La mobilità sostenibile

Mobilità sostenibile è diventata la parola d’ordine di ogni politica dei trasporti, in cui confluiscono fattori tecnologici, sociologici e di impatto ambientale, nessuno dei quali, da solo, rappresenta però una soluzione al problema della crescente richiesta di mobilità della gente, soprattutto nelle grandi città soffocate, oramai dovunque nel mondo, da ingorghi di traffico e da contaminazione atmosferica.

di Alessandro Ovi

MIT City CarLa soluzione ai problemi del traffico e della conseguente contaminazione ambientale non può essere che di sistema e interdisciplinare.

Proprio per l’ampiezza dei temi in gioco, a occuparsene sono i soggetti più diversi: le grandi università di tutto il mondo, le Case automobilistiche (Nissan, Toyota, GM, Renault, Mercedes, BMW presentano una parte rilevanti dei lori siti web dedicata all’impegno in Mobility and Sustainabilty), le società petrolifere (Shell, Bp, Total), i governi di paesi e grandi citta, la Commissione Europea, le Nazioni Unite, le Organizzazioni internazionali ad hoc come il WBCSW (World Business Council on Sustainable World).

Per tutti la mobilità sostenibile è allo stesso tempo un impegno e un fiore all’occhiello.

Oggi vogliamo iniziare a descrivere in modo sistematico le varie facce di questo argomento dando un quadro generale dei vari aspetti coinvolti, per poi approfondirne alcuni in successive occasioni.

Cinque sono le aree chiave, che prenderemo in considerazione.

1. Mezzi e motori

Autobus, automobili, autocarri, motociclette, biciclette, dotati di motorizzazioni di varie tecnologie (convenzionale, a combustione interna, a gas naturale, elettrica, ibrida). Soprattutto si moltiplicheranno le nuove soluzioni sperimentali, quali il prototipo della MIT City Car del Media Lab, la EN-V di General Motors, i sistemi di guida automatica.

Le quattro grandi linee dello sviluppo delle automobili verso la mobilità sostenibile sono:

– mettere al centro della progettazione la trazione elettrica e le comunicazioni senza fili al posto dei motori a combustione interna e della gestione del mezzo disconnessa da quella del resto delle automobili in circolazione (stand alone);

– sviluppare la Internet mobility per condividere dati di traffico e di viaggio;

– integrare i veicoli elettrici con le reti elettriche intelligenti che utilizzano sorgenti energetiche pulite e rinnovabili;

– istituire sistemi di tariffazione dinamici per elettricità, strade, parcheggi e utilizzo condiviso delle automobile.

Le proposte innovative e in continua evoluzione delle grandi Case automobilistiche in questo settore saranno trattate nel prossimo fascicolo. Qui descriviamo solo due vetture sperimentali: la MIT City Car del Media Lab e la EN-V di General Motors.

MIT City Car.

Questo prototipo, sviluppato dal Media Lab del MIT, è molto piccolo e leggero. è lunga poco più di un metro e mezzo e pesa meno di 500 kg. Presenta alcune innovazioni radicali. Non ha un solo motore tradizionale, ma quattro, ciascuno sull’asse di una ruota. Ogni motore è in grado di recuperare l’energia delle frenate e ricaricare le batterie elettriche al litio poste sul pianale della vettura. L’indipendenza delle ruote permette un raggio di sterzata a U strettissimo, oltre a movimenti laterali e circolari. Questa caratteristica rende possibili manovre di parcheggio in spazi molto limitati e, accoppiata con la possibilità dell’auto di ripiegarsi in avanti, consente di parcheggiare 3 /4 vetture di questo tipo nello spazio di una convenzionale. La

MIT City Car è molto piccola, ma nel vano anteriore può ospitare due passeggeri e in quello posteriore un buon quantitativo di bagagli. La sua autonomia è sufficiente alle distanze di un trasporto urbano e, comunque , le batterie possono essere ricaricate sia in prese domestiche, sia presso le stazioni di parcheggio. Nel suo complesso , la MIT City Car è molto più semplice delle auto tradizionali e molto meno costosa da costruire. La parte maggiore della sua complessità elettromeccanica sta nelle ruote che possono essere standardizzate per venire installate su qualsiasi telaio con un costo ridotto grazie a notevoli economie di scala.

EN-V GM.

EN-V sta per Electric Networked-Vehicle, ovvero un veicolo elettrico connesso a un network di altri omologhi. è prodotto da GM e dal suo partner cinese SAIC Group (Shanghai Automotive Industry Corporation). Mantiene inalterati i principi fondamentali della mobilità individuale, ovvero libertà e indipendenza, ma ne ridefinisce completamente gli aspetti di design. Il concept EN-V è spinto da due motori elettrici, sistemati ognuno in ciascuna delle due ruote laterali, che agiscono direttamente anche sul controllo della trazione, della decelerazione e della frenata. La peculiarità risiede nel diametro di sterzata: “è capace di sterzare su una moneta da un centesimo”, dicono in GM, “in pratica ruota sul proprio asse”.

