Il CEO di Fitbit ci parla di gadget indossabili, del futuro dei sensori e di Wall Street

James Park, CEO di Fitbit, spiega perché non crede che dispositivi a sé stanti moriranno, e perché non è preoccupato delle quotazioni della società in borsa.

di Rachel Metz

Nei sei anni che sono trascorsi da quando Fitbit ha cominciato a vendere il suo primo tracker, un dispositivo da $100 che sul suo piccolo schermo mostrava un fiore in crescita per indicare l’attività svolta, il mercato dei gadget indossabili è cambiato enormemente.

Società grandi e piccole hanno sommerso il mercato con ogni genere di tracker sportivi, smartwatch ed altri dispositivi indossabili. Stando alla IDC, una società che conduce ricerche per il mercato tecnologico, fra il luglio e il settembre del 2015 sono stati venduti 21 milioni di dispositivi, quasi tre volte la quantità registrata l’anno precedente.

Pur rimanendo leader di settore, con il controllo sul 22 percento del mercato, la fetta che va a Fitbit è scesa di quasi l’11 percento rispetto all’anno precedente. Apple, che nel frattempo ha cominciato a vendere il suo Apple Watch nell’aprile del 2015, si è guadagnata il controllo sul 19 percento del mercato, assicurandosi il secondo posto assoluto.

Durante il CES di Las Vegas, con la presentazione dello smartwatch Fitbit Blaze da $199, è parso evidente che la società sta ormai sentendo sul collo il fiato dei suoi competitori. Gli investitori, però, non sono rimasti particolarmente sorpresi, e durante la presentazione stessa le quotazioni della società sono scese del 18 percento. Un ulteriore crollo è seguito poco dopo l’annuncio di una class action avviata sulla base di una presunta imprecisione nei rilevamenti del battito cardiaco effettuati da due altri tracker dell’azienda (in una dichiarazione, Fitbit ha detto di non ritenere che il caso sussista).

In una conversazione con MIT Technology Review, il CEO e cofondatore di Fitbit, James Park, ha detto di non essere preoccupato delle quotazioni in borsa e che “gli investitori di Wall Street e i nostri clienti non sono necessariamente lo stesso tipo di persone”. Ha anche parlato del cambiamento nel mercato dei gadget indossabili e della sua speranza verso quanto i dispositivi della società riusciranno a fare in futuro.

Come pensa miglioreranno le capacità di questi gadget con l’aumentare delle società competitrici e il calare di costo e dimensioni delle componenti al loro interno?

Un tema importante per noi riguarda l’aggiunta di sensori più avanzati. Possiamo immaginare di approcciare non solo condizioni legate allo stile di vita ma anche condizioni croniche, siano esse legate a malattie cardiache, obesità o altro.

Che genere di sensori e capacità di rilevamento sperate di aggiungere ai vostri prossimi dispositivi? Fitbit utilizza già sensori per il rilevamento di aspetti quali l’attività fisica e il battito cardiaco, ma i vostri prodotti non includono ancora sensori in grado di rilevare cose come lo stress.

Non posso parlare esattamente di quello che stiamo facendo ma credo che, come settore industriale, i consumatori siano decisamente interessati nella misurazione precisa di valori riguardanti il loro riposo. Se pensiamo alle fasi del sonno o persino alla possibilità di diagnosticare e risolvere l’apnea nel sonno, si tratta certamente di problemi importanti. In questo momento, per diagnosticare realmente l’apnea nel sonno, è necessario recarsi presso un laboratorio del sonno, che è alquanto caro e impraticabile per molte persone, vista la necessità di trascorrervi una notte intera.

Pensiamo anche a problemi quali la pressione del sangue, lo stress – tipologie differenti di misurazioni che i consumatori saranno interessati a scoprire e che potranno essere rese disponibili in futuro grazie a nuovi sensori.

Il Fitbit Blaze sembra una chiara risposta all’Apple Watch. È stato una scelta intenzionale, e come avete provato a differenziarvi dall’offerta Apple?

Lo sviluppo del Blaze ha richiesto un certo tempo. Per noi è parte di una catena di prodotti piuttosto chiara; dispositivi per salute e fitness possono assumere molteplici forme perché non esiste una forma assoluta. Stiamo cercando di offrire alle persone una grande varietà di opzioni.

L’ho detto durante la nostra conferenza stampa: potrà sembrare uno smartwatch ma, in verità, non credo che gli smartwatch abbiano realmente stravolto il mondo. Per questo motivo noi guardiamo semplicemente a quello di cui i nostri clienti hanno bisogno.

Per prima cosa, il Blaze è incentrato attorno alla salute, per cui la maggior parte delle funzioni è ottimizzata per un utente sportivo. Credo inoltre che gran parte delle funzioni presenti all’interno degli smartwatch sia eccessiva per gli utenti. Abbiamo deciso attentamente quali funzioni includere, e il risultato è qualcosa che i nostri clienti sapranno veramente apprezzare: la durata delle batterie. Il Blaze ha una durata di cinque giorni per carica.

Evidentemente, non volevate inserire troppe funzioni nel Blaze – a parte monitorare l’attività fisica e assistere l’utente durante gli allenamenti, fa poche altre cose, come ricevere messaggi di testo, telefonate e notifiche sul calendario, e non è compatibile con app di terzi. Ma nuove app potrebbero essere rilasciate più avanti?

Di certo l’hardware per supportarle non manca, ma vogliamo rimanere piuttosto selettivi ed assicurarci che non si trasformi in una esperienza esasperante per i nostri clienti.

Nel tempo, un tracker per l’attività sportiva rimarrà un oggetto a sé stante da legare al polso o allacciare alle tasche? Verrebbe da pensare che funzioni simili potrebbero diventare parte di un dispositivo indossabile con più funzioni, come uno smartwatch.

Se guardiamo al polso delle persone, la maggior parte non indossa neanche un orologio, tanto meno uno smartwatch. Sta tutto nell’offrire alle persone una varietà di scelte su come tracciare questi dati. Non assisteremo alla diffusione di una sola forma da indossabile. Si tratterà di una scelta molto personale.

(MO)

Related Posts
Total
0
Share