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    Federico Faggin, honoris causa

    di ANGELO GALLIPPI

    «C’è un altro italiano che avrebbe meritato, forse più di me, il premio Nobel: è Federico Faggin». Queste parole, pronunciate da Rita Levi-Montalcini il 26 settembre 2002, in occasione del conferimento da parte dell’Università di Roma «Tor Vergata» della laurea honoris causa in ingegneria elettronica all’inventore del primo microprocessore, sono emblematiche non solo della grande umiltà che ha sempre caratterizzato la scopritrice del nerve growth factor, ma anche di una crescente consapevolezza del valore del fisico vicentino. Consapevolezza che, tanto per fare qualche esempio, ha permesso di concludere in poche settimane l’intero iter del conferimento della laurea, che in media dura qualche anno. Laurea che si è aggiunta a quella in informatica già conferita a Federico Faggin nel 1994 dall’Università Statale di Milano e ai numerosi riconoscimenti tributatigli da istituzioni scientifiche di tutto il mondo. Ultimo dei quali, l’osservazione formulata dal ministro Letizia Moratti in una trasmissione televisiva: in risposta a una domanda di un giornalista, la responsabile dell’Istruzione, Università e Ricerca si riferiva a Federico Faggin e Federico Capasso come a «due scienziati in odore di Nobel». In effetti, se si accetta l’aforisma che «il microprocessore sta al circuito integrato come questo sta al transistore», e si considera che gli autori delle prime due invenzioni sono stati tutti insigniti del premio Nobel, l’affermazione della Montalcini appare più che giustificata.

    Accomunato nel destino ad altri illustri italiani che hanno onorato la nostra scienza e tecnologia trasferendosi all’estero – Antonio Meucci, Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Carlo Rubbia, Riccardo Giacconi e la stessa Rita Levi-Montalcini – Faggin appartiene a quel ristretto numero di tecnologi il cui nome si lega, nell’immaginario collettivo, a un oggetto ben definito che ha cambiato la vita di milioni di persone: il fonografo, la lampadina, il telefono, il cinema, la radio, l’aeroplano, il microprocessore. Identificazione che, se da un lato non rende giustizia ai numerosi e spesso oscuri deuteragonisti il cui lavoro preparatorio ha poi di fatto reso possibile l’Invenzione, dall’altro riduce la fama dell’Inventore a quell’unico prodotto ricordato dalla storia, oscurandone la spesso multiforme attività in altri campi.

    Nel caso di Federico Faggin bisogna ricordare, accanto al microprocessore realizzato alla Intel nel 1971, almeno tre altre invenzioni, che offrono spunti per importanti riflessioni sull’evoluzione della tecnologia del XX secolo: il transistore autoallineante a gate in silicio, il sistema di posta elettronica ante litteram Communications CoSystem e il touch pad, il tappetino a sfioramento che nei computer notebook sostituisce il meno pratico mouse.

    La tecnologia del gate in silicio, messa a punto nel 1968, è un esempio tipico di invenzione destinata a rimanere sconosciuta al di fuori di una ristretta cerchia di «addetti ai lavori», anche se poi impiegata in modo estensivo dall’elettronica di consumo: la sua adozione ha permesso di sostituire, in meno di dieci anni, i transistori bipolari con i più piccoli, semplici ed economici transistori a metallo-ossido semiconduttore (MOS) per la produzione di massa di circuiti integrati complessi, essendo attualmente impiegata nel 90 per cento dei chip che si producono nel mondo e avendo generato, nel solo 2000, un giro di affari di 140 miliardi di dollari.

    Ma questa tecnologia ha avuto un’importanza fondamentale anche nell’invenzione del microprocessore. Per potere realizzare concretamente il microprocessore nel 1971, era necessario disporre di una tecnologia di fabbricazione che permettesse di integrare in un solo chip il doppio dei transistori integrabili con la tecnologia corrente; oltre a ciò, i transistori dovevano anche essere 4-5 volte più veloci, a parità di potenza dissipata, e molto più affidabili dei transistori correnti. Fu proprio la tecnologia del gate in silicio a rendere possibile il microprocessore, e non a caso il suo inventore è anche l’inventore di questa tecnologia, nonché della nuova metodologia di design necessaria per potere progettare il microprocessore con la tecnologia del gate in silicio.

    Il Communications CoSystem è invece un caso classico di prodotto troppo avanzato per i suoi tempi e quindi penalizzato da una netta bocciatura di mercato, salvo poi a essere «riscoperto» con diverso nome e mutate vesti in epoche successive. è successo al pantelegrafo di Giovanni Caselli, precursore ottocentesco del moderno fax, apprezzato e utilizzato in Italia, Francia e fino nella lontana Cina; è successo al computer Lisa della Apple, che nel 1983 proponeva inediti concetti multimediali. è successo al CoSystem di Faggin, che già nel 1984 trasmetteva sulle normali linee telefoniche sia i segnali analogici della voce umana, sia quelli digitali dei dati dei computer, realizzando un sistema di posta elettronica always on senza alcuna rete di server sottostante (un po’ come una coppia di ricetrasmittenti permette la comunicazione vocale senza la sofisticata infrastruttura della telefonia mobile). Malgrado abbia ottenuto importanti riconoscimenti, tra i quali il premio alla Computer Fair di San Francisco, come prodotto più innovativo, e la vendita in migliaia di esemplari (alcune centinaia ai centri operativi del Pentagono), il CoSystem vedeva la luce in un momento particolarmente difficile per il mercato delle telecomunicazioni, con lo smembramento della AT&T nelle sette Baby Bells e la conseguente incertezza negli investimenti in tecnologie da parte delle principali aziende.

