La guerra dei virus

Quali test effettuare per riconoscere i nuovi virus patogeni? Quale il campionamento più corretto? La diagnostica molecolare si propone come strumento utile contro emergenze sempre più globali.

di MIT Technology Review Italia

West Nile Virus (WNV), Zika e Usutu sono alcuni tra i virus emergenti in Italia.

Il WNV è endemico dal 2008 in Veneto ed Emilia Romagna e nel 2013 si sono verificati i primi casi in Lombardia. Secondo il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie a settembre del 2018 gli Stati membri della UE hanno riportato complessivamente 1.134 casi di WNV, di cui 453 in Italia. I decessi collegati all’infezione da WNV in Italia sono risultati pari a 35.

Molto più bassa invece l’incidenza dell’Usutu: secondo il Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), i casi al settembre 2018 sarebbero 4 tra Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia.

Scoprire il West Nile Virus, spiegano gli esperti di laboratorio, è un’operazione complessa ed è importante conoscere la data esatta di esordio della malattia: dopo 4/5 giorni, infatti, è praticamente impossibile da trovare il genoma virale e non si sono ancora formati anticorpi da rilevare, per cui occorre fare valutazioni successive dei campioni per avere dati più certi.

Secondo Carlo Roccio, direttore scientifico Cerba HC Italia e componente del Comitato ricerca, sviluppo e innovazione di Federchimica, «per i virus emergenti è importante la tempistica e il campionamento giusto». Importante è anche la collaborazione con le reti di sorveglianza veterinaria, poiché i vettori delle infezioni sono spesso animali, zanzare e/o mammiferi a seconda dei casi. Incrociare i dati può aiutare a prevedere l’evoluzione delle malattie monitorate.

Anche nella sua qualità di amministratore delegato di Clonit, società biotech attiva dal 1987 nella ricerca e sviluppo di sistemi diagnostici di biologia molecolare, Roccio riassume in pochi punti una realtà epidemiologica complessa e mutevole: «1) Come suggerisce la buona pratica medica ogni malattia va prima diagnosticata, con uno o più strumenti diagnostici e poi curata. E questo vale anche per le emergenze sanitarie. 2) Perché un test diagnostico sia risolutivo, sono importanti i materiali di prelievo (matrici biologiche) sui quali il test viene eseguito. Per esempio, per Zika, WNV, Legionella è molto significativo e sensibile il test sulle urine. 3) In molte situazioni è importante che non sfugga il caso “falso negativo” perché svia il medico curante su altre possibili cause con innalzamento del rischio per il paziente. 4) Si è parlato molto di test molecolari che ricercano il DNA o RNA specifico di virus, batteri, protozoi o funghi, ma la diagnosi “utile” per medico e paziente deve essere integrata, comprendendo anche i metodi di ricerca degli anticorpi, la coltura e l’osservazione diretta al microscopio».

Che cosa è la diagnostica molecolare? Sempre Roccio precisa che «per diagnosticare un agente patogeno esistono fondamentalmente tre strade oltre alla diagnosi microscopica diretta su vetrino ancora usata per individuare il Plasmodio della Malaria o alcuni parassiti fecali: il metodo colturale (test di urinocoltura, coprocoltura ecc., seguiti dal test di sensibilità agli antibiotici (antibiogramma); il metodo di ricerca anticorpi (test per la ricerca nel sangue, degli anticorpi di tipo IgG o IgM o IgA verso un determinato batterio o virus); il metodo molecolare denominato RT-PCR (in italiano Reazione a Catena della Polimerasi in Tempo Reale) che consente la loro identificazione attraverso l’amplificazione del DNA o RNA dei microrganismi».

Clonit è attiva in questo ultimo ambito: il riscontro positivo del DNA o RNA specifico evidenzia la presenza diretta del microrganismo nel materiale biologico di partenza e, quindi, permette una diagnosi specifica dell’agente infettante con tempi molto più rapidi (30-120 minuti) rispetto alle normali tecniche microbiologiche, che hanno tempi di risposta più lunghi (12-72 ore). Attraverso le informazioni ottenute sequenziando il DNA, inoltre, si può “tipizzare” il microrganismo differenziando quelli con differente risposta alle terapie o con maggiore virulenza.

(lo)

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