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    Fotovoltaico: in Germania si può fare

    di Alessandro Ovi

    Abbiamo già parlato nel numero scorso di «Technology Review» del ruolo importantissimo che potrebbero svolgere le nuove tecnologie del solare fotovoltaico in uno sviluppo rapido delle fonti energetiche rinnovabili. Abbiamo visto che per ora la diffusione dei pannelli fotovoltaici avviene trascinata da incentivi rilevanti sul fronte della domanda di energia. Abbiamo anche attirato l’attenzione sul fatto che lo stimolo della domanda forse non è sufficente a imprimere tutta la accelerazione possibile alla offerta di celle fotovoltaiche con tecnologie totalmente innovative, che potrebbero portare a una riduzione di costi così rilevante da rendere gli incentivi all’acquisto non più necessari.

    Abbiamo parlato espressamente del possibile avvento di una famiglia di disruptive technologies che in tempi molto più rapidi del previsto cambierebbero in modo rilevante lo scenario della produzione di energia.

    Non riteniamo corretto però che siano gli incentivi alle offerte a puntare su una tecnologia piuttosto che su un’altra. Normalmente deve essere il mercato a portare alla luce le «tecnologie vincenti».

    Chi ha il compito di promuovere lo sviluppo del «nuovo» può però creare le condizioni perché ciò che deve succedere succeda nei tempi più rapidi possibili. Non si parla di politica industriale, perché è ancora politicamente scorretto, ma di promozione di innovazione per lo sviluppo sì.

    C’è un caso che proprio a proposito del fotovoltaico ci pare interessante raccontare. È quello del Laender del Brandeburgo nella parte Est della Germania che, nell’ambito della sua politica di attrazione degli investimenti, sta creando una situazione molto interessante anche di accelerazione dell’innovazione tecnologica a livello industriale in un settore avanzatissimo e molto complesso.

    Il Brandeburgo offre incentivi economici su due fronti: la riduzione delle spese in conto capitale e la riduzione dei costi operativi.

    La prima avviene con contributi a fondo perduto (cash grants), con prestiti agevolati e con garanzie. La seconda con contributi per nuove assunzioni e programmi di formazione.

    Ma, in parallelo, viene anche stimolata una fitta rete di collaborazioni con tutti i più importanti centri di ricerca del Laender, grazie a programmi di sviluppo tecnologico condivisi con chi porta gli investimenti produttivi.

    Nel luglio 2006 è stato approvato un piano per lo sviluppo della struttura economica regionale e, nell’ambito di questo piano, è stata emessa, all’inizio del 2007, la direttiva che fissa il contributo massimo da concedere alle nuove localizzazioni produttive.

    Per le grandi aziende 30 per cento. Per le medie (meno di 250 addetti e 43 milioni di euro di fatturato) 40 per cento. Per le piccole (meno di 50 addetti e 10 milioni di euro di fatturato) 50 per cento.

    Nel caso specifico del solare fotovoltaico si sta creando una situazione molto interessante.

    Entro la fine del 2008 saranno operative ben dieci aziende, e non solo tedesche, con una capacità produttiva di celle per un totale di 400 MWp all’anno, in rapida crescita.

    La cosa interessante è che sono presenti ben sei tecnologie diverse.

    L’elenco delle aziende interessate, delle rispettive tecnologie e capacità produttive è riportato nella tavola 1; nella tavola 2 è indicata la collocazione geografica delle aziende.

    La tavola 3 riporta l’elenco dei centri di ricerca coinvolti. È interessante notare che sono presenti praticamente tutte le famiglie tecnologiche, da quelle tradizionali che utilizzano il silicio cristallino Tavola 3: Centri di ricerca coinvolti nel solare fotovoltaico Tavola 2: La collocazione geografica delle aziende coinvolte nel solare fotovoltaico a Berlino e nel Brandeburgo (ma lo fanno con strati di silicio sempre più sottili riducendo al massimo le quantità di materia prima necessaria), a quelle con telluro di cadmio fino a quelle che introducono direttamente le tecnologie di stampa di CIGS (copper indium gallium selenium), su supporti plastici e che sono molto promettenti sul fronte dei costi, anche se ancora in fase di sviluppo per molti aspetti, nei laboratori universitari (si veda il numero 3/2007 di «Technology Review», edizione italiana).

    Visto nel suo complesso è uno scenario che colpisce per la volontà di scommettere in modo deciso e anche molto ordinato su un settore emergente. Forse non si tratta di politica industriale, ma certamente di volontà di essere presenti in forze in uno dei grandi settori di sviluppo, in un futuro assai più prossimo di quanto si è soliti pensare.

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