Le aziende cambiano politica sui profitti

Anche per chi diffida delle intenzioni e della sincerità dei principali amministratori delegati del mondo, la recente dichiarazione su “La finalità di una azienda” rilasciata alla Business Roundtable rappresenta un cambiamento straordinario delle strategie dei leader aziendali. 

di David Rotman

Sottoscritta da 181 amministratori delegati, tra cui Tim Cook di Apple e Jeff Bezos di Amazon, la dichiarazione di intenti sottoscritta alla Business Roundtable impegna le aziende ad andare oltre la ricerca del massimo profitto per gli azionisti, investendo più risorse nei dipendenti e nelle comunità e generando valore a lungo termine per gli azionisti.

Si potrebbe obiettare che si tratta di ovvietà. Ma in realtà rappresenta una rottura con l’unico scopo di massimizzare i profitti degli azionisti, una strategia che ha dominato le aziende dalla fine degli anni 1970 (si pensi a quando Gordon Gekko dice: “l’avidità è giusta”). 

Andrew Ross Sorkin fornisce un’eccellente spiegazione e delinea uno sfondo storico di quanto sia radicale il cambiamento di politica aziendale, ricordando l’ossessione, come la chiama lui, nei confronti dell’ideologia del primato degli azionisti, ben descritta nella frase di Milton Friedman: “il vangelo delle imprese è il profitto”.

Il passaggio non è stato improvviso, però. Alan Murray offre alcuni approfondimenti nel suo articolo su “Fortune”. Anche se nota che “Friedman starà rigirandosi nella tomba”, Murray spiega come l’inversione di tendenza sia avvenuta dopo la crisi finanziaria del 2007-2008 e in risposta alle domande sul ruolo del capitalismo e sulle crescenti disuguaglianze.

Inoltre, alcuni interventi altrettanto significativi si possono ritrovare in Better Capitalism su “Business Insider”.

Ma per capire veramente la posta in gioco, vale la pena di prendere in considerazione due libri in uscita sugli ultimi 50 anni di storia economica: Transaction Man di Nicholas Lemann e The Economists’ Hour di Binyamin Appelbaum. 

Un’ottima recensione dei libri si può trovare sull’ultimo numero di “Atlantic”. Un estratto dal libro di Lemann è una lettura avvincente.

Certamente, è facile mettere in discussione la sincerità dei CEO che firmano la dichiarazione e la loro reale disponibilità a mettere in atto il cambiamento. 

Innanzitutto, non si prende in considerazione il loro vertiginoso livello di retribuzione e di come ciò abbia danneggiato la credibilità delle aziende americane. 

I numeri sono sconcertanti e forniscono una mappa fedele della spinta a massimizzare i profitti degli azionisti alla fine degli anni 1970; dal 1978 al 2018 la retribuzione dei CEO è cresciuta del 940 per cento mentre quella del lavoratore medio è aumentata del 12 per cento

Quindi, sì, i CEO hanno massimizzato qualcosa, ma non necessariamente il valore per gli azionisti.

Tuttavia, la scelta di massimizzare i profitti degli azionisti ha segnato anche l’inizio della morte della ricerca e sviluppo aziendale, o almeno il tipo di ricerca scientifica che era comune negli anni 1960 e 1970 (pdf).

I profitti a breve termine non avevano spazio in questo tipo di investimenti e oggi soffriamo di questa mancanza di ricerca aziendale. Vedremo se il nuovo impegno a “generare valore a lungo termine” ridarà slancio anche gli investimenti in ricerca e sviluppo. Finora, non si vedono segnali concreti di questo cambiamento.

È interessante notare, infine, che una delle ultime grandi aziende a promuovere la ricerca scientifica è stata GE. Purtroppo il suo CEO, anche se membro della Business Roundtable, non ha firmato la recente dichiarazione.

Foto: Pixabay

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