La difficile convivenza tra Yandex e il Cremlino

La più grande azienda tecnologica russa è quasi una Silicon Valley a sé stante, ma ha dovuto pagare un prezzo alto per mantenere uno spazio di azione al di fuori del controllo statale.

di Evan Gershkovich

Dalla fine di marzo alla metà di giugno, mentre era in lockdown, la capitale russa si è svuotata. Durante il percorso verso il supermercato o la farmacia sono stato superato da flussi di ciclisti con la tipica uniforme gialla del servizio di consegna di cibo di Yandex. Sulla strada, i pochi veicoli a parte le auto della polizia o gli autobus, erano i taxi – disinfettati nelle stazioni di recente apertura – della compagnia di taxi di Yandex. 

Spesso indicato in Occidente come il Google russo, Yandex è più simile a un mix di grandi aziende tecnologiche. I russi si servono di Alice, l’assistente virtuale dell’azienda, per aiutarli a ordinare prodotti online sul Yandex Market. Usano il suo sistema di posta elettronica, ascoltano il suo lettore musicale e visitano il suo sito web di consigli sui film.

Durante il caffè, leggono le notizie del mattino sull’aggregatore di notizie Yandex. Si inviano denaro a vicenda tramite Yandex Wallet. E trovano la loro strada tramite Yandex Navigator, uno strumento analogo a Google Maps. Arkady Volozh, CEO e cofondatore della azienda quotata al Nasdaq, l’ha descritta non semplicemente come parte della Silicon Valley russa, ma come una Silicon Valley russa a sé stante. 

Nuovi servizi appaiono a una velocità vertiginosa. Intorno a Mosca, Yandex, malgrado il coronavirus, ha continuato a testare una flotta di oltre 100 auto senza conducente. Yandex Lavka, un’app per la consegna di generi alimentari lanciata a giugno dello scorso anno, garantisce consegne entro 15 minuti, più velocemente di qualsiasi servizio offerto da Amazon. 

Uno dei cervelli dietro il progetto, Ilya Krasilshchik, 33 anni, ricorda che, durante la turbolenta transizione della Russia verso un’economia di mercato nei primi anni 1990, sua madre era tornata da un viaggio con un secchio di cacao in polvere nel caso in cui la famiglia non fosse in grado di trovarlo dove viveva. Ora, decenni dopo, i moscoviti possono chiedere tutto: la proposta più popolare di Lavka nell’estate del 2019 è stata una fetta di anguria, consegnata fredda, ovviamente.

In un nevoso pomeriggio di fine febbraio, poco prima che la pandemia colpisse la Russia, ho svoltato da una trafficata strada di Mosca in un tranquillo cortile. Stavo andando a incontrare Rostislav Meshchersky, il 28enne manager di uno dei cosiddetti “negozi oscuri” di Lavka, i luoghi in cui i prodotti ordinati online vengono immagazzinati con discrezione per la distribuzione. Meshchersky mi ha condotto a una porta del garage aperta sul retro del cortile, che dava in un seminterrato fiancheggiato da scaffali pieni di tutto, dalla pasta al succo di frutta alla carta igienica. “Scherzo con i miei amici dicendo che l’apocalisse non mi spaventa”, mi ha detto sorridendo. 

Poche settimane dopo, lo scherzo stava diventando realtà. Ad aprile, Lavka ha ricevuto circa 900.000 ordini da russi bloccati a casa in quarantena, mentre i clienti dei servizi di ristorazione globale di Yandex, inclusa la consegna ai ristoranti, sono più che raddoppiati. Sebbene l’azienda abbia subito il contraccolpo negativo in attività come il ride-sharing quando l’intera flotta è stata tolta dalle strade durante il lockdown, le persone bloccate a casa hanno aumentato il traffico sulle piattaforme di ricerca e streaming video dell’azienda.

Ma il successo di Yandex ha avuto un prezzo. Il Cremlino ha a lungo considerato Internet come un campo di battaglia nelle sue crescenti tensioni con l’Occidente e vede con timore la prospettiva che un’azienda come Yandex, con la quantità di dati che ha sui cittadini russi, possa un giorno cadere in mani straniere. 

