Il lavoro del futuro

Negli anni a venire, la sfida centrale dell’economia sarà promuovere un mercato del lavoro che incontri, integri e modelli l’innovazione tecnologica. 

di MIT Technology Review Italia

Lo sviluppo costante della robotica e dell’intelligenza artificiale ha fatto pensare che i lavori ritenuti a lungo immuni dall’automazione, vale a dire quelli che richiedono competenza, giudizio, creatività ed esperienza maturata, potranno presto essere svolti dalle macchine. Un libro in imminente uscita, The Work of the Future: Building Better Jobs in an Age of Intelligent Machines, di David Autor, David A. Mindell, ed Elisabeth B. (MIT Press) non conferma questa visione distopica dei robot che fanno uscire i lavoratori dai reparti delle fabbriche o dell’intelligenza artificiale che rende superflue le competenze e il giudizio umani. 

Ma gli autori hanno scoperto qualcosa di altrettanto dannoso: l’ecosistema tecnologico offre una produttività crescente e e genera un’economia che crea molti posti di lavoro (almeno fino alla crisi del covid-19), distributi però in modo ineguale, lasciando alla maggioranza dei lavoratori solo una minuscola fetta di una grande torta. 

Nel caso dei lavoratori statunitensi, la traiettoria della crescita della produttività ha deviato da quella della crescita dei salari quattro decenni fa. Questo disaccoppiamento ha avuto conseguenze economiche e sociali nefaste: lavori a bassa retribuzione e insicuri svolti da lavoratori senza istruzione universitaria; bassi tassi di partecipazione alla forza lavoro; debole mobilità verso l’alto attraverso le generazioni e l’inasprimento delle disparità razziali nei guadagni e nell’occupazione che non sono sostanzialmente migliorate da decenni.

Sebbene le nuove tecnologie abbiano contribuito a raggiungere questi risultati, la situazione non è una conseguenza inevitabile del cambiamento tecnologico, o della globalizzazione, o delle forze di mercato. La storia e l’economia non mostrano alcun conflitto intrinseco tra il cambiamento tecnologico, la piena occupazione e l’aumento dei guadagni. 

L’interazione dinamica tra automazione delle attività, innovazione e creazione di nuovo lavoro, sebbene sempre dirompente, è una fonte primaria di aumento della produttività. L’innovazione migliora la quantità, la qualità e la varietà del lavoro che un lavoratore può svolgere in un dato momento. Questa crescente produttività, a sua volta, consente di migliorare gli standard di vita. 

Gli impatti sul mercato del lavoro di tecnologie come l’intelligenza artificiale e la robotica richiedono anni per manifestarsi e se vengono impiegate nelle odierne istituzioni del lavoro, progettate per il secolo scorso, è inevitabile assistere a effetti simili a quelli che si sono visti negli ultimi decenni: pressione al ribasso su salari e un mercato del lavoro sempre più polarizzato. 

Un futuro del lavoro che raccolga i dividendi dell’automazione in rapido progresso e computer sempre più potenti può offrire opportunità e sicurezza economica per i lavoratori. Per fare ciò, è necessario promuovere innovazioni istituzionali che integrino il cambiamento tecnologico.

Gli effetti della pandemia hanno reso evidente come molti lavoratori a basso reddito, nonostante siano stati riconosciuti come “essenziali”, abbiano dovuto affrontare situazioni ad alto rischio di fronte al covid-19, poiché la maggior parte di queste attività non può essere svolto a distanza. 

Alcuni hanno previsto che presto i robot assumeranno questi ruoli, altri invocano la flessibilità umana, poiché è l’adattabilità umana, non della macchina, che ha permesso a paesi come l’America di riorganizzare in tempi rapidi il lavoro durante la pandemia. Altri ancora vedono il covid-19 come un evento che forza l’automazione, una forza catalitica che trascinerà le tecnologie dal futuro nel presente. Comunque vada, gli effetti del covid-19 sulla tecnologia e sul lavoro dureranno a lungo oltre la pandemia, provocando cambiamenti di gran lunga diversi da quanto si immaginava nel 2018. 

Altre forze hanno anche turbato le visioni del futuro prima della pandemia, compresa la rottura tra le due maggiori economie del mondo e un’ondata di disordini politici e populismo economico culminati nel violento attacco al Campidoglio degli Stati Uniti. Queste pressioni stanno rimodellando le alleanze, rompendo e riorganizzando le relazioni commerciali globali e stimolando nuove forme di guerra informatica, tra cui disinformazione, spionaggio su scala industriale e compromissione elettronica delle infrastrutture critiche. Gli Stati Uniti e la Cina hanno avuto attriti prima, ma niente a che vedere con la frattura che si sta verificando ora. 

Quella che era iniziata come una guerra commerciale si è trasformata in una guerra tecnologica. Lo scontro con la Cina si sta diffondendo nell’economia e minaccia di ostacolare la crescente diffusione dell’innovazione in tutto il mondo. Come garantire che i progressi tecnologici, ogni volta che arrivano, producano una prosperità ampiamente condivisa? Come possono gli Stati Uniti e i suoi lavoratori continuare a svolgere un ruolo di primo piano nell’inventare e plasmare le tecnologie e trarne i benefici? 