    Completamente diversa la vicenda del touch pad, presentato al Fall Comdex di Las Vegas del 1994 e subito premiato da un successo travolgente, ma nato in circostanze forse impensabili in Europa. L’azienda che lo produce, la Synaptics, ha trascorso i primi sei anni della sua vita senza avere realizzato alcun prodotto vendibile, ma unicamente svolgendo studi e ricerche di base e accumulando brevetti, che hanno assorbito circa sette milioni di dollari messi a disposizione di Faggin da un piccolo gruppo di coraggiosi finanziatori. Studi e ricerche finalizzati, tra l’altro, alla realizzazione di un chip intelligente in grado di autoapprendere rivelatosi alla fine irrealizzabile, ma che hanno costituito il terreno di coltura dal quale è poi nata, in tempi relativamente brevi, quella autentica gallina dalle uova d’oro che è il touch pad. Esso equipaggia attualmente oltre l’80 per cento dei notebook venduti nel mondo e viene prodotto (prevalentemente da stabilimenti in Estremo Oriente, con manodopera locale e alcuni macchinari progettati e costruiti dalla Synaptics e inviati direttamente dalla California) in più di trenta milioni di pezzi l’anno. Il che dimostra come gli investimenti nella ricerca «pura» siano essenziali per ottenere successi in quella «applicata» – per quanto questa distinzione abbia ancora un senso – e come l’esistenza di un tessuto politico-sociale favorevole alla libera iniziativa economica e privo di inutili pastoie burocratiche sia essenziale per produrre innovazione tecnologica e utili aziendali.

    è proprio quest’ultima caratteristica della società americana che attrasse Faggin nella Silicon Valley quando, nel lontano 1966, vi si recò per approfondire la sua preparazione nella nascente tecnologia dei semiconduttori. Ed è proprio il clima di collaborazione scientifica, la ricchezza di opportunità imprenditoriali, l’adozione diffusa del criterio meritocratico per l’avanzamento di carriera che ve lo hanno trattenuto durante tutti questi anni, malgrado i forti legami sempre mantenuti con la sua città e la sua nazione d’origine. In questo periodo Faggin ha accumulato 25 brevetti, fondato tre società, ottenuto una ventina di riconoscimenti prestigiosi e realizzato una mezza dozzina di microprocessori di successo, tra i quali il solo Z80 è stato venduto in oltre due miliardi di pezzi, in un arco di tempo che va dal 1976 ai nostri giorni (dalla metà degli anni 1980 non viene più usato nei personal computer, ma come processore incorporato in numerosi prodotti di controllo e comunicazione, tra i quali controllori di hard disc, sistemi di messaggistica di tipo store and forward e i primi telefoni cellulari).

    A partire dall’agosto del 2003, Faggin ha preso in mano le redini della società Foveon, Inc., assumendone il ruolo di CEO (chief executive officer). La Foveon ha inventato una tecnologia rivoluzionaria per la fabbricazione di sensori ottici per fotografia digitale, che si basa su un principio nuovo rispetto ai tradizionali CCD (charge coupled devices) o ai più recenti sensori CMOS. Il sensore della Foveon sfrutta la capacità intrinseca del silicio monocristallino di filtrare la luce, per creare tre sensori sovrapposti l’uno sull’altro che rilevano direttamente i tre colori fondamentali, rosso, blu e verde, necessari per la fotografia digitale a colori. Questo metodo è fondamentalmente diverso da quello impiegato da tutti gli altri sensori, che usano invece microscopici filtri di plastica rossi, blu e verdi sovrapposti ai vari pixel, i quali a loro volta sono tutti disposti sulla superficie del silicio in un solo strato. In sostanza, questo nuovo sensore funziona come il film a colori che ha tre strati sovrapposti di emulsione fotografica, ciascuno sensibile a uno dei tre colori fondamentali, e produce immagini digitali di qualità praticamente indistinguibile da quelle ottenute con la fotografia tradizionale.

    Il risultato di questa importantissima innovazione è un sensore più piccolo che produce immagini nitidissime, prive di artefatti di colore, usando circa un terzo dell’area di silicio dei sensori correnti (e quindi a costi molto più contenuti di questi). I sensori della Foveon con 10,2 milioni di pixel sono oggi usati nella macchina fotografica SLR Sigma SD10 che la rivista americana «Consumer Report» ha messo in testa alla classifica mondiale, per la qualità delle immagini, di tutte le altre SLR nel mercato.

    La Foveon è una ditta di startup nata come spin-off della Synaptics e della National Semiconductor nel 1997, traendo vantaggio dalla ricerca già effettuata nelle due ditte nel campo dei sensori ottici. Faggin fece parte del consiglio di amministrazione della Foveon fin dall’inizio e seguì con particolare interesse il suo progresso.

    In aggiunta al suo impegno di condurre la Foveon, Faggin oggi siede anche nei consigli di amministrazione di diverse società hi-tech, molte delle quali egli stesso ha co-fondato o aiutato a crescere: Synaptics e Integrated Device Technology, dove è chairman of the board, BlueArc e Zilog. Faggin è anche attivo in alcune attività filantropiche e mantiene un grande interesse nella ricerca sulla consapevolezza umana.

    Angelo Gallippi è docente di comunicazione scientifica e tecnologica all’Università di Roma «La Sapienza» e ha recentemente dedicato un saggio a Federico Faggin.

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