Ciò significa che dirigere un gigante della tecnologia in Russia richiede l’arte della diplomazia. Da un lato c’è il Cremlino, dall’altra New York, con le richieste degli investitori che l’azienda mantenga la sua indipendenza. Ma in un mondo colpito da una pandemia sempre più preoccupato della protezione dei confini e della regolamentazione dell’industria tecnologica, il difficile equilibrio da mantenere da parte di Yandex potrebbe non essere solo una storia russa.

Spalla a spalla con Google

Yandex, abbreviazione di “yet another indexer, ancora un altro indicizzatore”, non ha sempre avuto vita facile. Dopo il suo esordio nel 1997, l’azienda ha gareggiato per anni per la supremazia sui motori di ricerca locale con Rambler, un’altra azienda russa. Alla fine, Rambler è diventata quello che Yahoo è rispetto a Google. Ma la stessa Google è entrata rapidamente nel mercato e, sebbene Yandex avesse un vantaggio grazie al radicamento del suo algoritmo di ricerca in lingua russa, il suo rivale californiano ha iniziato a recuperare. 

“Circa sei mesi prima della sua offerta pubblica, Google ha cercato di acquistare Yandex, e devo dire che stavamo esaminando la proposta molto seriamente”, mi ha detto Leonid Boguslavsky, uno dei primi investitori dell’azienda. 
L’offerta è stata avanzata nel 2003. Uno dei cofondatori di Yandex, Ilya Segalovich, si è opposto dicendo: “Combattiamo”, ha ricordato Boguslavsky. Sebbene Segalovich sia morto nel 2013 per un cancro allo stomaco, la lotta continua ancora oggi: anche se Google ha periodicamente superato Yandex, l’azienda russa attualmente detiene circa il 59 per cento del traffico di ricerca russo rispetto al 39 per cento di Google. 

Lo stesso anno in cui Segalovich morì, Yandex assunse Greg Abovsky, un esperto di fondi speculativi nato in Ucraina e formatosi alla Harvard Business School, che aveva iniziato la sua carriera con Morgan Stanley a New York. “Nel periodo in cui sono arrivato qui, ci siamo resi conto che la ricerca a un certo punto avrebbe rallentato”, afferma Abovsky, che ora è sia CFO che COO. 

Quando è entrato a far parte dell’azienda, la pubblicità proveniente dalla ricerca rappresentava circa il 99 per cento delle entrate. Oggi è di circa il 64 per cento e il fatturato totale è cresciuto da 1,2 miliardi di dollari nel 2013 a 2,8 miliardi nel 2019.

Ma quando Yandex è diventato il protagonista del mercato tecnologico russo, è caduto inevitabilmente sotto l’occhio vigile delle autorità. Uno dei primi momenti di attrito è stato nell’agosto 2008, quando la Russia ha combattuto una guerra di cinque giorni con la vicina Georgia. Mentre il conflitto era in corso, Yandex News pubblicava articoli in lingua russa che rispecchiavano le posizioni di entrambi i contendenti. 

Il mese successivo, secondo i giornalisti Andrei Soldatov e Irina Borogan nel loro libro The Red Web, due funzionari del Cremlino hanno fatto visita alla sede di Yandex. Uno era Vladislav Surkov, il vice capo dell’amministrazione presidenziale russa, l’uomo che ha coniato il termine orwelliano “democrazia sovrana” per descrivere un sistema di governo russo che non ammette ingerenze straniere nei suoi affari. 

Lev Gershenzon, all’epoca direttore di Yandex News, fu incaricato di spiegare ai visitatori ufficiali come funzionava il servizio. Come riportato dal libro, mentre illustrava screenshot di articoli che l’algoritmo dell’aggregatore aveva selezionato, Surkov lo interruppe, indicando un titolo “liberale”: “Questo è il nostro nemico, ciò di cui non abbiamo bisogno!”.

Da quel momento, l’azienda ha promesso di mantenere una linea aperta con il Cremlino, anche se Gershenzon ha detto di aver sempre ribadito che un algoritmo, non una persona, avrebbe scelto la notizia principale. Tuttavia, non era sempre d’accordo con il modo in cui veniva mantenuta la linea di comunicazione.