Nessuna prova storica o contemporanea convincente suggerisce che i progressi tecnologici ci stiano guidando verso un futuro senza lavoro. Al contrario, si prevede che nei prossimi due decenni i paesi industrializzati avranno più opportunità di lavoro che lavoratori per colmarle, e che la robotica e l’automazione svolgeranno un ruolo sempre più cruciale nel colmare queste lacune.

Gli spettacolari progressi nel campo dell’informatica e delle comunicazioni, della robotica e dell’intelligenza artificiale stanno rimodellando settori diversi, ma si osservano notevoli ritardi, spesso dell’ordine di decenni, dalla nascita di un’invenzione alla sua ampia commercializzazione, assimilazione nei processi aziendali, adozione diffusa e relativi impatti sulla forza lavoro. 

I nuovi robot industriali sono stati lenti a entrare nelle piccole e medie imprese, per esempio, e i veicoli autonomi devono ancora essere implementati su larga scala. In realtà, gli effetti più profondi sul mercato del lavoro delle nuove tecnologie sembrano dovuti meno alla robotica e all’intelligenza artificiale che alla continua diffusione di tecnologie vecchie di decenni (sebbene molto migliorate) come Internet, mobile e cloud computing e telefoni cellulari. 

Questa scala temporale del cambiamento tecnologico offre l’opportunità di elaborare politiche, sviluppare competenze e indirizzare investimenti per modellare in modo costruttivo la traiettoria del cambiamento verso il massimo beneficio sociale ed economico. Cosa sarà necessario per spingere le istituzioni e le politiche degli Stati Uniti a diffondere la prosperità?

Un problema centrale è il sistema formativo. Per consentire ai lavoratori di rimanere produttivi in un luogo di lavoro in continua evoluzione, è necessario un costante aggiornamento delle loro competenze, a partire dalle scuole primarie e secondarie, per arrivare ai programmi professionali e universitari e ai programmi di formazione per adulti in corso. Il sistema statunitense di formazione dei lavoratori ha delle carenze, ma ha anche virtù uniche. Per esempio, offre numerosi canali di ingresso ai lavoratori che vogliono rimodellare i propri percorsi di carriera o hanno bisogno di trovare un nuovo lavoro dopo un licenziamento. 

Ma anche ai lavoratori ben formati e motivati va offerto un riconoscimento concreto. L’aumento della produttività del lavoro, infatti, non si è tradotto in ampi aumenti dei redditi perché le istituzioni e le politiche del mercato del lavoro hanno fallito. Paesi come Svezia, Germania e Canada, hanno affrontato le stesse forze economiche, tecnologiche e globali degli Stati Uniti e hanno goduto di una crescita economica altrettanto forte, ma hanno saputo premiare i loro lavoratori. Ciò che distingue gli Stati Uniti sono specifici cambiamenti istituzionali e scelte politiche che non sono riuscite a smussare le conseguenze di queste pressioni sul mercato del lavoro. 

Gli Stati Uniti hanno permesso al salario minimo federale di recedere quasi all’irrilevanza, abbassando il livello del mercato del lavoro per i lavoratori a bassa retribuzione. Hanno abbracciato un’espansione politica del libero scambio con i paesi in via di sviluppo, Messico e Cina in particolare, che ha aumentato il reddito nazionale aggregato, ma non è riuscita a far fronte alle conseguenti perdite occupazionali e alle esigenze di riqualificazione dei lavoratori messi al margine da queste politiche. 

Nessuna prova suggerisce che questa strategia di spingere la crescita ignorando la difficile situazione dei lavoratori di base abbia pagato per gli Stati Uniti. La leadership degli Stati Uniti nella crescita e nell’innovazione è di lunga data – il paese ha guidato il mondo per tutto il XX secolo, e in particolare nei diversi decenni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale – mentre i punti deboli del mercato del lavoro sono recenti. Questi fallimenti non derivano inevitabilmente dall’innovazione o costituiscono costi che vale la pena pagare per ottenere gli altri benefici economici che apparentemente forniscono. 

Gli investimenti nell’innovazione ampliano la torta economica, fondamentale per affrontare le sfide poste da un’economia globalizzata segnata da una forte concorrenza tecnologica. Nel libro vengono prese in considerazione tecnologie che sono state il risultato diretto degli investimenti federali statunitensi in ricerca e sviluppo nel secolo scorso e oltre: Internet, semiconduttori avanzati, intelligenza artificiale, robotica e veicoli autonomi, solo per citarne alcune. 

Questi nuovi beni e servizi generano nuove industrie e occupazioni che richiedono nuove competenze e offrono nuove opportunità di guadagno. Gli Stati Uniti, secondo gli autori di The Work of Future, hanno la leadership nel sostegno alle innovazioni che inventori, imprenditori e capitale creativo impiegano per supportare e creare nuove imprese, e sono in grado di garantire sicurezza economica per tutti.

(rp)

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