Ingegneri e medici creano un grande database

Il database sarà strutturato sulle necessità dei pazienti Covid-19 grazie all’intelligenza artificiale.

di Fonte ST

Una domanda diretta, un insieme di competenze trasversali che mettono a fattor comune Data Science, Intelligenza Artificiale e Medicina clinica; impegno su base assolutamente volontaria; l’entusiasmo di far parte di una comunità che sa di poter fare qualcosa di utile, e di lavorare ad applicazioni di immediata utilità. Sono questi gli ingredienti del progetto a cui lavora il team dell’Università di Bergamo messo in piedi dal professore Fabio Previdi, direttore del Laboratorio Control Systems and Automation, per fronteggiare l’emergenza coronavirus anche con l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. Un progetto nato da una “alleanza” tra ricercatori dell’Università ed equipe mediche dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, sulla base di una convenzione già esistente tra la struttura sanitaria e l’Università di Bergamo.

Cosa si sta provando a realizzare? Un grande database strutturato sul Covid-19 che potrà dare molte indicazioni utili, verificare l’efficacia delle terapie in corso e politiche da suggerire alle Istituzioni di governo della sanità sul territorio. E, inoltre, dare indicazioni utili alla comunità scientifica internazionale.

INGEGNERI E MEDICI: UN’ALLENZA TRA SCIENZIATI

Questa “santa alleanza” tra ingegneria elettronica e sanità ce la facciamo raccontare da chi sta dentro il progetto, sul fronte tecnico. Danilo Pau, Technical Director, IEEE e ST Fellow di STMicroelectronics, si occupa da sempre «di ricerca e sviluppo, da alcuni anni in ambito Artificial Intelligence nel gruppo System Research and Application» dell’azienda, dove è entrato da studente già nel 1991. È stato chiamato dai professori Fabio Previdi e Andrea Remuzzi a far parte del gruppo di lavoro dell’università insieme ad altre persone altamente qualificate “reclutate” nel mondo aziendale (Riccardo Sabatini, fondatore di Orionis Biosciences, Vincenzo Manzoni e Andrea Rota di Tenaris Dalmine, Michele Ermidoro del Consorzio Intellimech e Daniele Gamba, fondatore della startup bergamasca AISent).

Come saranno processati i dati che arrivano dall’ospedale? «Nel pieno rispetto della privacy, spiega Pau, si tratta di un cosiddetto studio retrospettivo. Si vuole rispondere “quantitativamente” ad alcune domande: quali sono i parametri fisiologici più importanti da monitorare? Quali relazioni causa effetto ci sono tra alcuni esiti patologici e determinati eventi? È possibile integrare coerentemente le immagini con l’andamento di altri parametri per quantificare fenomeni ad oggi solo indicati qualitativamente? Quali sono i principali fattori predittivi di guarigione? Quali terapie (e quale evoluzione temporale) hanno una più elevata correlazione con la guarigione?

Molti di questi problemi vanno affrontati con il tipico processo dello sviluppo di modelli di AI». E quando si sviluppa Intelligenza Artificiale, spiega Pau, «ci sono 5 step:

1. definire il problema, che tipo di applicazione vogliamo indirizzare;

2. definire la base dati, la parte più delicata e onerosa, perché deve essere esente da errori (trascrizioni errate o info confuse, cosa che può capitare quando le annotazioni sono a penna sui tracciati e, ad esempio, devono essere ricopiate nel database digitale);

3. disegnare l’AI, con reti neurali artificiali e algoritmi di machine learning;

4. fare una implementazione, su pc o su altri dispositivi embedded;

5. vedere se questa filiera funziona sul campo e verificare se le performance raggiungono il livello di confidenza e accuratezza che ci siamo prefissi». Per adesso, aggiunge il ricercatore di ST, «siamo al secondo step e la “pulizia” dei dati provenienti dall’ospedale è il primo problema che si è dovuto affrontare».

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Immagine di: Fonte ST

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