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Grazie agli strumenti forniti dall’elaborazione del linguaggio naturale, i ricercatori stanno imparando quali sono i tipi di interventi terapeutici che funzionano meglio, aiutando in tal modo a creare protocolli d’azione che garantiscono il successo nel trattamento dei disturbi.

di Charlotte Jee e Will Douglas Heaven

Kevin Cowley ricorda molte cose del 15 aprile 1989. Aveva preso l’autobus per lo stadio di calcio di Hillsborough, a Sheffield, in Inghilterra, per vedere la semifinale di campionato tra Nottingham Forest e Liverpool. Aveva 17 anni. Era un bellissimo pomeriggio soleggiato. I tifosi avevano riempito gli spalti. Ricorda di essere rimasto schiacciato tra le persone al punto da non riuscire a tirare fuori le mani dalle tasche. Ricorda lo schianto della barriera di sicurezza crollata dietro di lui quando la sua squadra ha quasi segnato e i tifosi sono scattati in piedi.

Centinaia di persone sono cadute, rovesciate come tessere del domino da quelli bloccati accanto a loro. Cowley è stato trascinato sotto. Ricorda di essersi sentito schiacciato sotto il peso dei corpi, circondato dall’odore di urina e sudore. Gli vengono in mente anche gli occhi dell’uomo che cercava di rialzarsi insieme a lui. Si chiede ancora se quell’uomo sia stato una delle 94 persone morte quel giorno.

Questi ricordi hanno tormentato Cowley per tutta la sua vita adulta. Per 30 anni ha sofferto di flashback e insonnia. Aveva problemi a lavorare, ma si vergognava troppo per parlare con sua moglie. E’ caduto nell’alcolismo e nel 2004 un medico lo ha indirizzato a un terapeuta, ma lui ha abbandonato dopo un paio di sessioni.

Due anni fa, ha visto una pubblicità di un servizio terapeutico su Internet e ha deciso di fare un altro tentativo. Dopo dozzine di sessioni regolari in cui lui e il suo terapeuta hanno parlato tramite messaggio di testo, Cowley, ora 49enne, si sta finalmente riprendendo da questo grave disturbo da stress post-traumatico. “È incredibile come le parole possano cambiare una vita”, afferma Andrew Blackwell, direttore scientifico di Ieso, la clinica di salute mentale con sede nel Regno Unito che segue Cowley.

La mossa decisiva è fornire l’aiuto al momento giusto. Blackwell e i suoi colleghi di Ieso stanno sperimentando un nuovo approccio alla cura della salute mentale in cui il linguaggio delle sessioni di terapia viene analizzato da un’intelligenza artificiale. L’idea è quella di utilizzare l’elaborazione del linguaggio naturale per identificare quali parti di una conversazione tra terapeuta e paziente, quali tipi di espressione e scambio, sembrano essere più efficaci nel trattamento di diversi disturbi.

L’obiettivo è fornire ai terapeuti una migliore comprensione di ciò che fanno, aiutandoli a mantenere un elevato standard di cura e migliorando le prestazioni dei tirocinanti. In mezzo a una carenza globale di cure, una forma automatizzata di controllo della qualità potrebbe essere essenziale per soddisfare la domanda crescente.

In definitiva, l’approccio potrebbe rivelare esattamente come funziona la psicoterapia, qualcosa di cui clinici e ricercatori sono ancora in gran parte all’oscuro. Una nuova comprensione dei principi attivi della terapia potrebbe aprire la porta a un’assistenza sanitaria mentale personalizzata, consentendo ai medici di adattare i trattamenti psichiatrici ai singoli clienti proprio come fanno quando prescrivono farmaci.

Uno studio delle parole

Il successo della terapia e della consulenza dipende in ultima analisi dalle parole pronunciate tra due persone. Nonostante il fatto che la terapia esista nella sua forma attuale da decenni, ci sono molte cose che sfuggono ancora sul suo funzionamento. È generalmente ritenuto fondamentale che terapeuta e paziente abbiano un buon rapporto, ma può essere difficile prevedere se una particolare tecnica, applicata a particolari sintomi, darà risultati o meno. Rispetto alle cure per i disagi fisici, i risultati dell’assistenza per la salute mentale sono scarsi. Le percentuali di recupero sono rimasti stagnanti e in alcuni casi peggiorati nella storia del settore. 

I ricercatori hanno cercato per anni di studiare la terapia della parola per svelare i segreti del perché alcuni terapisti ottengono risultati migliori di altri. Può essere tanto arte quanto scienza, basata sull’esperienza e sull’istinto di terapisti qualificati. Finora, è stato praticamente impossibile quantificare completamente ciò che funziona e perché. 

