbero potuto vendere il loro nuovo software – versioni open source di nuova generazione di Photoshop o Power Point, per esempio – al gigantesco mercato degli utenti di Windows. Questa proliferazione di alternative avrebbe inevitabilmente trascinato verso il basso i prezzi del software. De Icaza lanciò allora un progetto per creare questi nuovi strumenti, che chiamò Mono cioè «scimmia» in spagnolo.

All’inizio del 2001 Ximian raccolse 15 milioni di dollari in capitale di rischio, per acquisire sia i nuovi strumenti sia il programma di applicazione Linux, mentre allo stesso tempo il flusso continuo di denaro le permetteva di aiutare le aziende a sviluppare e usare programmi open source. Un gruppetto di grandi aziende aveva avvicinato Ximian per una possibile acquisizione e ciò aveva indotto de Icaza a pensare che forse avrebbero raggiunto i loro obbiettivi più velocemente se avessero fatto parte di una grande azienda. «Quando si è una startup non si hanno le risorse necessarie per sviluppare rapidamente il software e sostenere la sua diffusione», spiega de Icaza.

Ma de Icaza inevitabilmente rimase deluso dalle aziende che continuavano a contattarlo, a causa della loro mancanza di un serio impegno verso la programmazione open source. All’inizio dello scorso anno, invece, proprio il giorno in cui de Icaza stava iniziando a concedersi una meritata vacanza in Brasile, Friedmann lo chiamò per dirgli che i dirigenti della Novell sarebbero arrivati a Cambridge il giorno seguente. «Io dissi “Dio, fa che non sia un altro incontro inutile!”», ricorda de Icaza. In ogni caso rinunciò alla vacanza e ritornò in sede per offrire una presentazione di Mono.

Novell ha per lungo tempo dominato il lucroso mondo del software di rete – i programmi che aiutano i computer a parlare fra loro, attualmente onnipresenti nelle imprese e sempre più diffusi anche nelle case – fino a che Microsoft non ha usurpato il suo trono. I dirigenti di Novell intuirono che cambiare la loro linea di prodotti nella direzione dell’open source avrebbe potuto essere un modo per uscire dagli impicci. Mono sarebbe potuto essere la carta vincente, permettendo ai loro clienti di muoversi liberamente fra le applicazioni Microsoft e quelle open source. Persino le aziende più dipendenti dal software Microsoft avrebbero potuto scegliere i prodotti open source di Novell.

L’acquisizione è stata annunciata nell’agosto del 2003, ma Mono rimane un programma open source che chiunque può modificare; al momento ci sono circa un centinaio di programmatori nel mondo che lavorano volontariamente su esso. In alcuni casi i programmatori lo fanno perché questo dà loro una possibilità di farsi un’esperienza su un grande progetto di software, che potrà garantire loro grandi guadagni in futuro, mentre in altri casi lo fanno perché vogliono essere sicuri che Mono risponda ai loro bisogni specifici. Novell ne trarrà vantaggio, non vendendo il software di base, ma abbellendolo e integrandolo con servizi e con una struttura di supporto.

Riconciliare culture tanto differenti come quelle di Ximian e Novell non è stato però uno scherzo. «Per integrare completamente le aziende, abbiamo dovuto mettere da parte la nostra cultura di indipendenza», chiarisce de Icaza «Noi non volevamo essere considerati una piccola struttura di ricerca della Novell. Se Ximian era famosa per le sue capacità nella programmazione, ebbene il nostro lavoro è stato portare Novell al nostro livello». Matt Asay, direttore generale di Novell, ammette che ci vorrà un po’ perché gli impiegati della sua azienda si abituino a questo «invasore bohemienne», come lui definisce de Icaza. «Le persone erano a disagio all’inizio», egli dice. «Ma ora il pendolo si è spostato all’estremo opposto. Chi lavora qui è entusiasta delle prospettive aperte dall’open source. Direi che il più grande beneficio che Novell ha ricevuto da Ximian non è la sua tecnologia, ma il suo DNA».

