Laser al silicio

La nuova rivoluzione tecnologica di Intel potrebbe allungare di decenni la validità della Legge di Moore.

di Robert F. Service

La Legge di Moore, che ha celebrato quest’anno il suo 40esimo anniversario, è stata il regalo più grande per l’industria dei semiconduttori. Nel 1965 Gordon Moore, uno dei fondatori di Intel, previde che il numero di transistor su un chip computerizzato sarebbero raddoppiati ogni due anni. Allora un chip ospitava solo qualche decina di transistor. Oggi il chip più avanzato di Intel contiene più di 1 miliardo e 700 milioni di transistor e si calcola che il loro numero nel 2012 supererà i 10 miliardi. Questo costante progresso nel corso degli ultimi quattro decenni ha alimentato la moderna rivoluzione informatica e ha reso Intel un gigante tecnologico.

Ma la capacità di stipare sempre più transistor e altre circuiterie su un chip si scontra con una serie di problemi che potrebbero, se continueranno ad aggravarsi, minacciare la crescita dell’attuale economia digitale basata sul silicio. Alcune delle aree ritenute più a rischio sono rispettivamente: la creazione di calore, le correnti elettriche che fuoriescono dai circuiti, le interferenze elettriche tra fili adiacenti. Le più recenti CPU per computer da tavolo, per esempio, consumano 100 watt di potenza. Le CPU per portatile sono in genere più efficienti, poiché sono progettate per massimizzare la vita della batteria, ma arrivano ugualmente a consumare 75 watt. “è come mettere un tostapane nel portatile“, afferma Pat Gelsinger, vicepresidente di Intel. Una soluzione che probabilmente si diffonderà consiste nell’aumentare il numero dei transistor su chip non rimpicciolendoli, ma semplicemente replicando lo stesso schema di circuito due o più volte sulla stessa fetta di silicio. Intel ha rilasciato i suoi primi chip “a nuclei integrati” all’inizio del 2005. I dirigenti di Intel prevedono un futuro di chip “multinucleo”, con oltre un migliaio di processori uno accanto all’altro.

Ma c’è un problema. I fili di rame che trasmettono il flusso di 1 e 0 digitali dentro e fuori il computer, e tra i processori in alcuni computer, possono trasportare solo una determinata quantità di dati così rapidamente. “Se raddoppio la prestazione (di un processore), devo anche raddoppiare la prestazione in entrata e in uscita del chip“, dice Gelsinger. “Il rame, la nostra tradizionale tecnologia di collegamento, non regge queste velocità“.

Il problema è che gli impulsi elettrici che viaggiano attraverso i fili di rame incontrano la resistenza elettrica, che degrada l’informazione che loro trasportano. Quindi i bit dei dati che viaggiano con il rame devono essere sufficientemente distanziati e muoversi abbastanza lentamente in modo che i dispositivi all’altra estremità del filo possano recuperarli. Questa limitazione ha già provocato seri ingorghi sulle reti di area locale che utilizzano fili di rame per le connessioni tra computer. Molti esperti prevedono anche che si creeranno dei colli di bottiglia per il traffico dati tra processori diversi nei singoli computer. La conclusione è che, anche se la Legge di Moore continua a essere valida, i computer non saranno più in grado di avvantaggiarsi della maggiore potenza acquisita, poiché non riusciranno a spostare i dati dai chip abbastanza rapidamente da stare al passo con i processori. Si tratta di una sfida fondamentale: i computer devono trovare un modo sempre più veloce per far muovere una grande quantità di dati nei e tra i chip.

Il laser al silicio può essere una soluzione. I collegamenti ottici possono trasportare migliaia di volte più dati al secondo dei fili di rame. Ma i componenti ottici esistenti, che sono composti di materiali semiconduttori esotici come l’arsenuro di gallio e il fosfuro di indio, sono troppo costosi per l’uso in singoli computer o persino nelle reti locali. Se si potessero realizzare congegni ottici con il silicio, che è economico e, almeno per un’azienda come Intel facile da produrre, sarebbe tutto diverso. Il passaggio all’ottica al silicio aggiungerebbe una nuova capacità di base ai chip al silicio: quella di manipolare e rispondere alla luce. Le aziende probabilmente sfrutterebbero questa capacità in primo luogo per sostituire i collegamenti in rame con le connessioni ottiche in rete. Ma successivamente la fotonica al silicio potrebbe rimpiazzare i fili di rame tra i processori con un unico chip. I creatori di chip hanno anche ipotizzato di usare l’ottica al silicio nei circuiti interni che i microprocessori utilizzano per eseguire le istruzioni, aumentando esponenzialmente le velocità di clock e di conseguenza le velocità di elaborazone.

Fino a poco tempo fa, quando si parlava del potenziale dell’ottica al silicio, non si andava oltre lo stadio ipotetico perché non esistevano laser al silicio adeguati. Ma, lo scorso inverno, la situazione è cambiata quando Mario Paniccia, uno scienziato di Intel, ha mostrato il primo laser continuo completamente al silicio. Realizzato usando gli stessi metodi di lavorazione dei chip al silicio, l’apparecchio sperimentale emette un flusso stabile di fotoni infrarossi, una prestazione che molti ricercatori credevano irrealizzabile con il silicio.