“Volozh e io siamo andati diverse volte all’edificio dell’amministrazione presidenziale e ogni volta gli dicevo: ‘Ascolta, hai una posizione di forza, perché vai da loro? Se è davvero necessario, lascia che siano loro a venire da te’”, ha ricordato Gershenzon in Holy War, una miniserie documentaria su Internet in lingua russa. “Anche una persona semplice come me sapeva che se ti pieghi una volta poi non ti permetteranno di rimetterti in piedi”.

Nello stesso anno, Yandex ha respinto una potenziale acquisizione da parte dell’oligarca legato al Cremlino Alisher Usmanov, che ha fatto pressioni per ottenere il sostegno del presidente Dmitry Medvedev adducendo motivi di sicurezza nazionale. Nel 2009, per soddisfare gli interessi del governo, Yandex ha concesso alla più grande banca statale russa, la Sberbank, una cosiddetta golden share, che le consentiva di porre il veto alle transazioni relative a più di un quarto delle azioni di Yandex. Per un decennio questo accordo ha placato le autorità russe, finché la corda si è spezzata.

Un percorso sul filo del rasoio

Lo scorso maggio, la Russia ha approvato una legge per creare una cosiddetta “Internet sovrana”, un’infrastruttura di comunicazione di proprietà statale che consentirebbe al paese di isolarsi dall’Internet globale rimanendo online in una bolla di servizi di proprietà russa. La legge richiede ai fornitori di servizi Internet di installare apparecchiature fornite dal governo per contrastare “minacce” vagamente definite alla stabilità e all’integrità di Internet e conferisce alle autorità ampi poteri per assumere il controllo della rete se tali minacce si manifestano. 

Durante un tè nei suoi uffici un pomeriggio dello scorso inverno, Igor Ashmanov, che è stato il direttore di Rambler, l’azienda rivale di Yandex, e ora convinto sostenitore dell’internet sovrana sulla televisione di stato e nelle udienze del governo, spiega la sua posizione: “Immagina di vivere in un piccolo villaggio vicino a una città che ti fornisce l’elettricità e il sindaco di questa città dice che sei un suo nemico e si riserva la possibilità di combatterti. Potresti decidere di acquistare un generatore per assicurarti che l’elettricità continui a funzionare nel caso in cui questo pazzo sindaco ti blocchi le forniture. Ecco cosa intendo per Internet sovrana”.

Forse più importante per il Cremlino, l’Internet sovrana darebbe alla Russia un maggiore controllo su ciò che i suoi cittadini possono vedere online. Nel 2011 la Primavera araba, sostenuta dai social media, ha scosso il Medio Oriente. Quel dicembre, dopo che Vladimir Putin annunciò che si sarebbe candidato di nuovo alla presidenza dopo un periodo ad interim come primo ministro, le proteste di massa – pianificate su Facebook – agitarono la Russia. 

Sulla scia delle manifestazioni, il Cremlino ha iniziato a vedere le aziende tecnologiche straniere come strumenti utilizzati da altri governi per immischiarsi nei suoi affari. Lo stesso Putin ha espresso queste preoccupazioni in una conferenza stampa nel 2014, quando ha descritto Internet come un “progetto della CIA” e ha sottinteso che la stessa Yandex era stata “sottoposta a pressioni” per includere gli stranieri nella sua gestione ed era stata registrata all’estero “non solo a fini fiscali, ma per altri motivi. (La società madre è costituita nei Paesi Bassi e sei dei 12 membri attuali del consiglio non sono russi, incluso John Boynton, il presidente, che si trova in Massachusetts).

Quella paura di interferenze straniere si è in realtà intensificata nel corso degli anni. Durante un’audizione governativa sulla sicurezza nazionale nel 2018, Ashmanov ha descritto Facebook, Instagram e Twitter come armi americane puntate contro la Russia. “Quello che gli americani potrebbero fare con un’azienda come Yandex nelle loro mani è qualcosa a cui non voglio nemmeno pensare”, mi ha detto Ashmanov

Mentre il terreno franava sotto i suoi piedi, Yandex ha lottato per mantenere l’equilibrio, secondo Boynton, il presidente del consiglio di amministrazione. “Abbiamo fatto tutto il possibile per evitare di schierarci politicamente”, ha detto in un’intervista telefonica. Eppure, ha aggiunto,  hanno cercato di trascinarci in aree in cui non vogliamo necessariamente essere.

