Il sole che trasforma l’anidride carbonica

Aldo Bosetti, ricercatore Eni di Novara, descrive lo sviluppo di una tecnologia innovativa per la produzione di metanolo a partire da anidride carbonica, acqua e metano, tramite l’impiego di energia solare a concentrazione.

di Lisa Ovi

Laureato in chimica, Aldo Bosetti entrò nel Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara per uno stage formativo in campo biochimico. È partita così la sua carriera di ricercatore che, sempre a Novara, lo ha visto impegnato nello studio dei processi di sintesi di prodotti chimici a basso impatto ambientale, della chimica verde, e dei processi innovativi per la produzione di biocarburanti da rifiuti.

Oggi, Bosetti si trova protagonista di un progetto lanciato da Eni in collaborazione con Synhelion, una spin-off dell’Università politecnica di Zurigo (ETHZ), mirato allo sviluppo di una tecnologia che prevede la produzione di metanolo a partire da anidride carbonica, acqua e metano, tramite un processo ad alte temperature raggiunte con l’impiego di energia solare. Il processo, si basa sulle caratteristiche quasi uniche di uno specifico materiale, la ceria, sviluppato da ETHZ.

Come avete incontrato la Synhelion?

Innovare significa cercare risposte alle sfide che il mondo mette in campo, in ambito industriale come nella vita quotidiana. È questo il motivo per cui Eni si impegna ad osservare con attenzione il mondo della ricerca e dello sviluppo, a caccia di potenziali soluzioni ai problemi che si trova ad affrontare. La proposta di Synhelion, incontrata nel 2017 circa, si è rivelata estremamente promettente nell’ambito del modello Open Innovation di Eni, dove idee e competenze esterne e capacità ed esperienze industriali di Eni possono essere messe assieme per favorire uno sviluppo tecnologico e una rapida industrializzazione. La capacità di dialogo tra mentalità industriale e accademica si è rivelata vincente anche in fase di lockdown. Il rapporto di collaborazione, infatti, si è mantenuto attivo e vivace, nonostante i 600 Km di distanza.

Vuole descriverci il processo che state studiando con Synhelion?

Il processo in via di sviluppo si basa sulla capacità di uno specifico materiale sviluppato da ETHZ di agire come “serbatoio” di ossigeno, immagazzinandolo o liberandolo a seconda delle esigenze reattive. Questo materiale specifico è la ceria , un ossido cristallino che vede il metallo (il Cerio) attorniato da una serie di atomi di ossigeno, alcuni dei quali in una situazione di legame particolare. Nel corso di fasi reattive distinte, questo ossigeno viene o consumato, cioè estratto dal materiale solido dal metano che si trasforma in syngas (una miscela di due gas, H2+CO) oppure reintrodotto ad opera di due composti che sono dotati di ossigeno in abbondanza, ad esempio da una miscela di anidride carbonica e acqua, capaci di riportare la ceria allo stato iniziale producendo nel frattempo altro syngas.

La magia risiede proprio nel creare una serie di cicli in ognuno dei quali la ceria cede e acquista ossigeno continuamente. Il ripetersi di questi cicli porta alla produzione continua di syngas. Questo può essere utilizzato anche per produrre idrogeno attraverso un successivo stadio di trasformazione dove si massimizza la formazione di idrogeno a spese del CO contenuto nel syngas (reazione di water gas shift). Questo idrogeno è da considerarsi parzialmente rinnovabile in quanto prodotto utilizzando sia energia solare rinnovabile e acqua che metano di origine fossile.

Per rendere efficace lo scambio di ossigeno fra la ceria e le sostanze che vengono dosate si opera a temperature elevate, intorno ai 900-1100°C, mediante la fornitura di energia termica. Solo a queste temperature, e di conseguenza elevate energie in gioco, avviene lo scambio ciclico di ossigeno fra i reagenti e la ceria.

Come si ottengono dal solare temperature di 900-1100°C?

Per fornire l’energia necessaria a condurre la reazione utilizzando la ceria, lo sviluppo della tecnologia richiede la presenza di un campo solare a concentrazione (CSP). Il solare a concentrazione è una tecnologia basata su un concetto apparentemente semplice: raccogliere in un punto solo la luce solare riflessa su un’ampia area. Nella pratica, si tratta di tanti specchi, o eliostati, opportunamente disposti, che riflettono la luce solare concentrandola in un punto, il cosiddetto ‘ricevitore’, solitamente posizionato in una torre posta al centro dell’area coperta da eliostati. Al momento, la tecnologia del solare a concentrazione è usata soprattutto per produrre energia elettrica. Esistono esempi di campi solari CSP in America (Stati Uniti, Cile), Africa (Marocco) e Europa (Spagna, Italia-Sicilia).

L’installazione di un CSP richiede molto spazio. Questo requisito geografico rappresenta un limite per lo sfruttamento della nuova tecnologia?