Siamo ancora agli esordi della fotonica al silicio. Ma il risultato di Intel, che si basa sulle scoperte riportate negli anni passati in una serie di studi che si occupavano dei progressi dei componenti ottici basati sul silicio, sta convincendo molti esperti della opportunità di collegare strettamente le tecnologie ottiche ed elettroniche a livello di computer. Il progresso del gruppo di Paniccia è stato indubbiamente rilevante, dice Graham Reed, un pioniere della fotonica al silicio dell’Università del Surrey, in Inghilterra. “Ora tutti gli scettici stanno cominciando a credere che il silicio avrà un impatto reale sull’ottica“.

Le innovazioni previste nella tecnologia al silicio manterranno quasi sicuramente in vita la Legge di Moore per il prossimo futuro, creando computer ancora più rapidi. Velocizzando il passaggio di immense quantità di dati dentro e fuori i chip e tra le macchine, la fotonica al silicio potrà consentire alle persone di avere accesso a una sempre maggiore potenza di calcolo.

Un debole emettitore di luce

Le fibre ottiche costituiscono lo scheletro portante delle reti di telecomunicazioni a lunga distanza e sono in gran parte responsabili della velocità di Internet. Ma i componenti ottici non sono economici. La trasmissione e la ricezione ottiche dei dati richiedono un laser che crea un fascio luminoso; un “modulatore” che converte il fascio in sequenze unitarie on/off che rappresentano gli 1 e gli 0 digitali; “guide d’onda” che convogliano la luce nei chip; rivelatori fotoelettrici che catturano la luce e la ritrasformano in segnale elettrico. Oggi questi congegni non sono prodotti con il silicio e la loro installazione costa migliaia di dollari. I provider di telecomunicazioni possono sostenere questi prezzi, ma rendere la tecnologia disponibile per lo spostamento dei dati in un computer significa ridurre i prezzi di alcuni ordini di grandezze.

Il silicio potrebbe essere la risposta. “Forse il silicio non sarà la panacea, ma a nostro parere vi è abbastanza vicino“, afferma Gelsinger. “Questo materiale si è dimostrato efficace in termini di costi, durevole, facilmente manipolabile e possiede una lunga serie di altre caratteristiche positive“. Le componenti fotoniche fatte di silicio renderebbero più economica la parte ottica e ne allargherebbero gli usi potenziali. “Oggi l’ottica è una nicchia tecnologica. In futuro sarà la risorsa principale di ogni chip che produrremo”, conclude Gelsinger.

Fino a un anno fa, sembrava che il silicio non avrebbe mai giocato un ruolo importante nell’ottica. “Il silicio non è intrinsecamente il miglior materiale ottico“, spiega Reed. Una delle sue principali carenze è la scarsa capacità di emettere luce. Quando gli elettroni del silicio sono eccitati, invece di rilasciare fotoni, provocano la vibrazione del reticolo cristallino del silicio. Il risultato è il calore e non la luce. Al contrario, semiconduttori come l’arsenuro di gallio e il fosfuro di indio emettono luce, quando vengono eccitati elettricamente. Pertanto, anche se i ricercatori sono sempre stati affascinati dall’idea di un “chip ottico”, l’opinione prevalente era che il silicio non fosse il materiale giusto per questo scopo.

Poi, alla fine degli anni 1990, i ricercatori hanno ottenuto una serie di progressi incoraggianti, anche se preliminari, nell’ottica del silicio. Il progresso realizzato dal gruppo di Paniccia ha convinto i dirigenti di Intel a sostenere con più convinzione il programma aziendale di fotonica al silicio. Il primo importante passo in avanti è arrivato nel febbraio del 2004, quando Paniccia scrisse sulla rivista “Nature” che il suo gruppo aveva prodotto un modulatore al silicio capace di convertire un flusso continuo di luce da un laser in rapidi impulsi di 1 e 0 digitali alla velocità di un miliardo di hertz, o un gigahertz, un risultato 50 volte migliore rispetto al precedente record, dimostrato sperimentalmente, del silicio. “Ma si trattava ancora di una velocità del tutto insufficiente“, sostiene Reed. Infine, la scorsa primavera, i ricercatori di Intel guidati dallo scienziato dei materiali Ling Liao hanno presentato un modulatore al silicio che funziona a 10 gigahertz, più o meno in linea con gli altri modulatori ottici.

Ma la componente cruciale della fotonica al silicio era ancora il laser. Nel settembre dello scorso anno, quattro gruppi separati, tra cui quello di Paniccia, hanno riferito di laser al silicio che lanciavano impulsi separati di luce. Poiché il silicio ottiene risultati mediocri nel convertire le cariche elettriche in luce, tutti questi laser al silicio si affidavano a laser esterni come fonti d’energia. Come tutti i laser basati su chip, quelli al silicio funzionano trasformando l’energia  in questo caso fotoni di un’altra sorgente luminosa – in una raffica di fotoni aventi fondamentalmente le stesse lunghezze d’onda e fasi. I ricercatori di Intel hanno sfruttato un principio noto da molto tempo, l’effetto Raman, in cui i fotoni acquistano energia dalle collisioni con gli atomi vibranti.