La situazione è precipitate un giovedì mattina nell’ottobre 2018, quando sono trapelate voci secondo cui Sberbank era in trattative per acquistare fino al 30 per cento di Yandex per proteggere l’azienda da “potenziali problemi”. Quando le negoziazioni si sono aperte a New York, le sue azioni sono crollate del 9,4 per cento, perdendo oltre 1 miliardo di dollari di valore di mercato, per i timori che l’istituto di credito statale potesse prendere il controllo dell’azienda. “Quello è stato il momento in cui ci siamo resi conto che c’era in atto qualcosa di più grande”, ha ricordato Boynton. 

Il giorno successivo l’azienda ha perso un altro miliardo di dollari. In una riunione di emergenza che si è svolta nelle prime ore di sabato, ha riferito il “Financial Times”, Volozh ha deciso di non portare avanti l’accordo con Sberbank. Yandex ha avviato i colloqui con l’amministrazione Putin su una nuova struttura di governance, ma la pressione ha continuato a intensificarsi. Nel giugno 2019, un parlamentare poco conosciuto, Anton Gorelkin, ha proposto un disegno di legge per limitare la proprietà straniera nell’azienda che il governo russo riteneva detentrice di “importanti risorse informative”. 

Agli investitori esterni sarebbe stato consentito di possedere solo il 20 per cento dell’azienda. Un duro colpo per Yandex, che aveva l’85 per cento delle sue azioni scambiate sui mercati statunitensi. Quando il Cremlino è uscito a sostegno della legge di Gorelkin pochi mesi dopo, i timori suscitati a New York hanno ridotto il valore di Yandex di un altro miliardo e mezzo di dollari in un solo giorno. 

Nel novembre dello scorso anno, dopo 13 mesi di estenuanti negoziati, Yandex ha annunciato una soluzione. Concederà la golden share di Sberbank – quel potere di veto sulle grandi transazioni – a una “fondazione di interesse pubblico” di recente costituzione con stretti legami con il governo. Il veto verrebbe anche rafforzato per includere accordi e transazioni relativi alla proprietà intellettuale o al trasferimento dei dati degli utenti russi. 

La nuova fondazione avrebbe 11 seggi nel suo consiglio, ma solo tre apparterrebbero a Yandex; il resto sarebbe diviso tra influenti gruppi imprenditoriali e università affiliate allo stato. Forse la parte più importante dell’accordo dal punto di vista del Cremlino è la possibilità per la nuova fondazione di impedire a Yandex di stipulare accordi con qualsiasi governo straniero.

La tensione si è sciolta. Gorelkin ha detto che avrebbe ritirato la sua proposta. Giorni dopo, il parlamento russo ha approvato una legge che richiedeva che la tecnologia russa fosse precaricata automaticamente sui dispositivi venduti in Russia, una mossa che secondo gli analisti avrebbe aumentato il valore di Yandex di 1,4 miliardi di dollari. 

Poche settimane dopo, Putin, che qualche anno prima aveva criticato i legami con l’estero di Yandex, ha elogiato i suoi progetti con partner stranieri e ha parlato positivamente di un incontro avvenuto a porte chiuse con i suoi alti dirigenti. 

Eppure, anche se il Cremlino sembra essersi placato, qualcuno ancora si muove. Il potere nel governo russo è diviso tra gruppi rivali, con Putin che fa da mediatore. Per il folto gruppo di ex agenti segreti noto come siloviki, la soluzione della fondazione è stata vista come una mezza vittoria, dice Tatiana Stanovaya, fondatrice di un sito di analisi politica, R.Politik. “Da un lato” ella dice, “vedono che Yandex è indirettamente legata al governo, dall’altra l’azienda mantiene una libertà d’azione. Se il confronto con l’Occidente continua a intensificarsi, le autorità potrebbero ripensare a questo accordo”.

Un modello per le Big Tech?

