L’After Market dell’ibrido per auto

La soluzione dei motori elettrici posizionati nelle ruote posteriori apre interessanti scenari.

Forse non tutti sanno che il primo progetto realizzato dal giovane Ferdinand Porsche (nel 1898) fu un veicolo elettrico mosso da due motori elettrici posti nelle ruote, alimentati da ben 1800 kg di batterie al piombo. Il veicolo venne presentato all’Esposizione universale di Parigi del 1900 con il simpatico nome di Toujours-Contente. Per risolvere l’evidente problema rappresentato dalle batterie (già allora il tallone d’Achille dei veicoli elettrici puri), la logica soluzione del futuro fondatore della Dr. Ing. h.c. F. Porsche GmbH (nel 1930) e progettista dell’auto del popolo Volkswagen (nel 1933) fu di dotare il veicolo di un elettrogeneratore accoppiato a un motore Daimler con tanto di motori elettrici collocati nei mozzi delle ruote.

Il prototipo di Porsche dimostra come il posizionamento di un motore elettrico direttamente sulla ruota sia una soluzione naturale e quanto la combinazione di motore termico, batterie e motori elettrici fosse da considerarsi logica almeno prima dello straordinario sviluppo dei motori a combustione durato tutto un secolo.

La supremazia del motore a combustione per la trazione veicolare non oggi messa in discussione per i suoi limiti o per la presenza di alternative più efficienti ed economiche, ma per elementi non strettamente legati al suo funzionamento: la dipendenza dalle fonti di approvvigionamento del petrolio, la concentrazione delle emissioni nocive e delle emissioni che contribuiscono ad aumentare l’effetto serra.

Questi elementi, lungi dall’imporre l’immediata scomparsa dei motori termici, sicuramente «riaprono i giochi» tecnologici e riportano alla ribalta le soluzioni di ibridazione tra motori termici e motori elettrici come quella proposta da Porsche e, con essa, l’opportunità della presenza di un motore elettrico direttamente nella ruota.

Uno spazio quasi vuoto

La grande diffusione della configurazione di veicolo a trazione anteriore, che lascia le ruote posteriori «libere» (rispetto alla trazione), nonché la tendenza a proporre anche per veicoli non particolarmente sportivi cerchi ampi e pneumatici larghi e ribassati aumentano il volume «libero» tra cerchione e mozzo. L’idea quindi semplice: riempire tale spazio libero con un motore elettrico, uno per ciascuna ruota posteriore, potendo quindi «ibridare in parallelo» la trazione senza richiedere di modificare in alcun modo il gruppo motore a combustione, cambio, differenziale presente sul veicolo. Un vantaggio aggiuntivo quello di rendere la trazione del veicolo integrale con tanto di differenziali attivi sia antero-posteriore sia posteriore, con la sola necessità di far interagire il software delle centraline del motore a combustione e dei motori elettrici.

I problemi tecnologici che si presentano nella realizzazione di tale soluzione sono sostanzialmente due: la presenza della pinza del freno a disco, che rompe la simmetria circolare del volume libero, e l’incremento della cosiddetta «massa non sospesa», ovvero del peso di quanto si pone tra strada e attacco sospensione.

Al primo problema i tecnici di Actua hanno trovato una brillante soluzione, che consiste nel realizzare un motore elettrico rotore esterno e statore interrotto (per fare posto alla pinza). Al secondo problema hanno risposto le simulazioni dinamiche prima e quindi le prove in pista con il veicolo opportunamente sensorizzato: entrambe non denotano un’apprezzabile variazione del comportamento della vettura.

Un aiuto per i sistemi attuali

Il volume disponibile tra cerchione e mozzo impone la potenza del motore elettrico che si può ottenere su ciascuna ruota: da 3 a 5 kW nominali, che possono diventare oltre 10 kW di picco (per pochi secondi). Tale potenza è comunque sufficiente a realizzare un sistema ibrido di tipo «mild» in cui la potenza elettrica è una frazione di quella termica, tale da aiutare, ma non tale da sostituire quest’ultima. Soprattutto nel traffico urbano caratterizzato da frequenti arresti e ripartenze, l’aiuto in termini di coppia proprio in tali momenti comunque sufficiente ad abbattere emissioni e consumi nell’ordine del 10-15 per cento. Il disaccoppiamento dei sistemi di trazione consente inoltre di realizzare un sistema di start & stop «esteso», potendo spegnere il motore a combustione prima dell’arresto del veicolo per riaccenderlo solo dopo la ripartenza in elettrico puro. Lo sfruttamento delle ruote libere apre interessanti scenari per la diffusione dei sistemi ibridi in quanto potenzialmente installabili in modalità After Market su una grande parte dei veicoli già circolanti e per molti modelli che non saranno forse mai disponibili in versione ibrida direttamente dalla casa produttrice. Se poi si considera che l’elemento di maggiore obsolescenza del parco circolante più recente è costituito dall’inasprimento dei limiti sulle emissioni nocive, la possibilità di migliorare l’efficienza dei veicoli esistenti a costi accettabili potrebbe costituire un elemento interessante nelle politiche di incentivazione a fini ecologici.

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