In ogni caso, i laser a impulsi non offrono grandi prestazioni nella trasmissione dati. Gli ingegneri ottici preferiscono di gran lunga i laser continui, che loro possono manipolare con i modulatori per creare segnali di dati. Ma tutti i diversi gruppi si sono trovati di fronte agli stessi problemi. Appena si aumenta la quantità di luce del laser continuo che viene mandata ai chip di silicio, la probabilità che coppie di fotoni in entrata colpiscano contemporaneamente un singolo atomo di silicio aumenta a sua volta. Se ciò accade, gli atomi di silicio fanno uscire gli elettroni dalle loro orbite atomiche e queste cariche mobili divorano voracemente i fotoni. Il fascio laser entrante deve essere a impulsi per dare agli elettroni quei milionesimi di secondo di cui hanno bisogno per scaricare la loro energia in eccesso e ritornare al loro stato di riposo.

Il gruppo di Paniccia ha trovato una risposta brillante e allo stesso tempo, per chi ha familiarità con la tecnologia del silicio, concettualmente semplice. Inciso nel chip laser di Intel si trova un canale a guida d’onda al silicio nel quale la luce va avanti e indietro, guadagnando d’intensità. I ricercatori hanno fissato degli elettrodi su entrambi i lati del canale. Quando si applica una corrente agli elettrodi, si crea un campo elettrico che spinge gli elettroni carichi negativamente verso l’elettrodo carico positivamente, mettendoli efficacemente fuori gioco. Il risultato è stato che i fotoni sono riusciti ad accumularsi senza limitazioni, fino a produrre un fascio laser continuo.

Lo scorso inverno, tre giorni prima di Natale, Haisheng Rong e Richard Jones, due colleghi di Paniccia, hanno avuta una prima conferma del funzionamento della loro intuizione tecnologica: una linea sul display di un analizzatore a spettro ottico ha mostrato che i fotoni all’infrarosso prodotti dal laser fuoriuscivano con un flusso continuo.

Oltre Intel inside

I ricercatori di Intel devono ancora trovare il modo di produrre laser al silicio insieme ai componenti elettronici su chip. I circuiti elettronici sono realizzati con un processo elaborato: montaggio e incisione di decine di strati di materiali. Alcuni di questi passaggi richiedono temperature ben sopra i 1.000 °C o l’esposizione a sostanze chimiche caustiche. Pertanto gli ingegneri di Intel devono assicurarsi che le diverse fasi di assemblaggio dei congegni ottici non degradino la circuiteria elettronica, e viceversa.

Come prima dimostrazione dell’utilità della fotonica al silicio, Paniccia prevede alla fine di quest’anno di integrare più modulatori e altri componenti ottici su una fetta di silicio; questa combinazione dovrebbe migliorare le velocità di trasferimento dei dati di 100 gigabit al secondo. Un simile prototipo, spera Paniccia, illustrerà il potenziale della fotonica al silicio nel trasportare i dati dentro e fuori il chip assai più efficacemente delle tecnologie ora presenti sul mercato.

Entrando in uno dei laboratori ristrutturati all’inizio del 2005, Paniccia indica un modello di un cavo ottico Ethernet che dovrebbe essere utilizzato per la fotonica al silicio. Anche se il comportamento di Paniccia è quello tipicamente accurato e riservato dello scienziato, è evidente che mostra con piacere il prototipo per spiegare la sua visione del nuovo ruolo del silicio. A una estremità del cavo sottile come uno spaghetto si trova un connettore che ricorda la terminazione di un filo telefonico, con attenuatori metallici collocati in minuscole fessure nel rivestimento di silicio. In una versione funzionale del cavo, i segnali elettrici dovrebbero viaggiare da un chip del computer attraverso questi attenuatori metallici fino a un chip fotonico al silicio interno al minuscolo connettore, dove dovrebbero essere convertiti in un flusso di impulsi luminosi.

A prima vista il cavo ricorda la tecnologia familiare, ma l’introduzione della fotonica al silicio, in versione economica, garantisce velocità e potenza senza precedenti ai computer. L’operazione consentirebbe inoltre a Intel di aggiungere una tecnologia innovativa al suo logo vincente Intel inside. Comunque la realizzazione di questo progetto non sarà semplice, anche se Paniccia è ottimista. “Il problema non è se riusciremo a farlo, ma il quando e il come. Recentemente siamo andati molto avanti“. E quando cadrà l’ultima barriera tecnologica, egli conclude, “la fotonica al silicio si diffonderà ovunque“.

Robert Service è un collaboratore di “Science”, specializzato in chimica e scienza dei materiali.

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