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    Il MIT in Italia: fare eccellenza per fare impresa

    di Alessandro Ovi

    è da sempre uno dei punti di forza dell’MIT: la capacità di trasformare l’eccellenza nel campo della scienza e della tecnologia in grandi avventure imprenditoriali. Da decenni leader negli Stati Uniti nel trasferimento di tecnologie dall’università all’impresa, il MIT ha avuto, attraverso le aziende fondate da suoi ex alunni, un forte impatto sull’economia mondiale.

    Come riporta uno studio di Edward B. Roberts e Charles E. Eesley della MIT Sloan School of Management, si stima che le 28.500 aziende nate dal MIT e tutt’ora in attività impieghino 3.3 milioni di persone, generando ogni anno 2000 miliardi di dollari di fatturato. Per farsene un’idea, se tutte queste aziende formassero una nazione indipendente, si tratterebbe dell’undicesima al mondo quanto a PIL.

    Si tratta di aziende principalmente fondate su know how specifico operanti nei settori del software, delle biotecnologie, dell’energia, della produzione (elettronica e strumentale, in primis) e della consulenza. Aziende in cui lavora personale più qualificato e remunerato della media e nelle quali il rapporto fatturato/dipendenti è particolarmente alto.

    Alla base di tutto ciò sta la cultura basata sul motto «mens et manus» su cui si fonda il Massachusetts Institute of Technology che, puntando sulle applicazioni pratiche della tecnologia, ha sviluppato sino dalla sua fondazione forti legami con l’industria, iniziando a creare un circolo virtuoso, nel cui ambito l’ambiente imprenditoriale attrae studenti inclini all’imprenditorialità, che poi contribuiscono allo sviluppo imprenditoriale.

    In contrasto con la maggior parte delle altre istituzioni universitarie, il MIT ha puntato storicamente su un approccio indiretto all’imprenditorialità.

    Il MIT non ha creato né un incubatore interno per nuove aziende né proprie strutture di venture capital. Al contrario, ha puntato sulle iniziative di professori, studenti ed ex studenti, per creare un ecosistema che promuovesse e supportasse le attività imprenditoriali.

    è un percorso che ha richiesto tempo ed è stato possibile anche grazie all’ambiente circostante, ma ha dimostrato di funzionare bene. L’ecosistema che si è sviluppato, ha permesso la nascita di tante realtà e continua a prosperare, contagiando chiunque venga a contatto con tale ecosistema.

    Come ha affermato nel corso dell’ultima cerimonia di laurea dell’Istituto Ray Stata, ex alunno e fondatore del colosso dell’elettronica Analog Devices, «lo spirito dell’innovazione e dell’imprenditorialità non si applica solo agli affari, all’ingegneria e alla scienza, ma a ogni aspetto del lavoro e della vita».

    La rete degli ex Alumni MIT

    Fondamentale, per lo sviluppo di questo ecosistema, la possibilità di fare incontrare persone e idee. Un ruolo sul quale fortissimo è stato l’impegno dei club degli ex alunni MIT sparsi nel mondo. Un passo importante si ebbe nel 1969 quando il Club di Boston raccolse esponenti dalle migliori esperienze imprenditoriali e promosse il primo seminario su «Avviare e costruire la tua Azienda».

    Un impegno proseguito negli anni con l’estendersi della rete di club locali a 40 paesi e il moltiplicarsi di iniziative. Non fa eccezione il MIT Alumni Club of Italy, che opera per organizzare seminari, incontri, eventi formali e informali, incentrati sulle sfide del futuro.

    Si vengono in tal modo a creare occasioni di incontro e confronto fra la comunità di ex alunni italiani del MIT, che sono leader di pensiero e di azione in vari settori, associando altresì la partecipazione di gruppi di ex alunni di altre università. Vale qui la pena di ricordare che il Club italiano è stato il primo a introdurre una nota di grande apertura culturale nei confronti di quanti si riconoscono nella cultura MIT, anche senza esserne realmente stati «alumni».

    Nel 1983, una conferenza ancora ricordata come «profetica», organizzata in collaborazione con gli amici dello Harvard Club, venne discusso a Villa Olmo, sul Lago di Como, il tema, allora non ancora comune come lo è oggi, «Università Industria Innovazione».

    La conclusione di quasi due giorni di dibattito furono molto attuali: «In Italia i rapporti tra università e industria non si manifestano in un insieme di relazioni chiaramente finalizzate e stabili. Il gap storico sembra essersi perfino allargato negli ultimi anni. La carenza di dialogo e di interazioni sottrae al processo innovativo l’apporto fondamentale di risorse umane e di potenzialità produttive quasi congelate nelle strutture accademiche». Sulla base di questa conclusione della Conferenza di Villa Olmo, venne identificata l’opportunità della creazione di un gruppo che si proponesse di contribuire alla soluzione di questi problemi. Così è nato «Liaison», un gruppo di associati al Club MIT Italy, che a titolo individuale o in rappresentanza di istituti, enti o aziende intendono operare al miglioramento degli scambi di idee, conoscenze, persone, risorse tra università e industria..