I RIBELLI SANNO VENDERE

Per alcuni nella comunità open source, de Icaza è un angelo caduto, un hacker leggendario che ha deviato dal giusto e retto cammino. Nella comunità, per esempio, circola una critica ben precisa: Mono utilizza codici che sembrano pericolosamente simili al codice .Net, ben coperto dal brevetto di Microsoft. Più in generale, alcuni si preoccupano che de Icaza rappresenti la rottura della barriera, una volta forte, di separazione fra il mondo open source e quello delle società commerciali. In effetti, Microsoft rimpiange profondamente di aver respinto de Icaza nel 1997. Don Box, l’architetto del software di Microsoft, ha persino scritto una canzone per implorare de Icaza di unirsi alla sua azienda, cantandogliela davanti a un vasto pubblico durante una festa l’anno scorso. Ma anche se non ha ceduto al canto di sirena di Box, de Icaza è stato in sostanza accusato di vendersi al mondo delle aziende commerciali.

L’accusa di essere un venduto, non riempie di felicità de Icaza, ma non sembra neanche deprimerlo. «C’è sempre del fanatismo antimercato, ma è espressione di una piccola minoranza», egli afferma. «Anche quando stavo lavorando a GNOME, sapevo che prima o poi le grandi aziende sarebbero state coinvolte. Se si vuole ottenere il massimo dal software, eliminare gli errori, impiegarlo per risolvere i veri problemi e portarlo al grande pubblico, allora si ha bisogno delle grandi aziende». Ci sono stati però diversi inconvenienti nel diventare parte di una grande azienda. Alcune volte de Icaza deve arrivare in sede di prima mattina, per partecipare agli incontri aziendali, anche se normalmente gli è stato concesso di mantenere il suo abituale orario di lavoro: da mezzogiorno alle 2 di notte. Ancora più importante, continua de Icaza, il suo nuovo lavoro gli permette di usufruire dei vantaggi di tutti e due i mondi: la libertà e la passione condivisa del mondo dell’open source, supportate dalla grande disponibilità finanziaria e dalla capacità di programmazione strategica di lungo respiro concesse da una grande azienda. «A Ximian eravamo alla mercè dei finanziatori», egli ricorda. «Dovevamo costantemente adeguarci alla loro ultima idea. Ma a Novell io posso progettare cosa succederà nei prossimi sette anni».

Se de Icaza sembra aver abbandonato la personalità ribelle dell’universo open source, forse è perché ha costantemente in mente una rivoluzione completamente differente. Essendo cresciuto in una nazione dove la maggior parte delle persone non si possono permettere un computer, de Icaza ha a lungo sostenuto il movimento open source come la via più economica all’informatica per le comunità povere. «Ho un obbiettivo globale», egli sostiene. «Voglio favorire il successo di Linux, in modo che diventi il sistema operativo più usato nelle nazioni dove la popolazione non si può permettere computer con software coperto da brevetto». E mentre GNOME sta già rendendo Linux disponibile per gli utenti di computer meno benestanti, Mono assicurerà che quegli stessi utenti abbiano accesso alle nuove generazioni di software per il Web.

Se Mono raggiungerà il suo scopo, allora Linux e altri programmi open source, continueranno probabilmente a guadagnare consensi, a spese di Windows. Microsoft potrebbe allora perdere del tutto la sua antica posizione dominante nel mondo dei computer, il che abbasserebbe il costo dei programmi e, almeno teoricamente, dovrebbe consentire una scelta più ampia di software migliore. Questa è almeno la visione open source. Ma le rivoluzioni raramente vanno secondo i piani. Per sapere come finirà l’odissea di de Icaza e dei suoi compagni di programmazione open source, dovrete solo continuare a seguirci.

David H. Freedman è un giornalista indipendente, che risiede a Needham, in Massachusetts.