Zac Imel, ricercatore di psicoterapia presso l’Università dello Utah, ha tentato di analizzare manualmente le trascrizioni delle sessioni di terapia. “Ci vuole un’eternità e le dimensioni del campione sono imbarazzanti”, afferma. “Per questa ragione non ci sono stati grandi passi avanti anche nei decenni in cui è stato fatto”.

L’intelligenza artificiale sta cambiando la situazione. Il tipo di apprendimento automatico che esegue la traduzione automatica può analizzare rapidamente grandi quantità di linguaggio. Ciò consente ai ricercatori di accedere a una fonte di dati infinita e non sfruttata: i terapisti del linguaggio. I ricercatori ritengono di poter utilizzare questi dati per dare alla terapia la spinta attesa da tempo. 

Blackwell e i suoi colleghi non sono gli unici a perseguire questa visione. Un’azienda negli Stati Uniti, chiamata Lyssn, cofondata da Imel e dal CEO David Atkins, che studia psicologia e apprendimento automatico all’Università di Washington, sta sviluppando una tecnologia simile. I team addestrano le loro AI sulle trascrizioni delle sessioni di terapia. Per farlo, alcune centinaia di trascrizioni della sessione terapeutiche sono annotate a mano.

La tecnologia funziona in modo simile a un algoritmo di analisi degli stati d’animo che può dire se le recensioni dei film sono positive o negative, o a uno strumento di traduzione. Ma in questo caso, l’AI traduce dal linguaggio naturale in una sorta di codice a barre o “impronta digitale” di una seduta di terapia che rivela il ruolo svolto dalle diverse espressioni.

Un’impronta digitale per una sessione può mostrare quanto tempo è stato speso in terapia costruttiva rispetto a chiacchiere generali. Vedere questa lettura può aiutare i terapeuti a concentrarsi maggiormente sugli aspetti costruttivi nelle sessioni future, afferma Stephen Freer, direttore clinico di Ieso, che supervisiona i circa 650 terapeuti della clinica.

Una crisi incombente

I problemi che stanno affrontando Ieso e Lyssn sono pressanti. La storia di Cowley mette in evidenza due principali carenze nelle terapie per la salute mentale: l’accesso e la qualità. Cowley ha sofferto per 15 anni prima che gli venisse offerta questa possibilità, e la prima volta che ha provato la terapia, nel 2004, non è stata d’aiuto. Sono passati altri 15 anni prima che riprovasse.

L’esperienza di Cowley è estrema, ma non rara. I segnali di un’incombente crisi di salute mentale ignorano una verità fondamentale: quando arrivano ci si è già dentro. nonostante lo stigma si stia lentamente ritirando, la maggior parte delle persone che hanno bisogno di aiuto per un problema di salute mentale ancora non lo capiscono. Circa uno su cinque di noi ha esperienze di disturbi mentali passeggeri, eppure il 75 per cento di chi li manifesta non riceve alcuna forma di cura.

E di quelli che vanno in terapia, solo circa la metà ha buoni risultati. “Se andassimo in ospedale con una gamba rotta e ci dicessero che abbiamo una probabilità del 50 per cento di aggiustarla, non sembrerebbe accettabile”, ha detto Blackwell a una conferenza TED l’anno scorso. La pandemia ha aggravato il problema, che riguarda essenzialmente la domanda e l’offerta. La richiesta viene dalle persone che si trovano ad affrontare una delle esperienze collettive più gravose a memoria d’uomo. Il problema dal lato dell’offerta è la mancanza di buoni terapisti.

Ieso e Lyssn stanno lavorando a questo fronte. Secondo Freer, le persone di solito affrontano il problema dell’offerta partendo dal presupposto che si possono avere più terapisti o terapisti migliori, ma non entrambe le cose. “Penso che sia un errore”, dice.  Ieso, uno dei maggiori fornitori supportati dal National Health Service (NHS) del Regno Unito che offre terapia su Internet tramite testo o video, ritiene di poter migliorare l’accesso alle cure e utilizzare l’AI per gestirne la qualità.

I suoi terapeuti hanno finora erogato più di 460.000 ore di terapia cognitivo comportamentale (CBT), una tecnica comunemente usata ed efficace che aiuta le persone a gestire i propri problemi, modificando il modo in cui pensano e si comportano, a circa 86.000 clienti, trattando una serie di condizioni inclusi disturbi dell’umore, ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico.

Ieso afferma che il suo tasso di recupero in tutti i disturbi è del 53 per cento, rispetto a una media nazionale del 51 per cento. Questa differenza sembra piccola, ma con 1,6 milioni di richieste terapeutiche nel Regno Unito ogni anno, rappresenta decine di migliaia di persone che altrimenti non sarebbero uscite dalla malattia. E l’azienda crede di poter fare di più.

