DeepMind ha utilizzato l’intelligenza artificiale per controllare la materia surriscaldata all’interno di un reattore a fusione nucleare. Ora la ricerca può esplorare nuovi fronti con in mano uno strumento di controllo affidabile
di Will Douglas Heaven
DeepMind non si tira indietro quando si trova davanti a un problema scientifico complesso. In collaborazione con lo Swiss Plasma Center dell’EPFL, a Losanna, in Svizzera, l’azienda di intelligenza artificiale con sede nel Regno Unito ha ora addestrato un algoritmo di apprendimento per rinforzo profondo al controllo della materia surriscaldata all’interno di un reattore a fusione nucleare. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, potrebbe aiutare i fisici a capire meglio come funziona la fusione e potenzialmente accelerare l’arrivo di una fonte illimitata di energia pulita.
“Si tratta di una delle applicazioni più avanzate dell’apprendimento per rinforzo in un sistema del mondo reale”, afferma Martin Riedmiller, ricercatore di DeepMind. Nella fusione nucleare, i nuclei atomici degli atomi di idrogeno vengono raggruppati per formare atomi più pesanti, come l’elio. In questo modo si produce una fonte di energia molto efficiente. È molto più pulita e sicura dei combustibili fossili o dell’energia nucleare convenzionale, che è creata dalla fissione, in cui i nuclei vengono indotti alla separazione. Non secondario, è anche il processo che alimenta le stelle.
Tuttavia, controllare la fusione nucleare sulla Terra è difficile. Il problema è che i nuclei atomici si respingono. Raggrupparli all’interno di un reattore può essere fatto solo a temperature estremamente elevate, che spesso raggiungono centinaia di milioni di gradi, più calde del centro del sole. A queste temperature, la materia non è né solida, né liquida, né gassosa. Entra in un quarto stato, noto come plasma: una zuppa di particelle ribollente e surriscaldata.
L’obiettivo è quello di tenere insieme il plasma all’interno di un reattore abbastanza a lungo da estrarre energia da esso. All’interno delle stelle, il plasma è tenuto insieme dalla gravità. Sulla Terra, i ricercatori usano una varietà di strategie, inclusi laser e magneti. In un reattore a magnete, noto come tokamak (camera toroidale magnetica), il plasma è intrappolato all’interno di una gabbia elettromagnetica, costringendolo a mantenere la sua forma e impedendogli di toccare le pareti del reattore, il che lo raffredderebbe e lo danneggerebbe.
Il controllo del plasma richiede un monitoraggio e una manipolazione costanti del campo magnetico. Il team ha addestrato il suo algoritmo di apprendimento per rinforzo a farlo all’interno di una simulazione. Dopo aver imparato a controllare e modificare la forma del plasma all’interno di un reattore virtuale, i ricercatori gli hanno dato il controllo dei magneti nel Tokamak a configurazione variabile (TCV), un reattore sperimentale a Losanna.
In questo modo hanno scoperto che l’AI era in grado di controllare il reattore reale senza ulteriori regolazioni. In totale, l’AI ha controllato il plasma per soli due secondi, ma questo è il tempo di funzionamento del reattore TCV prima che diventi troppo caldo.
Reazioni rapide
Diecimila volte al secondo, la rete neurale addestrata effettua 90 misurazioni diverse che descrivono la forma e la posizione del plasma e regola la tensione in 19 magneti in risposta. Questo ciclo di feedback è molto più veloce di quanto i precedenti algoritmi di apprendimento per rinforzo abbiano mai sostenuto. Per velocizzare i procedimenti, l’AI è stata divisa in due reti neurali. Una grande rete, denominata critica, ha imparato per tentativi ed errori come controllare il reattore all’interno della simulazione. L’abilità di questa grande rete è stata poi codificata in una più piccola e veloce, attiva nel reattore stesso.
I ricercatori ritengono che l’uso dell’AI per controllare il plasma renderà più facile sperimentare diverse condizioni all’interno dei reattori, aiutandoli a comprendere il processo e potenzialmente accelerando lo sviluppo della fusione nucleare commerciale. L’AI ha anche imparato a controllare il plasma regolando i magneti in un modo mai sperimentato prima, il che suggerisce che potrebbero esserci nuove configurazioni di reattori da esplorare.
“Con questo tipo di sistema di controllo possiamo correre dei rischi che altrimenti non potremmo affrontare”, afferma Ambrogio Fasoli, direttore dello Swiss Plasma Center e presidente dell’Eurofusion Consortium. Gli operatori umani spesso non sono disposti a spingere il plasma oltre certi limiti. “Ci sono eventi che dobbiamo assolutamente evitare perché danneggiano il dispositivo”, spiega. “Se siamo sicuri di avere un sistema di controllo che ci porti vicino ai limiti, ma non oltre, allora possiamo accelerare i tempi della ricerca”.
(rp)