I campi solari a concentrazione sono una tecnologia che richiede alcuni ettari per sviluppare i megawatt necessari ad alimentare un certo tipo d’impianto. Nel nostro caso, però, è anche vero che il prodotto finale è di natura liquida e quindi di più facile distribuzione. Una volta identificati gli spazi, non solo adatti e disponibili, ma anche esposti alla giusta quantità di insolazione – il Polo Nord non sarebbe il luogo più adatto – i benefici di questa tecnologia sarebbero accessibili a tutto il globo. In molte zone dell’Africa, per esempio, dove non mancano i grandi spazi esposti a notevoli gradi di insolazione, esistono già campi a gas che potrebbero fornire la materia prima necessaria al processo. A quel punto, il nuovo vettore energetico liquido potrebbe poi essere trasportato.

Come nasce la ceria?

Il Cerio esiste in natura come ossido. La forma che viene utilizzata in questo genere di applicazione è il risultato di una ottimizzazione delle sue proprietà sviluppata grazie anche a studi che hanno permesso di comprenderne il loro funzionamento.

Gli sforzi per la decarbonizzazione sono numerosi. Uno degli ostacoli più impegnativi è quello della scalabilità industriale. Come state affrontando il problema con Synhelion?

Passare da un concetto ad una fase pilota, alla scalabilità industriale è in effetti una sfida interessante. La tecnologia che stiamo studiando è in via di sviluppo, non siamo ancora arrivati, dunque, a mettere tutti i puntini sulle ‘i’, come si suole dire. La tecnologia in fase di sviluppo ha una duplice valenza, permettendo sia di decarbonizzare un asset produttivo, riducendo l’emissione di gas climalteranti, sia di utilizzare l’anidride carbonica, solitamente considerata un prodotto di scarto, come materia prima, in un’ottica di economia circolare che vede il rifiuto come una risorsa. Il progetto è attualmente in fase prototipale, sicuramente avanzata, ma non ancora applicabile su scala industriale. Dai dati preliminari, ci aspettiamo che possa portare ad una riduzione di oltre il 50 % delle emissioni legate alla produzione di metanolo per via convenzionale.

In un’ottica di futura applicazione su scala industriale, questo nuovo processo produrrà a sua volta degli scarti? La ceria richiederà procedure di smaltimento ad hoc?

Queste sono le domande che noi per primi, i ricercatori, ci poniamo. La ceria è un materiale particolare, fondamentalmente riutilizzabile quasi all’infinito e, comunque, può essere recuperato e riutilizzato. Si tratta di un materiale molto stabile che dovrebbe poter mantenere la propria posizione nel ciclo produttivo senza aver bisogno di venire smaltito a fine vita. L’ossido stesso è già usato nel mondo dell’industria dei vetri e delle automobili, per ridurre le emissioni nocive di ossidi di azoto convertendole in materiali meno dannosi per l’ambiente. È quindi un materiale già noto nella sua forma base per cui si sta sviluppando una nuova possibilità di applicazione.

Come pensate di procurarvi l’anidride carbonica necessaria al processo?

Si può dire che in linea di principio ogni fonte di anidride carbonica sufficientemente concentrata potrebbe essere utilizzata per sequestrarla e veicolarla verso questo genere di applicazione, dalle centrali di energia elettrica ai campi a gas acido, dove al metano si affianca l’anidride carbonica.

Perché il metanolo?

Il metanolo offre grandi opportunità per l’industria energetica e per la chimica, tanto che la sua richiesta da parte dei mercati internazionali è in costante aumento. E’ il più semplice tra gli alcoli, la sua caratteristica più preziosa è la capacità di “trasportare energia” in modo efficiente, presentandosi come un ottimo vettore energetico. Liquido a temperatura ambiente, solubile in acqua e biodegradabile è estremamente versatile, può essere ottenuto dal metano ed è più facile da distribuire rispetto ai gas che, invece, richiedono infrastrutture più importanti (come gasdotti e navi metaniere).

Il metanolo ha anche il vantaggio di poter essere utilizzato direttamente come carburante per veicoli, motori marini o generatori di elettricità, con una netta riduzione nelle emissioni inquinanti. È anche utilizzabile in cicli produttivi dell’industria chimica noti, come la produzione di plastiche, vernici, colle o prodotti per abbigliamento e arredamento.

Un esempio recente di utilizzo del metanolo viene dall’accordo stretto tra Eni e FCA che hanno collaborato allo sviluppo di un nuovo carburante “A20” su base alcolica dalle basse emissioni. Il carburante è stato testato con successo su cinque Fiat 500 della flotta Eni Enjoy a Milano: nei 13 mesi di sperimentazione, a fronte di 9.000 noleggi per 50.000 Km percorsi, i veicoli non hanno registrato alcun inconveniente, confermando la riduzione del tasso emissivo e con migliori prestazioni .

Immagine: Aldo Bosetti presenta la ceria

(lo)

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