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I prezzi al ribasso del petrolio non arresteranno la rivoluzione delle energie rinnovabili.

di Richard Martin

Il crollo del mercato azionario, che ad oggi non accenna a rallentare, ha trascinato con sé il prezzo del petrolio, che negli Stati Uniti è sceso al di sotto dei $40 per barile di greggio leggero. Anche le azioni delle società che operano nel settore delle energie pulite hanno subito un contraccolpo: negli ultimi 3 mesi, l’indice MAC Solar, che segue l’andamento delle principali società di energia solare, è sceso di oltre il 31 percento. I fornitori solari First Solar, SunEdison e SolarCity hanno subito gravi ripercussioni in questo periodo, così come i fornitori e gli installatori di impianti eolici.

Tradizionalmente, il prezzo del petrolio è inversamente legato alle fortune delle energie rinnovabili: più il petrolio scende di prezzo e meno le energie rinnovabili, che sono storicamente più costose quanto a megawat forniti, riescono a competere. La stessa situazione si presenta nel settore dei trasporti: le vendite di auto elettriche quest’anno sono diminuite a seguito del calo dei prezzi della benzina. Guardando al settore energetico nella sua totalità, però, il collegamento è più debole, persino falsa.

“Da quando i prezzi del petrolio hanno cominciato a scendere intorno alla metà dell’anno scorso, gli investitori hanno erroneamente correlato la situazione con il calo di prezzi del settore solare”, ha detto settimana scorsa Raj Prabhu, CEO di Mercom capital, in una intervista per la rivista PV. “Non esiste una reale connessione”.

Questa affermazione è corretta principalmente per tre ragioni: anzitutto, a differenza dell’energia solare ed eolica, il petrolio viene utilizzato sempre meno per generare elettricità nelle economie sviluppate; in molti mercati, poi, il costo di produzione dell’energia da fonti rinnovabili è sceso assieme al prezzo del petrolio; per finire, gli aspetti fondamentali per il business delle energie rinnovabili non sono mai stati così forti, a prescindere dalle oscillazioni del mercato azionario.

Con il graduale declino dell’industria del carbone, e i prezzi del gas naturale vicini ai minimi storici, il pensiero diffuso è che le utilities passeranno al gas naturale piuttosto che a eolico e solare. Eppure, non è proprio questo il caso: stando alla Solar Energy Industries Association, nel primo quadrimestre del 2015 il numero di sistemi solari aggiunti per la produzione di energia ha superato quello di tutte le altre risorse, arrivando a rappresentare oltre la metà delle nuove installazioni negli Stati Uniti. Nonostante la vertiginosa caduta del mercato settimana scorsa, il Wall Street Journal ha parlato di boom dell’energia solare in Texas, nel cuore dell’industria petrolifera.

La First Solare, che dal Colorado produce attrezzature solari, ha perso il 41 percento del valore delle proprie azioni da che queste erano giunte alla quotazione più alta nel settembre 2014. I risultati della società sono però impressionanti (quasi $900 milioni di entrate nel secondo quadrimestre, a fronte dei $544 milioni registrati nello stesso periodo l’anno scorso), lo stato patrimoniale è saldo ($1.78 miliardi in contanti), e le sue prospettive per il futuro sono radiose. L’attuale svendita ha poco a che fare con le forze sottostanti la società o il potenziale del suo mercato.

Il mercato ha ricevuto un’altra spinta quando il Presidente Obama ha rilasciato il suo ultimo set di misure per potenziare lo sviluppo di energie pulite negli Stati Uniti. Le iniziative dell’amministrazione includono un miliardo di dollari in nuove concessioni a favore di programmi per energie alternative – inclusi sistemi decentralizzati quali impianti domestici. Allo stesso tempo, il programma ARPA-E del Dipartimento dell’Energia fornirà $24 milioni a 11 progetti avanzati per l’energia solare (vedi “Il DOE spinge per il solare a concentrazione”).

Gli investitori azionari potranno ancora percepire il crollo dei prezzi del petrolio come un danno alle energie rinnovabili, ma i fatti non sembrano corrispondere.

(MO)