Le città intelligenti si attrezzano per mettere in rete gli oggetti

OrbiWise, la pluripremiata start up con sede a Ginevra, ha introdotto, fin dal 2014, una sua architettura di rete per l’Internet delle cose. Intervista a Domenico Arpaia, co-fondatore.

di Giuseppe Caravita

Provate a immaginare una rete radio diffusa in tutta la pianura Padana, da Milano a Vicenza a Bologna. Una rete simile a quella cellulare di oggi, ma con singole aree di copertura ben più ampie, fino a quindici chilometri di raggio. Una rete connessa a Internet, ma non per accedere al web o alla posta elettronica. Riservata non alle persone ma alle cose. Per esempio, a miriadi di sensori sul territorio. Per la misura della qualità dell’aria, per l’irrigazione e l’agricoltura, per mappare i parcheggi disponibili, per ottimizzare la raccolta dei rifiuti, per le tele letture dei contatori di gas, elettricità e acqua. E tanti altri servizi ancora da inventare.

Domenico Arpaia, ingegnere napoletano con un passato in Ericsson impegnato nelle tecnologie per terminali, da due anni guida OrbiWise, di cui è co-fondatore.  La startup, premiata più volte e basata a Ginevra, è in pieno boom. “In questo momento – dice – ci arriva più lavoro di quello che possiamo svolgere. E per questo stiamo assumendo persone che possano aiutarci”.

OrbiWise ha introdotto, fin dal 2014, una sua architettura di rete per l’Internet delle cose. “In questo campo ovviamente non ci siamo solo noi – spiega Arpaia – In realtà è una nuova industria che sta emergendo. L’Internet of Things o IoT è la seconda ondata di Internet. La prima ha connesso le persone. Per la seconda si prevede che verranno connessi 50 miliardi di oggetti. Dai contatori ai sensori di varia natura nell’agricoltura, ai localizzatori di oggetti, fino ad applicazioni più evolute, come la Smart Grid.”

Però le reti esistenti non sono molto adatte alla futura IoT. Le reti cellulari, ad esempio, richiedono molta energia, i dispositivi riceventi devono avere a bordo batterie potenti, con cicli di vita che saranno quindi limitati. Se poi andiamo sul Wi-fi vediamo che ha un range di comunicazione molto breve.  Per una copertura vasta il Wi-Fi non sarebbe pratico, sarebbero necessari troppi punti di accesso. “Quindi abbiamo sviluppato un sistema di radiocomunicazione ottimizzato per gli oggetti, con un raggio di comunicazione, tra la stazione fissa e gli oggetti, molto grande, anche di più delle reti cellulari. Allo stesso tempo, il consumo di potenza della stazione e dei dispositivi è molto minore. Più basso del Wi-Fi e anche del Bluetooth. Oltre a questi vantaggi offerti dalla tecnologia di radiocomunicazione, noi di OrbiWise abbiamo creato alcuni tool software sofisticati per la gestione della rete. Così operatori e utenti della rete hanno molteplici possibilitá per ottimizzare la comunicazione tra la rete e i dispositivi.

Partecipiamo a un organismo di standardizzazione chiamato LoRa Alliance, che sta crescendo a 200 aderenti. E insieme abbiamo contribuito a scriverne le specifiche.

C’è una grande esplosione in atto. Per questo oggi stiamo cercando di allargare l’azienda, assumendo persone qualificate. Siamo a un punto di svolta. Un numero sempre maggiore di aziende hanno capito la necessità di sistemi di comunicazione specializzati per l’Internet delle cose”.

Anche perché la tecnologia delle reti IoT presenta dei vantaggi inattesi.

“Partiamo da una premessa– dice Arpaia. Molte applicazioni IoT hanno bisogno di data rate relativamente piccoli.  Il sistema di radio comunicazione può essere ottimizzato per questa classe di applicazioni, ottenendo prestazioni migliori, rispetto a sistemi tradizionali.  Sia in termini di range di comunicazione che di consumo di potenza, che si traducono in costi molto più bassi sia per la rete che per i dispositivi. Al punto che una città come Milano si potrebbe coprire con una trentina delle nostre stazioncine. Con dei costi più bassi di quelle dei cellulari”.

Non poco. Ogni stazione radio LPWAN (Low Power Wide Area Network) copre una cella che può estendersi per 15 chilometri. “C’è anche un altro motivo che spiega questi costi limitati, oltre al basso bit rate e al contenuto consumo di potenza. La maggior parte degli algoritmi di radio comunicazione, “ il cuore della rete” risiedono nel “cloud” invece che nelle stazioni fisse o in nodi di rete specifici. In altri termini, le stazioni fisse sono molto semplici perché gli algoritmi risiedono altrove. Questo rende le reti più scalabili, flessibili. E’ un trend che ci vede tra i primi. Nel nostro caso tutta l’intelligenza delle rete è messa sul cloud. Sia la scelta delle frequenze sia la gestione degli errori di trasmissione. E questo ci permette di semplificare le stazioni. Una evoluzione favorita dalla bassa potenza e bitrate. Mentre per le reti telefoniche cellulari, infatti, il passaggio sul cloud presenta ancora dei problemi”.

E il basso costo attrae. Per esempio nel progetto della Tata Communications che progetta di stendere la prima rete LoRaTM dell’India in tutto il Paese a partire dalla copertura totale di Mumbai, Delhi e Bangalore. Oppure le iniziative emergenti in città come Dubai e Amsterdam.

“Ma non solo. Qui a Ginevra le autorità del Cantone ci hanno chiesto di avviare un sistema per il monitoraggio del rumore ambientale, con più di mille sensori a basso costo, dotati di microfono. Prima questo tipo di rilevazione era impossibile o molto costosa. Si trattava di inviare periodicamente in strada squadre con macchinari sofisticati. Oggi invece una rete del genere è permanente e poco costosa”.

Dalla Svizzera alla pianura Padana il passo è breve. “Un sistema di monitoraggio capillare delle polveri sottili sarebbe di sicuro un grande passo avanti – dice Arpaia – specie con lo sviluppo di sensori adatti a quest’applicazione e a basso costo”. Ma una rete per Milano e il Nord Italia offrirebbe di sicuro di più. Dall’ottimizzazione dei tragitti dei compattatori dei rifiuti urbani o dei trasporti, al controllo della stabilità di argini e monti. “E poi anche dentro le case, dato che la nostra tecnologia radio ha una buona penetrazione, persino superiore a quella dei cellulari”. Sensori indoor che non solo ti fanno ritrovare il portafoglio disperso in casa, ma anche capaci di segnalare una finestra aperta, e la fuga di calore.

“Con 500-1000 centraline si può coprire tutta la pianura padana.”

Un’infrastruttura che potrebbe dare un vantaggio al Nord Italia su una frontiera che sta creando innovazione e lavoro. Ma soprattutto un’arma per ridurre quei 40mila morti annui da inquinamento che ormai fanno strutturale mostra di sé nelle statistiche di un’area climaticamente svantaggiata.

L’articolo è disponibile anche su pepite.info


(
SA)

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