di MIT Technology Review Italia
Collaborare per competere: parchi scientifici, incubatori e centri servizi.
L’innovazione deriva sempre più da processi sistemici che coinvolgono attori con competenze e specializzazioni diverse. L’impresa è al centro di questo processo, ma, soprattutto in Italia, dove le aziende sono spesso di piccole dimensioni, giocano un ruolo importante anche le organizzazioni dedicate, come i parchi tecnologici, gli incubatori e i centri servizi distrettuali.
Ma quali sono queste organizzazioni? E che servizi offrono?
In Italia sono 236 i centri di innovazione e trasferimento tecnologico rilevati nell’ambito del programma RIDITT (Rete per la diffusione dell’innovazione), promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico. Presenti soprattutto nel nord del paese, ma ormai radicati anche nel sud e nelle isole, questi centri nascono spesso dalla collaborazione tra settore pubblico e settore privato. I servizi offerti spaziano dal supporto alle attività di ricerca all’accompagnamento delle nuove imprese, con la messa a di-sposizione di laboratori e locali attrezzati, il tutoraggio e la formazione dei neo-imprenditori. L’idea, in sostanza, è quella di comporre e adattare alle esigenze del territorio e dei singoli clienti un set di servizi, tecnologie e conoscenze, facilitando l’incontro e la collaborazione delle imprese con la ricerca e con le stesse istituzioni.
Tecnologie e territorio
Parco scientifico o polo tecnologico? Incubatore o business park? I centri di innovazione prendono spesso diversi nomi e diverse forme, che talvolta possono confondere. Ogni organizzazione ha del resto una sua unicità, che rende poco agevole il compito di chi voglia proporre una visione d’insieme. In linea di massima, e con qualche forzata semplificazione, è comunque possibile delineare tre profili. Tre piccoli identikit a portata d’impresa.
I parchi scientifici e tecnologici sono strutture nate per favorire lo sviluppo economico del territorio in cui operano, curando in particolare la dimensione della ricerca, dell’innovazione e dell’imprenditoria hi-tech. A questo scopo spesso ospitano al loro interno incubatori specializzati nell’assistenza alle nuove imprese in fase di start-up. La vocazione territoriale è garantita dalla presenza, nella compagine sociale, di attori locali come le università, le associazioni imprenditoriali, le amministrazioni pubbliche, le imprese e le banche. Secondo i dati APSTI (si veda l’intervista nella pagina precedente), i parchi scientifici ospitano in Italia oltre 16 mila addetti, attivi in 593 imprese hi-tech e 166 centri di ricerca. «Per noi è importante mettere in rete le aziende», sostiene Gabriele Persi, uno dei responsabili della comunicazione di AREA Science Park, il parco scientifico e tecnologico di Trieste. «Per questo, uno dei nostri prossimi passi riguarderà il potenziamento delle opportunità di scambio di informazioni tra le organizzazioni insediate, anche attraverso la realizzazione di una extranet e l’attivazione di social media».
Spazi e servizi per innovare
L’incubatore, che abbiamo già incontrato nei parchi scientifici, rimanda al concetto di incubatrice, cioè di un ambiente appositamente modificato e protetto per tutelare e favorire la crescita di un organismo. L’idea, in questo caso, è creare le condizioni ottimali per agevolare la nascita di nuove aziende. Gli incubatori sono quindi strutture che offrono spazi, servizi e relazioni di mercato alle nuove imprese o idee di impresa, sostenendone lo sviluppo e promuovendo, più in generale, la cultura imprenditoriale. I servizi maggiormente offerti riguardano quindi la formazione (74 per cento delle strutture) e il marketing (74 per cento), seguiti dal supporto amministrativo (52 per cento) e dalla consulenza legale (36 per cento). In Italia, i primi incubatori sono stati costituiti a partire dalla metà degli anni Ottanta nell’ambito dell’iniziativa europea dei BIC-Business Innovation Centre. A partire dalla fine degli anni Novanta si è quindi aperta una nuova fase caratterizzata da una maggiore focalizzazione sulla valorizzazione dei risultati della ricerca pubblica. Oggi le strutture attive sono più di 120, presenti sull’intero territorio nazionale e dedicate prevalentemente a settori hi-tech come l’ICT, la meccanica avanzata e le biotecnologie. «L’incubatore è per sua natura un luogo di incontri e di relazioni», spiega Fabio Maria Montagnino, responsabile dell’Incubatore ARCA di Palermo, «dove ricercatori, nuove imprese, operatori finanziari e aziende consolidate riescono a parlarsi e a scambiarsi opportunità e competenze. Siamo, in qualche modo, una zona di libero scambio dell’innovazione».
