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    Fuori dal fossile partendo dal carbone

    di Alessandro Ovi

    Ci siamo soffermati nei numeri precedenti sui temi del protocollo di Kyoto e sul ruolo fondamentale giocato dal settore energetico e da quello dei trasporti, nella prospettiva di una riduzione sostanziale delle emissioni nocive. Si è dato ampio rilievo alla necessità di adottare politiche di sviluppo dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, con l’idrogeno, da esse prodotto, a fare da vettore verso i mezzi di trasporto.

    Uno scenario affascinate, non solo per gli indubbi benefici ambientali, ma anche perché prospetta possibilità di sviluppo molto interessanti di nuovi settori industriali.

    Il cammino in questa direzione non pare avere alternative se si prendono sul serio le drammatiche conseguenze, a lungo termine, dell’attuale scenario energetico in assenza di correttivi sostanziali. Ma c’è un problema delicato da affrontare: passare dalla quasi totale dipendenza dai combustibili fossili a quella anche se certo non totale, ma almeno rilevate, dalle energie rinnovabili, richiede tempi certamente lunghi. Lunghi, dieci, venti anni, anche se non lunghissimi, trenta o quaranta anni, come tanti dicono.

    Dall’approdo a energie diverse da quelle fossili non si può prescindere.

    Nel frattempo però si deve garantire ai nostri sistemi economici, e il problema è particolarmente grave per l’Italia, tutta l’energia di cui hanno bisogno per crescere, a costi sufficientemente bassi da non comprometterne la competitività e diminuendo quanto più possibile la dipendenza da aree del mondo politicamente critiche. Il tutto mantenendo sempre presente gli obiettivi di riduzione delle emissioni nocive nell’ambiente. Sembra un puzzle impossibile, ma non è così e per dimostrarlo concentriamoci sull’Italia.

    Comportamenti diffusi di risparmio energetico, aumentata efficienza dei sistemi di produzione e dei mezzi di trasporto, sono certamente molto importanti; ma non sufficienti perché noi siamo in una situazione molto delicata: siamo sostanzialmente diversi dagli altri.

    Un mix inefficiente genera prezzi alti

    La diversità più rilevante è quella del mix delle fonti energetiche del nostro sistema elettrico.

    Nel grafico n.1, che paragona Italia, Spagna, Germania, Francia e Inghilterra si vede che il prezzo di borsa dell’energia elettrica nel nostro paese è nettamente più alto di quello degli altri .

    All’origine di ciò sta il nostro mix di generazione che per ben il 69 per cento dipende da petrolio e gas naturale i quali come si vede dai grafici n. 2 e n.3 sono di gran lunga i più costosi.

    Anche il confronto a livello mondiale riportato nel grafico n.4 mostra la singolarità del nostro paese; si vede bene che nelle zone a maggiore industrializzazione il carbone e il nucleare coprono più del 60-70 per cento del fabbisogno, mentre in Italia il nucleare è zero e il carbone è solo al 12 per cento.

    Quando in Italia si discute del problema energetico si chiamano in causa fattori strutturali, come la mancanza di concorrenza, la insufficienza di capitali privati nel processo di privatizzazione e quindi la impossibilita nel avere operatori di dimensione europea, la difficoltà di realizzare nuovi impianti per le fortissime resistenze locali.

    Tutti fattori reali, con un rilevantissimo impatto sullo scenario energetico nazionale; nessuno di loro però in grado di risolvere il problema della nostra singolarità dal punto di vista del mix delle fonti energetiche e, allo stesso tempo, di avviare il cammino verso una crescita sostanziale delle energie rinnovabili.

    Di fronte alla necessità di intervenire avendo risultati in tempi brevi, dell’ordine dei cinque anni per intendersi, pur mantenedo ben chiaro l’obietttivo di medio lungo termine di un incremento sostanziale dele energie rinnovabili, non vi è che una possibilità. Non il nucleare che non è in grado di offrire soluzioni nei tempi brevi e per i tempi lunghi potrà diventare accettabile solo a una condizione: che la ricerca offra soluzioni davvero innovative sia per quanto riguarda la sicurezza delle centrali che per quanto riguarda il trattamento delle scorie radioattive.

    La competitività del carbone

    Non resta allora che convertire gli impianti attualmente alimentati a olio combustibile con impianti a carbone. Carbone ovviamente trattato in modo da rendere minimo il suo impatto sull’ambiente, ma anche utilizzato in modo virtuoso per contribuire al passaggio dell’economia dell’idrogeno.

    Chi brucia carbone al posto dell’olio combustibile o del gas naturale, risparmia in modo rilevante.

    Enel stessa stima che la conversione al carbone delle sue centrali porterebbe a un risparmio di oltre il 25 per cento Sarebbe più che giustificato allora non solo ripulire i fumi, e occuparsi del recupero delle miniere e del deposito delle scorie, come è gia previsto si faccia e calcolato nei costi, ma anche a contribuire al passaggio a un sistema meno dipendente dai combustibili fossili. Si dovrebbero allora realizzare impianti pilota di gasificazione del carbone, di separazione e raccolta della CO2 e quindi di produzione di idrogeno in un modo abbastanza pulito. Immaginiamo che facciano parte del progetto anche la fornitura a comunità, vicine alle centrali, di sistemi di celle a combustibile collegate in rete per produrre alternativamente energia elettrica da idrogeno e idrogeno da energia elettrica, compensando così il problema della intermittenza delle energie rinnovabili. Immaginiamo che (come sta già facendo con il programma CUTE la Commissione Europea) venga promossa la realizzazione di «flotte pilota» per il trasporto pubblico mosse da celle a combustibile all’idrogeno, o che le municipalità offrano libero accesso ai centri storici e ad aree speciali di parcheggio a veicoli ibridi idrogeno-benzina.

    Immaginiamo cioè che, assieme a un grande sforzo di ricerca e sviluppo, si mettano assieme tutti gli elementi indispensabili ad avviare le nostre società su un cammino virtuoso di sempre maggiore indipendenza dai combustibili fossili.

    Costo dell’elettricità per fonte

    Allora si constata che, per arrivare a un nuovo scenario energetico, non solo è necessaria una fortissima determinazione nella promozione delle energie rinnovabili, ma anche un modo nuovo di utilizzare il vecchio sistema dei combustibili fossili, e in particolare del carbone che, tra tutti, ha almeno il vantaggio di costare poco e di offrire una buona diversificazione geografica delle fonti di approvvigionamento.

    I tempi che parevano essere lunghissimi oggi non lo sono più. Rick Wagoner, amministratore delegato di General Motors, ha recentemente affermato di prevedere a dieci e non più a venti anni il lancio della prima campagna di vendite al pubblico di automobili all’idrogeno.

    Quando interessi importanti, dall’automobile all’impiantistica delle rinnovabili, alla componentistica delle celle a combustibile vedono prospettive economiche interessanti nei nuovi scenari energetici l’accelerazione del cambiamento può diventare molto forte.

    Ma, per iniziare ad accelerare, a qualcosa bisogna appoggiarsi: pare proprio di poter dire, specialmente nel caso dell’Italia, che, per accelerare l’uscita dal fossile, bisogna proprio appoggiarsi al carbone.

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