Se i siloviki vedono Yandex come un collaboratore inaffidabile, i critici liberali vedono segni crescenti di una dipendenza dalle autorità. Alla fine di febbraio, per esempio, un poliziotto accusato di avermesso della droga a casa di un giornalista investigativo ha detto di aver chiesto l’indirizzo del giornalista a Yandex Taxi. L’azienda ha sostenuto che risponde sempre alle richieste dei servizi di sicurezza quando si tratta di “aiutare a salvare vite umane”, anche se Roskomsvoboda, un gruppo anti-censura, ha sottolineato che non è sempre legalmente obbligata a farlo. 

Con lo sviluppo della pandemia, le domande sull’indipendenza dell’azienda sono diventate sempre più pressanti. All’inizio di aprile, è emersa la notizia che le autorità di Mosca stavano valutando la possibilità di sorvegliare i turisti stranieri tramite i dati dei loro telefoni cellulari una volta riaperte le frontiere e che Yandex avrebbe potuto sviluppare lo strumento necessario. L’azienda si è rifiutata.

Quando i commenti critici degli attivisti dell’opposizione hanno iniziato a comparire accanto agli edifici governativi in Yandex Navigator, come una sorta di alternativa digitale alle proteste di strada, l’azienda ha cancellato i messaggi, dicendo che erano fuori tema. Infine, una sera di fine aprile, alcuni utenti di Internet hanno notato che le ricerche su Yandex del leader dell’opposizione Alexei Navalny restituivano contenuti per lo più negativi. L’azienda si è scusata, dicendo che si trattava di un “esperimento” apparso solo a un piccolo numero di utenti. 

Un commentatore russo, Alexander Plushev, ha osservato che tali test sono comuni su tutte le piattaforme tecnologiche, ma ha aggiunto: “Qualsiasi incidente con Yandex è ora interpretato attraverso il prisma del suo controllo da parte delle autorità”. Se Yandex accetta il controllo statale, rischia di perdere il suo bene più prezioso: il suo talento.

Misha Bilenko, a capo della divisione Machine Intelligence and Research di Yandex, ha trascorso un quarto di secolo negli Stati Uniti, compreso un decennio in Microsoft, prima di tornare in Russia diversi anni fa. Ciò che lo ha riportato indietro,egli dice, è stato l’accesso a così tante risorse diverse all’interno di Yandex e l’opportunità di aiutare a migliorare la vita dei russi. Ma come mi ha detto un dipendente che ha chiesto di parlare in modo anonimo, Yandex perderebbe quel tipo di attrazione e potere se il controllo del governo fosse totale. 

Oggi Yandex, almeno pubblicamente, afferma che va tutto bene. Le sue concessioni al Cremlino avrebbero potuto essere molto più estese. Anche altre aziende potrebbero presto prendere in considerazione la stessa linea di comportamento. “Ciò che Yandex ha fatto non è rilevante solo nel contesto della Russia di Putin”, ha affermato l’anno scorso Leonid Bershidsky, editorialista di “Bloomberg”. “Potrebbe rappresentare un modello per Big Tech”. 

Allo stesso modo di Yandex, ha continuato Bershidsky, aziende come Google o Facebook potrebbero creare strutture di governance quasi autonome con il diritto di porre il veto a determinate decisioni. A suo parere, “se una tale struttura può ottenere l’approvazione anche da un regime autoritario come quello russo … potrebbe probabilmente soddisfare la maggior parte dei critici della Big Tech anche nelle democrazie”. 

In effetti, nel maggio di quest’anno Facebook ha nominato i primi membri della sua commissione di controllo indipendente in risposta alle proteste per la sua politica opaca di moderazione dei contenuti. Il comitato vede la partecipazione di esperti legali e dei diritti umani che possono rivedere e ribaltare alcune delle decisioni della piattaforma. 

Sebbene il consiglio di amministrazione non abbia nulla a che fare con il potere della fondazione di interesse pubblico di Yandex, è stata una grande concessione da parte di un’azienda che ha sempre difeso ferocemente il proprio controllo su ciò che accade sulla sua piattaforma. 

Con i politici su entrambe le estremità dello spettro politico degli Stati Uniti che chiedono una maggiore regolamentazione della Big Tech, è probabile che la situazione rimanga in continuo movimento. Il tipo di flessibilità che Yandex ha dovuto adottare potrebbe rivelarsi essenziale per le aziende che vogliono crescere e non solo sopravvivere.

(rp)

Related Posts
Total
0
Share