EN-V ha due ruote parallele ( si tiene in piedi grazie a un sistema di giroscopi che lo mantengono in perfetto equilibrio). Ha peso e dimensioni analoghe a quelle della MIT City Car. Si muove a emissioni zero spinto grazie ai due motori alimentati da una batteria agli ioni di litio, che si ricarica a sua volta tramite una normale presa della rete domestica. L’evoluzione straordinaria di questo veicolo a due ruote consiste nella connettività. L’EN-V utilizza una combinazione tra la tecnologia GPS (Global Positioning System), la connettività con gli altri veicoli e con la rete e un sistema di valutazione delle distanze che gli premette di venire guidato manualmente o in modalità automatica. Con la guida automatica EN-V può contribuire alla riduzione degli ingorghi stradali, scegliendo il percorso più veloce in base alle informazioni ricevute in tempo reale. Con la utilizzazione di connessioni wireless, guidatori e passeggeri potranno restare sempre connessi alla rete durante i viaggi, in un vero e proprio social “network.

Questa capacità di “dialogare” dell’EN-V, sia con gli altri veicoli, sia con le infrastrutture potrebbe determinare una drastica riduzione del numero di incidenti automobilistici. Tramite appositi sensori e telecamere, l’EN-V, infatti, può “accorgersi” di quanto sta succedendo intorno, reagendo nel modo più opportuno a eventuali ostacoli o a repentini cambiamenti delle condizioni di guida. I materiali impiegati per la realizzazione della struttura e della calotta dell’EN-V sono la fibra di carbonio, il Lexan (policarbonato) e materiali acrilici. EN-V può raggiungere le 35 miglia/ora (circa 56 km/h) e potrebbe arrivare fino a 35 miglia come autonomia, che percorrerebbe con un costo di ricarica pari a 35/50 centesimi secondo il prezzo della elettricità.

2. Infrastrutture di servizio

Al cuore dell’innovazione sta una utilizzazione sempre più diffusa dell’energia elettrica, che comunque, anche se prodotta con il mix attuale di fonti primarie di energia, ha un impatto ambientale più limitato di quello delle motorizzazioni a benzina, gasolio o gas. Ma il vero grande beneficio è che, se opportunamente immagazzinata e distribuita, permette anche ai trasporti di beneficiare delle energie rinnovabili.

Stazioni di ricarica di batterie, sistemi V2G (Vehicle to Grid: i veicoli elettrici sono in grado di produrre energia elettrica dello stesso voltaggio e della stessa frequenza di quella che alimenta le nostre case, per cui, se vengono realizzati i collegamenti opportuni, l’energia può fluire dal veicolo alle abitazioni.), reti elettriche intelligenti, sistemi di trasporto di massa. Il motivo per cui le reti elettriche intelligenti rivestono un ruolo tanto importante per la mobilità sostenibile, sta proprio nella loro capacità di utilizzare al meglio le energie rinnovabili.

L’intermittenza di sole e vento fatica a essere gestita dalle reti convenzionali di distribuzione. In questa ottica il V2G rappresenta una vera propria rivoluzione.

3.Modelli economici innovativi

Condivisione delle automobili (car sharing) o delle biciclette, gestione delle flotte, sistemi di trasporto pubblico on demand: questi sono gli elementi più importanti di un modello economico alternativo nella gestione del traffico delle grandi città. Noi usiamo ancora le automobili come strumento prioritario di locomozione. Ma, se continueremo a comprarne una per averla costantemente a nostra disposizione, non mancheranno i problemi.

“Il concetto della condivisione finirà certamente per diffondersi, perché comporta un migliore utilizzo della flotta delle automobili in circolazione. Un’automobile in car sharing sostituisce circa 16 automobili private”, sostiene Andreas Knie, professore di sociologia presso l’Università di Berlino e fondatore e Amministratore delegato di InnoZ GmbH, in una intervista che pubblichiamo in TR Mondo, “e non ci sono in tutto il mondo aree metropolitane in grado di accogliere un numero illimitato di automobili”.

Dobbiamo guardare a una nuova flessibilità del lavoro e degli stili di vita perché non si registrano più i picchi classici, quando tutti si mettono in strada la mattina presto per andare al lavoro. In realtà resta solo un piccolo picco mattutino e, per inciso, anche la Cina è praticamente esente da picchi pomeridiani.

