Innovation taking place

Redesigning the way we work together

di OpenZone

Parliamo spesso di innovazione come un processo costante che ci guida verso il futuro, un cambiamento continuo, una rottura degli schemi che, a volte, non separa in maniera netta un prima da un dopo ma che, di certo, ci aiuta a distinguerli. Siamo abituati a pensarla come qualcosa che succede, che spesso subiamo come individui o collettività o della quale, di tanto in tanto, ci sentiamo protagonisti. Raramente, però, ci chiediamo dove nasce l’innovazione (dall’idea di una persona o di un gruppo) e dove si sviluppa (in un luogo specifico o in un posto qualunque). Esistono dei luoghi più adatti di altri o gruppi di persone più propense di altre a fare in modo che questa venga continuamente alimentata?

OpenZone ha cercato di rispondere a queste domande grazie a una partnership con S3NSO per capire cosa rende un luogo, una struttura organizzativa, una community adatte a generare innovazione. Il risultato è la ricerca Places of Innovation, che è stata presentata in due webinar dal titolo INNOVATION TAKING PLACE che hanno visto la partecipazione di personalità di spicco in diversi ambiti tra cui psicologia, lavoro, organizzazione aziendale, design e comunicazione.

“Abbiamo deciso di dare vita a Innovation Taking Place per dare continuità a un percorso che in realtà ha radici molto profonde, sostanziate nella costruzione di Z-LIFE, la nuova casa di Zambon, nata per valorizzare il nostro modo di lavorare all’insegna dell’innovazione aperta e della condivisione senza barriere, e nel piano di sviluppo del campus scientifico OpenZone – spiega Federica Alberti, Head of Corporate Affairs di Zambon – Entrambi sono concepiti come luoghi di innovazione e, per viverli al meglio, abbiamo deciso di analizzare le variabili e le categorie che li rendono tali. I mesi più recenti hanno accelerato molti fenomeni e il nostro modo di lavorare ha subito importanti trasformazioni, aggiungendo ulteriori domande allo studio: Quale nuovo equilibrio tra fisico e virtuale? Come promuovere la cultura di un’azienda, anche a distanza? Come riprodurre in modalità remota la creatività del lavoro di gruppo?”

La ricerca è composta da 3 parti: una mappatura dei luoghi di innovazione e dei loro elementi costitutivi; l’individuazione delle variabili che li definiscono; un’euristica di esperti per l’identificazione delle leve su cui lavorare su un processo di cambiamento concreto. Per vedere la ricerca completa vai qui.

Quello che è certo è che in un mondo così vario e complesso come quello attuale ci sono delle categorie comuni che caratterizzano i luoghi dell’innovazione: la cultura intesa come l’insieme dei valori, delle abitudini e degli stili di leadership che definiscono l’identità di un gruppo e il modo in cui questo lavora; la community, ovvero l’insieme di gruppi che si fanno parte di un unico organismo; la collaborazione costituita da un codice di valori e pratiche condivisi e da capacità interpersonali di comunicazione; fiducia e soddisfazione, categorie trasversali intese sia come competenze costruite nel tempo sia come modo di lavorare di un gruppo; infine, al centro di tutto, la persona come soggetto promotore del cambiamento e prerequisito per lo Human Centered Design e per il Design Thinking.

La ricerca ha coinvolto diversi esperti per individuare le leve da azionare per rendere un luogo adatto a generare innovazione. Il panel di esperti è composto da Leandro Agrò, Executive Digital Director di Design Group Italia; Enrico Giovannini, Professore dell’Università Tor Vergata di Roma ed ex-Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali nonché spokeperson di ASviS; Svafa Groenfeldt, Senior advisor to the Dean MIT SA+P (School of Architecture + Planning) and Founding Member MIT DesignX; Chiara Tagliaro, Postdoctoral Research Fellow al Politecnico di Milano; Arianna Visentini, CEO di Variazioni e PhD in Labour Relations.

Tra le leve organizzative individuate ci sono: valori evolutivi, cioè il desiderio di progresso continuo e l’aspirazione verso qualcosa di più elevato; leadership in grado di facilitare il cambiamento e responsabile della creazione di una narrativa condivisa; prassi creative per abilitare la mediazione e la condivisione di codici e pratiche, anche non convenzionali, tra gruppi diversi in un ambiente che accetta l’errore e offre tempo per esplorare le novità; motivazione intrinseca alimentata dall’attenzione al singolo individuo e ai suoi bisogni; resilienza nella ricerca di un equilibrio tra gerarchia top-down e autonomia e proattività botto-up; infine phygital, ovvero l’integrazione tra fisico e digitale sia in termini di design degli spazi sia come costruzione di una identità coerente in entrambe le dimensioni.

Tutti gli insight sono stati di particolare interesse anche considerando il periodo storico che stiamo vivendo su diversi livelli, a partire da quello privato e personale fino a quello professionale. L’emergenza sanitaria causata dalla pandemia ci ha costretto a un ripensamento di luoghi e necessità accelerando molti dei processi che erano già in atto e ribaltando schemi che credevamo fissi e intoccabili. Il Covid-19 è stato un primo banco di prova per confermare che i risultati della ricerca sono validi ora più che mai e che un luogo, un’organizzazione, un gruppo hanno bisogno di un purpose molto forte per resistere ai momenti più difficili ed essere in grado di generare innovazione.

Per rivedere tutti gli interventi, avere accesso alla ricerca completa e a letture di approfondimento clicca qui.

(lo)

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