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    La medicina “eretica”

    Attraverso i profili di studiosi, pensatori e clinici del più remoto e del più recente passato, la storia della medicina occidentale si configura come un reticolo di opzioni confluenti e divergenti, tenute insieme dal comune interesse per la salvaguardia della salute.

    di Giordano Ventura

    Eretico – lo precisano gli autori del nuovo libro Medici eretici (Laterza 2016) – Massimo Fioranelli, cardiologo di riferimento e già docente di Storia della Medicina, e Maria Grazia Roccia, giornalista e docente di Storia della Medicina – non significa che si è perduta la buona strada, quella meglio conosciuta, di cui si sa da dove parte e dove arriva. Significa invece, sulla scorta della sua etimologia greca, che si è presa un’altra strada, forse più incerta e più difficile, ma talvolta, se non spesso, ricca di sorprese e di stimolanti destinazioni.

    Una strada, o meglio diverse strade ¬ una sola strada dell’eresia risulterebbe, infatti, altrettanto vincolante quanto quella della convenzione e dell’abitudine ¬ che Fioranelli e Roccia percorrono senza limiti di tempo e di spazio. Dove il tempo è persino più importante dello spazio, perché proprio nella rivisitazione dei padri putativi della medicina occidentale, da Ippocrate ad Averroè, si può comprendere come la medicina non sia chiamata soltanto a percorrere nuove strade rispetto a quella, a torto o a ragione, più battuta. Ma sia anche chiamata a liberare la strada più battuta da tutte quelle ideologiche sclerotizzazioni che, come nel caso della medicina ippocratica, hanno per lungo tempo impedito di coglierne la impostazione innovativa e le potenzialità conoscitive e terapeutiche.

    Proprio nel caso di Ippocrate, Fioranelli e Roccia colgono il senso del “tradimento” storico e storiografico in quel “giuramento etico” su cui nel Medioevo la religione cristiana volle imprimere il “simbolo della croce” in modo da trasformare «quell’ingombrante superbo che aveva cercato di espellere ogni divinità dal mondo della salute in un precursore della vera religione».

    Al contrario, Ippocrate si dimostrò tutt’altro che un sepolcro imbalsamato. Non a caso un testo di riferimento della sua scuola si intitolava Epidemiai, non nel senso attuale di diffusione delle malattie infettive, ma nel senso autenticamente peripatetico del medico che visita i malati distanti, coniugando la ricerca di un principio diagnostico e terapeutico comune con la «infinità dei casi clinici» e con la diversità delle caratteristiche corporee e delle loro afflizioni.

    Il corpo, la ricorrente riscoperta della sua organicità, in cui tutto si tiene, e quindi della necessità di una visione olistica sia della malattia, sia della cura, attraversa tutto il libro, dai prodromi rinascimentali di Paracelso e Vesalio al dibattito perdurante sulle ragioni della omeopatia. Per concludersi con le “ragioni del cuore” e, richiamandosi alla concezione orientale del “soffio di vita”, per tematizzare contestualmente due eventi che con il cuore hanno avuto molto da fare: il primo trapianto di un cuore umano, effettuato da Christiaan Barnard il 3 dicembre 1967, e il primo bypass aorto-coronarico, effettuato il 9 maggio dello stesso anno da René Favaloro, cardiochirurgo italo-argentino, a Cleveland.

    Il 1967 è stato «un anno particolare nei già favolosi anni Sessanta», in cui tutto sembrava possibile, anche andare sulla Luna, come di fatto avvenne un paio di anni dopo. Ma fu subito sera, dalla guerra del Vietnam alla contestazione studentesca, che lasciò intendere come le speranze nel proprio futuro non possano e non debbano conculcare le speranze degli altri.

    Certo è che si stava aprendo non un altro mondo, ma il mondo tout court, e che la mobilità del sapere, il confronto dei ricercatori e degli operatori, sarebbe diventato un fattore determinante della medicina come delle altre scienze. In particolare della medicina, che ha scelto la strada della eresia: quella strada che comporta sostanzialmente la scelta di più strade: di tutte quelle strade che possano alleviare le purtroppo ineludibili sofferenze del corpo e dello spirito.

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