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    Le università italiane e le start-up innovative

    PNI Cube è un’associazione accademica, nata nel 2004 con l’obiettivo di stimolare la nascita di nuove imprese ad alto contenuto di conoscenza e di provenienza universitaria.

    di Fabrizio Bugamelli

    PNI è l’acronimo di Premio Nazionale per l’Innovazione, la business plan competition organizzata dal mondo accademico italiano attraverso PNI Cube, l’associazione costituita da 38 tra università e incubatori accademici (tabella 1).

    Il PNI 2013, che si terrà il 31 ottobre a Genova, presso il Teatro della Gioventù, vedrà la partecipazione di 55 business plan, selezionati nel corso di competizioni locali, denominate “Start Cup”.

    Una giuria, composta da 25 tra venture capitalist e responsabili di R&S di grandi imprese, ha individuato il migliore business plan per ognuna delle quattro categorie di premiazione: Life Sciences, ICT & Social Innovation, Cleantech&Agro-food, Industrial.

    Alla vigilia dell’undicesima edizione, PNI Cube si è posto alcuni quesiti sull’efficacia della business plan competition nazionale come strumento di trasferimento tecnologico e di supporto all’imprenditorialità: quante idee hanno partecipato al Premio e quante poi sono diventate imprese? quali regioni hanno espresso il numero maggiore di start-up innovative? in quali settori operano?

    Ad Andrea Piccaluga e Claudia Daniele dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è stato chiesto di analizzare le ultime 8 edizioni del Premio. Anticipiamo alcuni risultati del loro Rapporto, di prossima pubblicazione.

    Dall’idea all’impresa

    Tra il 2005 e il 2012 i progetti finalisti del PNI sono stati in totale 416, di cui 215 sono diventati imprese attive, con un tasso di “trasformazione” pari al 51,6 per cento.

    In particolare, anno per anno: nel 2005 dei 36 progetti finalisti 18 sono quelli che hanno dato vita alle imprese start-up (il 50 per cento dei progetti presentati); nel 2006, su 34 progetti, 20 si sono costituiti come start-up (pari al 58,8 per cento); un aumento significativo si registra nel 2007, con 25 start-up costituitesi formalmente su 38 progetti (65,8 per cento); 56 sono i progetti presentati nel 2008, di cui il 46,4 per cento si è costituito in impresa; nel 2009 le start-up attive sono 33, su 58 progetti presentati; il 55 per cento dei progetti presentati (33 su 60) si sono costituiti nel 2010, di cui 21 spin-off e 13 start-up iscritte al registro delle imprese; nel 2011, 24 imprese su 70 (34,3 per cento) sono attualmente attive; infine, nel 2012 sono stati presentati 64 progetti, di cui 36 si sono formalmente costituiti.

    La distribuzione regionale

    A livello di capacità degli specifici territori di generare innovazione, emerge che le regioni che hanno presentato il maggior numero di progetti alle finali di PNI dal 2005 al 2012 sono: Lazio, Campania, Sicilia, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Piemonte, mentre le restanti regioni si collocano al di sotto dei 20 progetti presentati.

    Considerando il numero di imprese costituite al 20.09.2013, le regioni che hanno presentato un alto numero di progetti trasformati in impresa sono la Lombardia, con 20 imprese costituite (52,6 per cento); l’Emilia Romagna, con 23 imprese start-up attive; il Lazio con 20 imprese attive su 52 presentate alle finali PNI; per la Toscana si hanno 24 imprese attive su 26 progetti; 24 sono i progetti presentati dal Piemonte, di cui attualmente risultano attive 20 imprese (83,3 per cento); un risultato importante è stato conseguito dalle regioni Campania e Sicilia, con 40 progetti presentati alla finale PNI e 21 imprese attive (52,5 per cento). Si rilevano “tassi di trasformazione” più modesti per le regioni restanti.

    I settori di attività

    Quanto ai settori di attività (tabella 2), il maggior numero di progetti d’impresa presentati al PNI ha riguardato le life sciences, con 120 proposte, di cui 48 imprese attive (40 per cento). Segue il settore ICT, con 90 progetti presentati, di cui 53 attualmente attivi (58,9 per cento); poi il settore di energia e ambiente (81 progetti e 43 imprese attive), il biomedicale (28 imprese attive su 37 progetti (75,7 per cento). Tra i meno rappresentati emergono i settori dei beni culturali e dell’automazione, che hanno riportato, rispettivamente, 3 imprese attive su 5 e 3 imprese su 4 progetti presentati.

    Tabella 1: I 38 soci di PNICube

    AlmaCube-Università di Bologna; Consorzio Sapienza Innovazione; Politecnico di Milano-Acceleratore d’Impresa; Politecnico di Torino-Incubatore delle Imprese Innovative; Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna; Trentino Sviluppo SPA; Università Ca’ Foscari Venezia; Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Università Commerciale “Luigi Bocconi”; Università del Molise; Università del Piemonte Orientale; Università dell’Aquila; Università del Salento; Università della Calabria; Università di Bari; Università di Cagliari; Università di Camerino; Università di Catania; Università di Ferrara; Università di Firenze; Università di Foggia; Università di Macerata; Università di Messina; Università di Milano; Università di Modena e Reggio Emilia; Università di Napoli Federico II-Città della Scienza; Università di Padova; Università di Palermo; Università di Perugia; Università di Pisa; Università di Roma “Tor Vergata”; Università di Sassari; Università di Torino; Università di Trieste; Università di Udine; Università di Verona; Università LUISS Guido Carli di Roma; Università Lum Jean Monnet.

    Tabella 2: Start-up attive per settore di attività

    Fabrizio Bugamelli è docente di Ingegneria presso l’Università di Bologna e Segretario Generale di PNICube.

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