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Siamo ai primordi dell’era della fusione… più o meno

È stato fatto un passo avanti verso la fusione. Per davvero questa volta.

Le battute si sprecano sull’energia da fusione, e c’è una ragione per cui la tecnologia condivide la reputazione con “Pierino che gridava al lupo“: sono decenni che i ricercatori parlano di utilizzarla come fonte di energia pulita illimitata, facendo grandi promesse sul fatto che manchino pochi anni alla costruzione di vere e proprie centrali per la distribuzione di energia. E finora, le cose non sono andate proprio così.

È logico, quindi, che quando parte un nuovo ciclo turbinio di notizie sulla fusione che avrebbe fatto una “svolta”, molti siano comprensibilmente scettici. Siamo ora entrati in uno di questi cicli di notizie grazie al fatto che un laboratorio nazionale ha raggiunto un importante traguardo di ricerca, realizzando finalmente una reazione che ha emesso più energia di quella utilizzata dai laser che ne hanno permesso l’avvio.

Parliamo dell’annuncio che ha scatenato il più recente can-can sulla fusione: cosa significa e cosa è importante sapere.

Cos’è l’energia da fusione e perchè tanto clamore?

In poche parole, le reazioni di fusione generano energia facendo sbattere gli atomi l’uno contro l’altro finché non si fondono, rilasciando energia. (Il nucleo del sole è alimentato dalla fusione nucleare, quindi in un certo senso, immagino che potresti dire che l’energia solare è una forma di energia di fusione indiretta?)

L’energia da fusione potrebbe rappresentare una nuova fonte di energia a zero emissioni di carbonio da immettere nelle reti di energia elettrica e, in base alla potenza delle reazioni di fusione, la tecnologia potrebbe utilizzare quantità molto ridotte di combustibile ampiamente disponibile, senza generare materiali di scarto pericolosi. L’interesse che genera è chiaro a tutti.

Il primo passo verso questa nuova fonte di energia è fare in modo che le reazioni di fusione avvengano in modo controllato in laboratorio. E, soprattutto, i ricercatori devono fare in modo che queste reazioni sprigionino più energia di quella necessaria ad avviare la reazione.

Questo è l’obiettivo che le aziende e le strutture pubbliche di ricerca stanno perseguendo e fino alla scorsa settimana nessuno lo aveva raggiunto.

Da quando ha iniziato gli esperimenti nel 2010, il National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Lab in California è stato tra i primi in corsa a raggiungere il guadagno energetico netto. Negli ultimi anni, NIF si è avvicinato in modo allettante al conseguimento del suo obiettivo: proprio l’anno scorso, i ricercatori hanno ottenuto un ritorno energetico del 70%.

Quindi, quando sono iniziate a circolare voci, riportate per la prima volta dal Financial Times, secondo cui i ricercatori del NIF avrebbero finalmente ottenuto un guadagno netto, il mondo dell’energia ha praticamente avuto una delle due seguenti reazioni:

  • Questa è una grande notizia!
  • Ci risiamo, un altro giro di eccessivo entusiasmo per la fusione

Quando ho visto la notizia, seduta fuori da uno spogliatoio mentre facevo un po’ di shopping natalizio, ho avuto entrambe le reazioni. Scorrendo rapidamente l’articolo sul mio telefono, ho studiato attentamente i dettagli.

100 milioni di gradi, 192 laser, pochi megajoule di energia liberata. Ho inviato l’articolo ai miei colleghi con un semplice commento: “Una notizia bomba, se è vera”.

Ed era vero: un paio di giorni dopo, il Dipartimento dell’Energia ha confermato la notizia in una conferenza stampa.

Si tratta di un grande momento per l’energia da fusione, un test di base per il quale il settore ha lottato da quando i ricercatori hanno iniziato a sognarselo negli anni ’50. Merita di essere celebrato e penso che sia giusto farsi prendere dall’entusiasmo. Si tratta di una vera pietra miliare.

Ma… dobbiamo essere chiari. Si tratta principalmente un risultato scientifico. La fusione ha ancora molta strada da fare per diventare una tecnologia dalle reali applicazioni pratiche.

Cosa significa questa notizia per le prospettive della fusione?

Come ho già avuto modo di sottolineare, il Lawrence Livermore ha il laser più potente del mondo. Stiamo quindi parlando di condizioni non esattamente replicabili in tutto il mondo. Non è nemmeno previsto che lo sia.

In effetti, l’approccio alla fusione utilizzato da NIF non è quello che la maggior parte dei ricercatori ritiene il più probabile per una futura messa in commercio (in parte a causa del fatto che richiede l’utilizzo del laser più grande di tutto il mondo).

Al NIF stanno studiando un processo chiamato fusione a confinamento inerziale, dove un’esplosione di potenti laser viene utilizzata per generare raggi X. Questi raggi X possono quindi comprimere e riscaldare un combustibile fatto di deuterio e trizio (isotopi dell’idrogeno) a una temperatura e una pressione sufficientemente elevate in modo che possano formare un plasma e i loro nuclei possano iniziare a fondersi, producendo energia.

Il consenso tra gli scienziati della fusione tende ad essere che l’approccio più promettente a breve termine e per fini commerciali sia quello che prende il nome di fusione a confinamento magnetico, dove si fa uso di un reattore chiamato tokamak. Questi reattori a forma di ciambella utilizzano potenti magneti per mantenere il combustibile in posizione e creare le intense condizioni necessarie per la fusione utilizzando una corrente elettrica e onde radio.

È l’approccio utilizzato dal Commonwealth Fusion Systems, una startup privata nata dal MIT e la più finanziata al di fuori di programmi pubblici. Il mio collega James Temple ha approfondito le operazioni del gruppo all’inizio di quest’anno e abbiamo nominato i reattori a fusione pratici https://www.technologyreview.it/alimentati-da-unenergia-stellare/ una delle nostre 10 tecnologie rivoluzionarie del 2022.

Il Commonwealth sta lavorando a un reattore compatto e relativamente economico che costerebbe centinaia di milioni di dollari, invece dei miliardi necessari per costruire il modello del NIF. Il suo approccio si basa su materiali superconduttori per ottenere campi magnetici super forti in grado di mantenere il plasma in posizione per le reazioni di fusione (le temperature sono troppo alte per utilizzare materiali convenzionali per mantenere il combustibile in posizione).

Alcuni esperti di fusione affermano che la realizzazione di reattori pratici capaci di generare quantità significative di energia non richieda che pochi decenni ancora.

Ma il Commonwealth e altre startup si sono imposte tempistiche ancora più ambiziose, pianificando di costruire dimostrazioni entro pochi anni e centrali elettriche entro il prossimo decennio circa. Il Commonwealth ha annunciato lo scorso anno di aver raccolto 1,8 miliardi di dollari in finanziamenti di capitale di rischio per realizzare il primo esemplare.

La notizia del NIF sarà probabilmente un grande vantaggio per il campo della fusione in generale, suscitando più interesse e investimenti. Ma non è una garanzia che il confinamento inerziale, o qualsiasi altro approccio alla fusione, avrà successo commerciale.

Il raggiungimento di un guadagno netto in un tipo di reattore non si traduce necessariamente in altri, quindi i tokamak e altri reattori dovranno avere il loro momento di svolta nel percorso verso la realizzazione dell’energia da fusione.