    Fra i settori nei quali, su questa linea, si è concentrata maggiormente l’attività del Club e dei suoi membri c’è certamente quello delle energie rinnovabili, un settore nel quale il ruolo di guida ricoperto dal MIT nella ricerca di base e applicata risulta particolarmente forte. A testimonianza di ciò, il successo ottenuto dal MITEI (iniziativa del MIT a confluenza e sostegno degli investimenti dei più grandi gruppi industriali mondiali, inclusi gli italiani ENI ed ENEL).

    L’ultimo incontro è stato, per esempio, proprio con Francesco Starace, amministratore delegato di ENEL Green Power, la società dell’ENEL dedicata alle energie alternative. L’obiettivo era duplice: da una parte lavorare sul presente, puntando a trasformare profondamente il sistema energetico globale; dall’altra parte, costruire un ponte verso il futuro migliorando le tecnologie attuali.

    L’attenzione della nostra rivista va oggi a una iniziativa tutta italiana, ma nata da un nucleo di ingegneri laureati al MIT e tutti membri del MIT Alumni Club of Italy, che sta cercando di fare imprenditoria proprio seguendo queste stesse linee di sviluppo.

    Il Caso RenEn

    La formazione imprenditoriale impressa sugli studenti del MIT e la forza dell’Istituto nel settore energetico inizia ad avere effetti anche in Italia, come nel caso di RenEn, Renewable Energy, azienda del settore delle energie rinnovabili, fondata dall’attuale Presidente del MIT Alumni Club of Italy, Fabio Mondini de Focatiis.

    Fabio Mondini, dopo una laurea in ingegneria civile al MIT, ha maturato un’esperienza ultradecennale nel settore della produzione di energia e nelle energie rinnovabili in McKinsey, ENEL e Russell Reynolds Associates.

    Da subito, RenEn ha puntato sull’eccellenza e sull’internazionalità, selezionando le migliori risorse del settore, formando oggi uno dei più forti team nel fotovoltaico e forgiando partnership con grandi aziende (tra cui E.ON ed ERG) e fondi d’investimento focalizzati sul settore delle energie rinnovabili.

    RenEn conta su manager con esperienza specifica nell’ingegneria, sviluppo progetti e project management. Insieme, il senior management di RenEn ha identificato, valutato, progettato, sviluppato e assistito centinaia di MW di progetti di energia solare ed eolica. Presto è entrato in azienda Gianpaolo Trella, una laurea in ingegneria civile conseguita al MIT venticinque anni fa e una lunga esperienza maturata nella progettazione e direzione lavori di opere per oltre 300 milioni di euro di valore. Negli ultimi anni, in particolare, Gianpaolo Trella è stato direttore dei lavori di grandi commesse nel campo civile, fabbisogno energetico e fotovoltaico, avvicinandosi sempre di più al settore delle energie rinnovabili.

    Con l’ingresso di Alberto Facelli, una laurea conseguita al MIT in ingegneria meccanica, RenEn arriva a essere l’azienda italiana con il maggior numero di ingegneri del MIT, affiancati da laureati della Columbia, INSEAD, Politecnico di Milano e delle altre migliori università italiane.

    RenEn detiene una delle più significative pipeline di sviluppo progetti nel fotovoltaico in Italia e assiste i propri clienti in oltre 15 cantieri in fase di costruzione, in Lazio, Puglia, Sicilia, Campania, Basilicata e Marche, gestiti con la stessa attenzione e cura degli interessi dei clienti, con presenza giornaliera dei propri dipendenti in cantiere.

    Anche nella matrice internazionale si vede l’allineamento di RenEn alla filosofia del MIT, l’università statunitense con la maggiore partecipazione internazionale. L’internazionalità di RenEn non è non solo linguistica (tutti parlano almeno due lingue), ma anche di esperienze: oltre a Fabio Mondini, che ha lavorato per molti anni in cinque paesi di tre continenti, tutto il management di RenEn ha un’esperienza internazionale significativa, acquisita o lavorando per anni all’estero o lavorando per anni in aziende internazionali operanti in più paesi. Non è quindi un caso che alcuni clienti di RenEn siano grandi gruppi internazionali,

    Oltre a lavorare sulle tecnologie tradizionali, RenEn svolge anche il ruolo di technical advisor per lo sviluppo di nuove tecnologie, come l’innovativo sistema fotovoltaico a bassa concentrazione della californiana Skyline Solar. In questa nuova e promettente tecnologia, specchi opportunamente curvati concentrano i raggi solari su celle fotovoltaiche disposte lungo il loro bordo. La tecnologia include anche un meccanismo di inseguimento monoassiale, che segue il percorso del sole durante la giornata. Essa consente un maggiore rendimento energetico utilizzando strutture di installazione meno costose rispetto ai sistemi tradizionali a pannelli e al contempo evita le problematiche che affliggono i sistemi ad alta concentrazione.

    In conclusione, RenEn è un esempio di come il modello imprenditoriale sviluppato e trasmesso dal MIT possa venire trapiantato anche in Italia. Un esempio di come sia possibile sviluppare progetti interfacciandosi con players globali e agevolando i loro investimenti nel sole e nel vento del nostro paese.

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