Dal 2013, Ieso si è concentrata sulla depressione e sul disturbo d’ansia generalizzato e ha utilizzato tecniche basate sui dati, di cui la PNL è una parte fondamentale, per migliorare drasticamente i risultati. Secondo Ieso, la sua percentuale di recupero nel 2021 per la depressione è del 62 per cento, rispetto a una media nazionale del 50 per cento, e del 73 per cento per il disturbo d’ansia generalizzato, rispetto a una media nazionale del 58 per cento. 

Ieso dice che si è focalizzata su ansia e depressione in parte perché sono due delle condizioni più comuni. Ma sono anche quelle che rispondono meglio alla CBT rispetto ad altre, come il disturbo ossessivo compulsivo. In teoria, l’uso dell’intelligenza artificiale per monitorare la qualità consente ai medici di vedere più pazienti perché una terapia migliore significa meno sessioni improduttive, sebbene Ieso non abbia ancora studiato l’impatto diretto della PNL sull’efficacia della cura.

“In questo momento, con 1.000 ore di terapia, possiamo trattare da 80 a 90 clienti”, afferma Freer. “Stiamo cercando di spostare in avanti l’obiettivo: si può intervenire su 200, 300, anche 400 clienti con lo stesso quantità di ore di terapia?” A differenza di Ieso, Lyssn non offre la terapia stessa, ma fornisce il suo software ad altre cliniche e università, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, per il controllo di qualità e la formazione.

Negli Stati Uniti, Lyssn supervisiona un programma di trattamento degli oppioidi di telemedicina in California che vuole monitorare la qualità delle cure fornite dai suoi fornitori. L’azienda sta anche collaborando con l’Università della Pennsylvania per creare terapisti CBT in tutta Filadelfia con la sua tecnologia.

Nel Regno Unito, Lyssn sta lavorando con tre organizzazioni, tra cui il Trent Psychological Therapies Service, una clinica indipendente che, come Ieso, è incaricata dal NHS di fornire assistenza per la salute mentale. Trent PTS sta ancora sperimentando il software. Poiché il modello della PNL è stato ideato negli Stati Uniti, si è dovuto intervenire per far riconoscere gli accenti regionali britannici. Dean Repper, direttore dei servizi clinici di Trent PTS, è convinto che il software potrebbe aiutare i terapisti a standardizzare le pratiche migliori. 

L’obiettivo è migliorare la terapia, non sostituirla

La mancanza di una cura di qualità per la salute mentale non verrà risolta con soluzioni a breve termine, ma richiederà di affrontare anche la riduzione dello stigma, l’aumento dei finanziamenti e il miglioramento dell’istruzione. Blackwell, in particolare, respinge molte delle affermazioni fatte sull’AI. “Ci sono molte voci infondate”, dice. Per esempio, si è parlato molto di chatbot di terapisti per il monitoraggio 24 ore su 24 tramite app, spesso pubblicizzate come Fitbit per la mente. Ma la maggior parte di questa tecnologia cade da qualche parte tra “anni di distanza” e “non accadrà mai”.

“Non si tratta di app per il benessere e cose del genere”, afferma Blackwell. “Mettere in mano a qualcuno un’app che dice che curerà la sua depressione probabilmente serve solo a vaccinarlo contro la ricerca di aiuto”. Un problema nel rendere la psicoterapia più basata sui fatti, tuttavia, è la richiesta a terapeuti e clienti di entrare nelle loro conversazioni private. I terapeuti si opporranno al fatto che le loro prestazioni professionali vengano monitorate in questo modo? 

Repper anticipa una certa riluttanza. “Questa tecnologia rappresenta una sfida per i terapisti”, afferma. “È come se avessero qualcun altro nella stanza per la prima volta, che trascrive tutto ciò che dicono”. Per cominciare, Trent PTS utilizza il software di Lyssn solo con i tirocinanti, che si aspettano di essere monitorati. I terapisti più esperti potrebbero aver bisogno di essere convinti dei benefici di questo modello.

Il nodo è usare la tecnologia come un supporto, dice Imel, che è stato un terapeuta. A suo parere, molti apprezzeranno le informazioni extra. “È difficile stare da soli con i pazienti”, spiega. “Quando tutto ciò che si fa è sedersi in una stanza privata con un’altra persona per 20 o 30 ore alla settimana, senza ricevere feedback dai colleghi, può essere davvero difficile migliorare”.

