L’arte delle bolle di sapone

I ricercatori hanno studiato la chimica che si cela dietro la creazione di bolle di sapone gigantesche.

di ArXiv

Il 20 luglio 2015, Gary Pearlman e un piccolo gruppo di appassionati si sono radunati in un parco a Cleveland, Ohio, per tentare di stabilire un record mondiale. L’obiettivo: creare la più grande bolla di sapone fluttuante della storia.

L’apparecchiatura di Pearlman consisteva in un paio di canne da pesca con delle corde legate tra loro. In primo luogo, immerse la corda in una speciale miscela di acqua, sapone e additivi polimerici e la sollevò in aria, creando un sottile foglio di pellicola insaponata.

Poi Pearlman iniziò ad agitare le aste e lo spostamento dell’aria allungò la pellicola insaponata, formando una bolla gigante.

Nel frattempo, un fruppo di osservatori indipendenti  fotografò la bolla da varie angolazioni in modo da poterne calcolare il volume: 96,27 metri cubi, il più grande mai misurato. Quel giorno, Pearlman si ritagliò giustamente il suo posto nel Guinness dei primati.

Nel pantheon dei risultati scientifici, la creazione di bolle di sapone giganti non viene tenuta in grande considerazione. Eppure, pone una serie di enigmi che hanno affascinato Stephen Frazier e i colleghi della Emory University di Atlanta.

I ricercatori evidenziano che è sorprendente come una bolla con una pellicola fragile dallo spessore di pochi micrometri, riesca a raggiungere una superficie di oltre 100 metri quadrati.

Un singolo foro potrebbe far scoppiare la bolla. La domanda di Frazier e colleghi è: “Come è possibile la creazione di pellicole così grandi e come fanno a rimanere stabili?”.

Il team fornisce alcune risposte. I ricercatori hanno studiato le proprietà delle pellicole di sapone e i loro cambiamenti quando vengono aggiunti polimeri di diverso tipo.

I risultati forniscono una visione univoca degli aspetti scientifici della formazione di bolle e delle condizioni atmosferiche più favorevoli per i tentativi di record mondiale.

In passato, gli appassionati di bolle hanno discusso a lungo delle migliori miscele per la loro arte. “Per coloro che sono interessati a creare bolle giganti, il Soap Bubble Wiki contiene una vasta gamma di informazioni e ricette empiriche per soluzioni di bolle ottimali”, affermano Frazier e colleghi.

L’idea prevalente è che le migliori miscele di bolle contengono acqua, un detergente sotto forma di detersivo per piatti (Dawn Pro sembra essere il preferito) e un mix di polimeri, molecole a catena lunga che aumentano la viscosità del fluido.

I polimeri preferiti sono l’ossido di polietilene (chiamato anche polietilenglicole), spesso usato nelle creme per la pelle, e la gomma di guar, un comune addensante alimentare estratto dai fagioli di guar.

I polimeri sono importanti. Il Soap Bubble Wiki afferma che è quasi impossibile creare bolle giganti senza di loro. Ma la loro funzione non è chiara. “Il ruolo preciso svolto dai polimeri rimane un mistero”, afferma il wiki.

Oggi, Frazier e colleghi hanno deciso di approfondire il contributo che i polimeri forniscono alle miscele per la creazione di bolle. Il nostro compito, dicono i ricercatori ,è  “individuare alcuni dei meccanismi fisici sottostanti alla generazione delle bolle giganti”.

Il loro metodo è semplice. Creano una gamma di miscele di acqua, Dawn Pro e varie concentrazioni di gomma di guar o ossido di polietilene, e studiano le proprietà di questi fluidi in due modi diversi.

In primo luogo, eseguono un test su una goccia che viene fatta cadere da una pipetta. Filmano questo processo con una telecamera ad alta velocità, studiando in particolare il filamento che si forma tra la goccia e la pipetta.

Poi, creano un foglio di pellicola usando una corda immersa nel fluido. Con un sensore a infrarossi misurano lo spessore di questa pellicola, il suo cambiamento prima che il foglio esploda e come i polimeri ne possano prolungare la durata.

Dai risultati emerge che le soluzioni più robuste per la produzione di bolle sono quelle che consentono al sistema di connessione di essere ridisegnato continuamente senza rompersi.

Sembra ovvio che l’aggiunta di polimeri con catene più lunghe in concentrazioni sempre maggiori sia il modo migliore per farlo.

Ma Frazier e colleghi dicono che i risultati vanno in un’altra direzione. A loro parere: “Le soluzioni più efficaci per la produzione di bolle hanno concentrazioni intermedie e una miscela di polimeri di vari pesi molecolari, il che consente a un grande volume di liquido di essere continuamente aspirato in una pellicola, senza portare alla rottura”.

Ne hanno offerto una dimostrazione aggiungendo ossido di polietilene che è stato intenzionalmente degradato alla luce del sole per sei mesi. Nel processo, la luce del sole ha scomposto le molecole in catene più corte, creando una miscela di varie lunghezze, che è risultata quella vincente.

Capire il perchè è più complesso. Frazier e colleghi ipotizzano che le catene più corte fungano da collegamenti tra i polimeri più lunghi e più grandi presenti nella soluzione.

“Per quanto ne sappiamo”, spiegano i ricercatori, “le ragioni di questo comportamento non sono state studiate in letteratura e sono lasciate a ricerche future incentrate sulla reologia dei flussi”.

La ricerca getta anche luce sulle condizioni atmosferiche più adatte a creare bolle giganti. Un fattore chiave è la longevità della pellicola insaponata: più è duratura, più le bolle saranno grandi.

Gli additivi polimerici aumentano la longevità, ma nessuno è sicuro del perché. Una possibilità è che rendano le pellicole più spesse. Un’altra è che i polimeri impediscano all’acqua di defluire dalla pellicola e ne prolunghino così la vita.

Frazier e colleghi hanno alcune idee precise sull’argomento. A loro parere, un fattore chiave nel rafforzare la pellicola è la concentrazione di polimeri al suo interno, che aumenta quando viene rimossa l’acqua. Tuttavia, se ne viene rimossa troppa, la pellicola diventa troppo sottile e si rompe. 

Due fattori possono rimuovere l’acqua. Il primo è la gravità, che scarica l’acqua dalla pellicola insaponata. Il secondo è l’evaporazione, che è significativa a causa dell’enorme superficie della pellicola.

Frazier e colleghi affermano che l’aumento dell’umidità nei loro esperimenti aumenta anche la durata della bolla. Ciò suggerisce che sia necessario ridurre al minimo l’evaporazione per evitare che la pellicola diventi troppo sottile. “Non sorprende che molti appassionati di bolle preferiscano giornate estive calde e umide per creare quelle più grandi”, affermano i ricercatori.

È un lavoro interessante che getta nuova luce sulla fisica delle pellicole sottili. Rivela anche un effetto precedentemente sconosciuto nel modo in cui polimeri di diversa lunghezza interagiscono per aumentare la forza di una pellicola. Questo effetto dovrà essere studiato in modo più dettagliato.

È una ricerca che Gary Pearlman dovrà predere seriamente in considerazione, se in futuro vorrà provare a battere il suo record mondiale.

Immagine: Come funziona una bolla

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