Il modello del car sharing ha un punto di forza nell’utilizzazione delle auto elettriche che nel traffico cittadino risultano particolarmente gradevoli da guidare. Con il progetto BeMobility, a Berlino vengono rese disponibili automobili elettriche di tutte le marche, offrendo a tutti la possibilità di entrare in contatto con le tecnologie avanzate più diverse per cui molti si stanno convincendo a rinunciare a un’automobile di proprietà. Per altro, il fatto che con le automobili elettriche non si possono percorrere più di 250 km, induce a prendere in considerazione anche le alternative, come autobus e treno.

Così l’automobile elettrica diventa un “mezzo pubblicitario” a favore del trasporto pubblico e lo spinge a migliorarsi. è interessante notare, infine, che tra società di trasporto pubblico e le Case automobilistiche può restare ancora spazio per una terzo nuovo soggetto, in grado di offrire mobilità, partendo dalla disponibilità di infrastrutture e/o contatti con larghe basi di utenza. In questo senso si specula sulla possibilità che Google o le aziende di servizio pubblico, come per esempio le società telefoniche, possano assumere un ruolo d’integrazione in una offerta di trasporti innovativa.

Al momento le Case automobilistiche sembrano culturalmente più avanti per sviluppare al meglio queste nuove opportunità. In tutto ciò la politica ha un ruolo importante, per una ridefinizione dello spazio pubblico secondo un originale modello di progettazione delle infrastrutture urbanistiche.

4. Infrastrutture urbanistiche

Dalle infrastrutture per la viabilità alla intermodalità, dalla realizzazione di nuove aree di parcheggio alla istituzione di tariffe di transito variabili secondo le ore della giornata, che penalizzino la congestione del traffico: le soluzioni infrastrutturali per una mobilità sostenibile tendono a integrare la dimensione fisica con quella normativa. Inoltre, una utilizzazione intelligente della mobilità nelle telecomunicazioni renderebbe possibile la integrazione del trasporto pubblico con quello privato.(a questo proposito, si veda Connected sustainable Cities di Mitchell Casalegno, http://connectedsustainablecities.com/).

Esempi significativi in questo senso sono:

– Connected Urban Development Program ( CUDP), una partnership tra pubblico e privato dedicata a incrementare una utilizzazione innovativa di informazioni e comunicazioni a favore di una mobilità intelligente. Il punto principale è quello di diminuire l’ impatto ambientale nelle città, che sono responsabili di una buona parte delle emissioni di CO2, provenienti in particolare dai trasporti. L’orizzonte del CUDP va al di là della dimensione strettamente ambientale, per occuparsi anche di modelli sostenibili e innovativi di pianificazione urbanistica.

– Congestion Pricing (Tariffe di transito contro la congestione). Tre esempi: Singapore, nel 1998, è stata la prima città del mondo ad attuare uno schema di congestion pricing con un sistema elettronico di tariffazione differenziata del transito in certe zone della città; Stoccolma raccoglie una tassa di congestione da tutti i veicoli che entrano nel centro della città e i fondi così raccolti vengono utilizzati per la costruzione di nuove strade; Londra ha lo schema Moving around the City che prevede tariffe di transito in certe zone della città e utilizza il ricavato per il miglioramento dei sistemi di trasporto pubblico.

. Campagne di monitoraggio e informazione

Iniziative in questo senso sono molto importanti per permettere la concretizzazione di progetti innovativi e si vanno diffondendo in tutto il mondo. Ne citiamo qui due, una della Commissione Europea e l’altra dell’ITDP (Institute for Transformation and Government Policy) di New York.

– La European Mobility Week è una campagna di sensibilizzazione europea che vuole elevare nella pubblica opinione la consapevolezza della importanza dal punto di vista sociale, economico e ambientale del trasporto pubblico, dell’uso delle biciclette e dell’andare a piedi. Contestualmente, si incoraggiano le città europee a promuovere queste modalità di trasporto e a investire nelle infrastrutture necessarie. Dal 16 al 22 settembre 2011, la Mobility Week ha rappresentato una bella opportunità, accolta con grande favore dalle città europee, di partecipare al più grande evento collettivo a favore della mobilità sostenibile.

– Our Cities, Ourselves (Sustainable Mobility in Future Cities) è una mostra, nella quale dieci architetti immaginano come un’area specifica delle loro città avrebbe dovuto venire trasformata nel 2030, quando la popolazione residente sarà cresciuta del 60 per cento. Tutti i progetti di rinnovamento esplorano in che modo le città dovrebbero venire riprogettate per la gente e non per le automobili, seguendo i principi della mobilità sostenibile dell’ ITDP. Le città oggetto di studio sono Amedabad in India, Budapest, Buenos Aires, Dar es Salaam, Guangzhou, Jakarta, Johannesburg, Mexico City, New York, Rio de Janeiro.

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