Freer è d’accordo. A Ieso, i terapisti discutono del feedback generato dall’AI con i loro supervisori. L’idea è lasciare che i terapeuti prendano il controllo del loro sviluppo professionale, mostrando loro in cosa sono bravi.  Ieso e Lyssn stanno appena iniziando questo percorso, ma c’è un chiaro potenziale per imparare aspetti della terapia che possono essere rivelate solo estraendo set di dati sufficientemente grandi.

Atkins cita una meta analisi pubblicata nel 2018 che ha raccolto circa 1.000 ore di terapia senza l’aiuto dell’intelligenza artificiale. “Lyssn lo elabora in un giorno”, dice. Nuovi studi pubblicati sia da Ieso che da Lyssn analizzano decine di migliaia di sessioni.

Per esempio, in un articolo pubblicato su JAMA Psychiatry nel 2019, i ricercatori di Ieso hanno descritto un modello di PNL di apprendimento profondo che è stato addestrato a classificare le espressioni dei terapisti in più di 90.000 ore di sessioni di CBT con circa 14.000 persone. L’algoritmo ha imparato a discernere se una serie di passaggi fossero istanze di tipi specifici di conversazione basata sulla CBT, come verificare lo stato d’animo del paziente, impostare e rivedere i compiti in cui vengono esercitate le abilità apprese in una sessione, discutere i metodi di cambiamento, pianificare il futuro e così via, oppure discorsi non correlati alla CBT, come la chat generale. 

I ricercatori hanno dimostrato che percentuali più elevate di conversazione CBT sono correlati a un migliore recupero, misurato da metriche standard auto-riferite utilizzate in tutto il Regno Unito.  La CBT è già ampiamente considerata efficace, ma questo studio è uno dei primi esperimenti su larga scala a confermare questo presupposto comune.

In un articolo pubblicato quest’anno, il team di Ieso ha esaminato le espressioni dei pazienti anziché quelle dei terapeuti. Hanno scoperto che le risposte attive (del tipo “voglio cambiare”) e riflessive (del tipo “sto cercando una via d’uscita”) erano associati a un maggiore coinvolgimento. Non vedere questo tipo di affermazioni potrebbe essere un segnale che il corso della terapia non sta funzionando. In pratica, potrebbe anche essere possibile studiare le trascrizioni delle sessioni per avere indizi su ciò che i terapeuti dicono per suscitare tale comportamento e addestrare altri terapeuti a fare lo stesso.

“Uno dei vantaggi è che quando formiamo i medici, ora possiamo puntare a ricerche che dimostrano che più ci si attiene a un protocollo, più si ottengono risultati”, afferma Jennifer Wild, psicologa clinica dell’Università di Oxford. “Si potrebbe avere voglia di parlare di più cose”, dice, “ma ci si deve attenere alla terapia, perché si sa che funziona e come funziona. Penso che questa sia la novità importante”.

Queste tecniche di intelligenza artificiale potrebbero anche essere utilizzate per aiutare ad abbinare potenziali pazienti con terapisti e capire quali tipi di terapia funzioneranno meglio per un particolare paziente, afferma Wild: “Penso che finalmente avremo più risposte su quali tecniche terapeutiche funzionano meglio per quali combinazioni di sintomi”.

Ma è solo l’inizio. Un grande gestore di assistenza sanitaria integrata come Kaiser Permanente, in California, potrebbe offrire 3 milioni di sessioni di terapia all’anno, dice Imel, “ma senza avere un’idea di cosa succede in quelle sessioni, non si muoverà”. Si consideri, per esempio, che se un operatore sanitario cura 3 milioni di persone per malattie cardiache, sa per esempio se i suoi pazienti hanno assunto
statine. “Ritengo” continua, “che ora si possa agire nello stesso modo in psicoterapia”.

Blackwell è d’accordo. “Potremmo effettivamente essere in grado di entrare in un’era di medicina di precisione in psicologia e psichiatria entro i prossimi cinque anni”, afferma. In definitiva, potremmo essere in grado di combinare le terapie. Ci sono circa 450 diversi tipi di psicoterapia che vengono pagate dalle assicurazioni negli Stati Uniti, afferma Blackwell. Dall’esterno, si potrebbe pensare che una vale l’altra. 

Una possibilità interessante è utilizzare gli strumenti per osservare cosa stanno facendo i terapeuti con risultati particolarmente buoni e insegnare agli altri a fare lo stesso. Freer afferma che dal 10 al 15 per cento dei terapisti con cui lavora “fa qualcosa di magico”.Freer crede che la persona che ha curato Kevin Cowley sia proprio questo tipo di terapeuta. “Avrebbe potuto evitare di soffrire inutilmente per tanti anni”, conclude,”se solo avesse avuto accesso alle cure quando aveva 17 o 18 anni.

(rp)