Gli occhiali magici

In un articolo pubblicato dalla nostra rivista nel 1990 l’illustre filosofo e storico delle religioni, scomparso nel 2002, si sofferma su alcuni aspetti della “intelligenza robotica” e in particolare sulle conseguenze dei primi esperimenti di realtà aumentata.

di Elémire Zolla

A volte il caso è più indicativo della intenzione. Abbiamo ripercorso un paio di anni fa i venticinque anni di MIT Technology Review (n. 3, maggio-giugno 2014), ripubblicando alcuni significativi interventi sia nel campo delle scienze umane, sia in quello delle scienze fisiche e matematiche.
In quegli interventi, uno per anno, derivanti quindi da una selezione necessariamente avara e crudele, non era compreso Elémire Zolla (1926-2002), scrittore, filosofo e storico delle religioni tra i più reputati e discussi internazionalmente, il quale diceva di se stesso di avere vissuto varie vite in una.
Questa affermazione apparentemente stravagante ha trovato un paradossale riscontro in un articolo che lo stesso Zolla aveva scritto nell’agosto 1990 per la nostra rivista e che è stato ripubblicato in una sua biografia antologica, ancora reperibile nelle librerie della seconda mano (Grazia Marchianò, 
Elémire Zolla. Il conoscitore di segreti. Una biografia intellettuale, Rizzoli 2006). Anche in questo caso, infatti, una nuova vita che, a distanza di un quarto di secolo sembra assumere risonanze inedite, nell’ordine sia della speranza, sia della preoccupazione.
A parziale ristoro della precedente mancata inclusione, ripubblichiamo i passaggi conclusivi di quell’articolo di Zolla, il quale, commentando alcune previsioni di lungo termine del futurologo Hans Moravec, profeticamente alludeva ai rischi “differenziali” che i progressi scientifici e tecnologici, soprattutto quelli connessi alla vita quotidiana, comportano, dal momento che accrescono il divario tra chi può e chi non può giovarsene
.(g.p.j.)

Tra le sue previsioni, Moravec esamina a fondo quelli che chiama “occhiali magici”: sono elementi che forniscono a chi li indossi un programma televisivo che si sostituisce alla normale percezione. Programmi a questo fine già si assiepano all’Ufficio brevetti di Washington. Già si usano gli occhiali magici per allenare i piloti alla guerra aerea e li si vede uscire dalla cabina in cui hanno affrontato le avventure simulate, pallidi come cenci.

Un’Università americana offre occhiali magici a chi voglia comprare case disegnate alla sua Facoltà di architettura; esse si visitano (ovvero: se ne visitano le prospezioni computerizzate) e nel farlo è anche dato di suggerire le proprie modifiche al progetto aprendo finestre e usci, spostando infissi.

Queste simulazioni totali del reale alleneranno a capire l’illusorietà dell’esperienza stessa. Potranno offrire tutto ciò che si possa mai desiderare, vicende soavi e pacificanti oppure sconvolgenti e tremende oppure le due alternative.

E torna l’interrogativo: da questa varietà infinita di simulazioni, non dovrebbe scattare alla fine la nascita d’un uomo liberato? La fonte degli stimoli si dovrebbe placare, tanta sarà la libertà di scelta, la facilità d’ogni appagamento e si dovrebbe arrivare al momento della riflessione e meditazione che capovolga il gioco.

Credo che sarà possibile inoltrarsi in tutti i possibili viaggi, reali e immaginari, godere di tutti i diletti e al loro culmine queste esperienze dovranno rovesciarsi in una liberazione totale.

O mi illudo pensando che questo sia un destino aperto a tutti? Forse i più saranno ricacciati indietro a piaceri sempre più stanchi, tortuosi, disperati e incattiviti e soltanto pochi otterranno la liberazione?

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