I distretti industriali, che pure in questi anni hanno conosciuto difficoltà, sono visti come una delle eccellenze del sistema Italia. L’idea di rete e collaborazione competitiva che li anima ha portato spesso alla creazione di strutture condivise di servizio, specializzate nei servizi – come i test di laboratorio, la formazione, la ricerca – e nelle competenze richieste dai singoli distretti. è interessante notare come, in alcuni casi, il ruolo di promotore dell’innovazione industriale venga svolto anche da istituti tecnici, che accompagnano la tradizionale azione formativa con l’offerta di servizi e prove di laboratorio, come avviene per esempio nel distretto tessile di Prato. Sempre a Prato è attiva Next Technology Tecnotessile. «Il centro servizi unisce la conoscenza di un settore industriale con una competenza tecnologica», sostiene il suo direttore, Solitario Nesti. «è una struttura che raccoglie e valuta idee per portare le imprese al di là dell’innovazione incrementale, che oggi non basta più. Per noi è stato importante investire in laboratori dove le imprese possono venire per fare prove ed essere poi accompagnate verso sfide più impegnative». Al di là dei confini distrettuali, centri servizi sono stati attivati anche da enti locali e agenzie di sviluppo per sostenere e far crescere la competitività del tessuto delle imprese.
Imprese, sistema, reti
Parchi tecnologici, incubatori e centri servizi sono comunque solo alcuni degli ingredienti necessari per accelerare e favorire i processi di trasferimento delle tecnologie alle imprese. Il menù del sistema innovativo nazionale è infatti completato dal ruolo di attori come il sistema della ricerca, la rete delle camere di commercio, le associazioni imprenditoriali, i consorzi di sviluppo industriale, le istituzioni finanziarie e, ovviamente, i policy makers.
I processi di innovazione si stanno infatti allargando sempre più oltre i confini delle singole aziende e pongono a queste la sfida di fare sistema e di dialogare anche con organizzazioni e strutture diverse. Dove andrà, quindi, l’Italia di domani? La risposta è da scrivere, ma la capacità di fare rete tra i diversi operatori giocherà un ruolo importante. E le imprese, tra le quali la percentuale delle innovatrici è salito dal 27 al 33 per cento in due anni, avranno un ruolo decisivo.
In due clic
Cercare un centro di innovazione oggi è facile. RIDITT, la rete per la diffusione dell’innovazione promossa dal Ministero dello Sviluppo Economico, mette infatti a disposizione un sistema per la consultazione on line di una banca dati su 1.477 strutture attive nel sistema nazionale dell’innovazione.
è possibile effettuare ricerche sia per categoria (sistema della ricerca, associazione imprenditoriale, centri di innovazione) sia per area geografica.
La banca dati è disponibile alla voce “Operatori” sul sito www.riditt.it
Verso nuove relazioni
Polo tecnologico di Navacchio (Pisa)
L’APSTI è l’Associazione dei Parchi Scientifici Tecnologici Italiani. Presidente dell’Associazione, che oggi raccoglie 31 strutture, è Alessandro Giari, del Polo Tecnologico di Navacchio, vicino a Pisa. A lui chiediamo un parere sull’evoluzione dei parchi scientifici e delle modalità di innovazione da parte delle imprese.
Parchi scientifici e aziende: verso quali modelli ci stiamo muovendo?
Non c’è oggi un unico modello di parco scientifico e tecnologico: in Italia convivono diversi modelli e modalità operative. C’è però un cambiamento in atto. L’attenzione si sta spostando sempre più da chi produce a chi utilizza le competenze, cioè verso le imprese. Questa evoluzione è percepita positivamente dal sistema produttivo: le aziende mostrano un rinnovato interesse nei confronti dei parchi e del loro potenziale di servizi e, soprattutto, di relazioni.
Come sta cambiando il modo di fare innovazione nelle imprese?
Parliamo prevalentemente delle piccole imprese. La collaborazione diventa sempre più importante. Si parte in genere dalla consapevolezza di un problema: un sistema operativo che non funziona, lo sportello di un mobile che non si chiude bene. Il passo successivo, a portata di microimpresa, è la collaborazione con altre imprese innovative. Le aziende, soprattutto se piccole, preferiscono infatti acquisire competenze collaborando con partner industriali, attraverso relazioni cliente-fornitore, piuttosto che tramite contratti di ricerca. Stiamo quindi assistendo a un’accelerazione nell’integrazione tra le imprese, e questo sta generando un nuovo potenziale innovativo.
Articolo tratto da: Laboratori AREA Science Park