In Europa avanza la desertificazione

Una nuova ricerca indica che gli effetti combinati di pratiche territoriali non sostenibili e dei cambiamenti climatici stanno trasformando una risorsa non rinnovabile come il suolo in deserto, particolarmente nell’aria mediterranea

di MIT Technology Review Italia

Nello studio pubblicato su “Science of the Total Environment” vengono prese in considerazione tre categorie principali di degrado del suolo: fisico, vale a dire impermeabilizzazione del suolo, compattazione ed erosione, chimico, ossia sostanza organica del suolo e salinizzazione, e biologico. L’attenzione dei ricercatori si è concentrata soprattutto sull’erosione del suolo, lasciando in secondo piano gli aspetti legati alla perdita di biodiversità, che sono affrontati con una disponibilità di dati limitata. 

Già di recente, una pubblicazione di una commissione europea, parlando della salute del suolo, ha rilevato che fino al 70 per cento del territorio della UE stava perdendo la capacità di svolgere funzioni ecologiche cruciali. I suoli poco profondi del Mediterraneo, infatti, sono particolarmente suscettibili all’intrusione di acqua di mare, all’erosione, alla siccità e agli incendi. 

Non a caso, la regione mediterranea ha i tassi di erosione più elevati dell’UE e i livelli più bassi di sostanza organica nel suolo. Nel 2016, circa il 65 per cento delle persone nei paesi mediterranei europei considerati viveva in aree urbane, superando la media globale del 55 per cento.

L’urbanizzazione è in parte guidata dal turismo, poiché l’area del Mediterraneo è una delle principali destinazioni turistiche del mondo grazie alle sue ricche risorse naturali e culturali. Secondo l’Organizzazione mondiale per il turismo, gli arrivi di turisti internazionali nel bacino marino del Mediterraneo sono cresciuti da 58 milioni nel 1970 a oltre 349 milioni nel 2015 e si prevede che raggiungeranno i 500 milioni entro il 2030.

Questo massiccio afflusso di persone esacerba le pressioni ambientali e i rischi di degrado del suolo. Allo stesso tempo, l’intensa urbanizzazione di questa regione ha anche portato alla cementificazione eccessiva che ha generato un dissesto idro-geologico e dunque un’azione distruttiva sul terreno, compromettendone la stabilità, già messa a rischio dalla contaminazione del suolo con metalli pesanti e pesticidi. La costruzione di nuove infrastrutture, infatti, rende il terreno impermeabile e incapace di drenare l’acqua piovana

L’impermeabilizzazione

La copertura permanente del suolo con materiali artificiali impermeabili come asfalto o cemento comporta la rimozione fisica del suolo per costruire solide fondamenta nel sottosuolo. Questo processo irreversibile provoca la perdita di tutti i servizi e funzioni del suolo, come: produzione di cibo e biomassa, infiltrazione e stoccaggio dell’acqua, mancata regolazione climatica locale, attraverso la ridotta evapotraspirazione per perdita di vegetazione e variazioni dell’albedo e temperature superficiali più elevate associate agli effetti delle isole di calore urbane.

Anche le capacità di filtrazione, immobilizzazione e purificazione di fronte ai contaminanti organici e inorganici vengono meno. Altre conseguenze riguardano la ridotta possibilità di fornire un habitat per organismi del suolo e altri animali e piante, e la perdita della biodiversità del suolo.  

Quando il terreno è sano, immagazzina, drena l’acqua e ospita il 95 percento del cibo consumato da tutti noi. Quando il suolo è degradato, i suoi processi vitali di base non funzionano correttamente. Molti studi si sono concentrati sul degrado del suolo per erosione, ma solo pochi hanno considerato gli effetti del degrado biologico.

La perdita di terriccio riduce la capacità del suolo di fornire spazio di radicazione e immagazzinare acqua, con un calo della resa del 4 per cento per 0,1 m di perdita di suolo. Ciò può avere gravi ripercussioni nelle foreste mediterranee, dove i suoli sono magri e poveri, in particolare nelle aree montuose. 

L’erosione del suolo porta anche alla perdita di materia organica e nutrienti e rappresenta quindi la più grande minaccia alla fertilità del suolo, alla produttività a lungo termine e alla biodiversità complessiva. Ciò può compromettere la sicurezza alimentare e impedire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite Obiettivi (SDG e SDG2). Nel 2010, l’erosione ha portato a perdite economiche totali nel settore agricolo dell’UE pari a 1257 milioni di euro, ovvero lo 0,43 per cento del contributo del settore al PIL.

La siccità

La regione del Mediterraneo è stata anche identificata come una delle aree più vulnerabili al clima e un “punto caldo” per i cambiamenti climatici. La siccità porta a marcate riduzioni dell’umidità del suolo  e a una prolungata carenza di umidità anomala che può influire gravemente sulla biodiversità e sui raccolti, soprattutto se l’agricoltura è prevalentemente alimentata dalla pioggia. 

L’agricoltura piovana è di grande importanza nei paesi mediterranei e la ridotta redditività e competitività causata dalla scarsità di precipitazioni nei periodi di alta temperatura hanno portato all’abbandono dei terreni agricoli. La siccità è in aumento nel Mediterraneo dagli anni 1950 e ha già costretto alcuni contadini ad abbandonare le loro terre, rischiando la desertificazione. Questo può anche aumentare la possibilità di incendi.

La salinizzazione

Nonostante rappresenti una minaccia significativa per il suolo, neanche il problema della salinizzazione è stato finora affrontato dall’Europa con politiche specifiche politiche. L’esaurimento delle riserve idriche immagazzinate sta colpendo i bacini idrici superficiali e sotterranei, guidato dall’aumento dell’estrazione e dallo sfruttamento eccessivo delle acque sotterranee, la principale risorsa idrica della regione. 

Nel bacino idrologico del Mediterraneo, la gestione insostenibile dell’acqua con colture agricole che si stima siano eccessivamente irrigate del 30-49 per cento sta aggravando la scarsità d’acqua. L’irrigazione sovrabbondante nelle aree salinizzate rappresenta l’unico modo garantire la percolazione al di sotto della zona radicale ed evitare l’accumulo di sale nei suoli.

Nel complesso, concludono gli autori, “emerge una generale mancanza di valutazioni sistematiche regolari dei suoli mediterranei e di un’autorità formale che raccolga e sintetizzi le informazioni disponibili”. A loro parere, una forma di intervento centrale è indispensabile per migliorare la gestione del suolo, proteggere questa risorsa naturale e salvaguardare l’equilibrio ecosistemico a lungo termine nell’area mediterranea.

(rp)

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